Lo sapevate? Palazzo Donn’Anna è un edificio storico napoletano che nasconde tanti misteri

Palazzo Donn’Anna è senza dubbio uno degli edifici più celebri di Napoli e conserva numerose memorie e racconti. Questa maestosa e affascinante struttura è stata per secoli luogo di storie e leggende, rappresentando un simbolo della nobile e incantevole città di Napoli.
Lo sapevate? Palazzo Donn’Anna è un edificio storico napoletano che nasconde tanti misteri.
Palazzo Donn’Anna è senza dubbio uno degli edifici più celebri di Napoli e conserva numerose memorie e racconti. Questa maestosa e affascinante struttura è stata per secoli luogo di storie e leggende, rappresentando un simbolo della nobile e incantevole città di Napoli.
Situato ai piedi della collina di Posillipo, affacciato sul Golfo di Napoli, l’edificio offre uno spettacolo mozzafiato e imponente del mare. Nonostante sia incompiuto, non è in rovina e rappresenta ancora uno dei più importanti punti di riferimento simbolici della città, con una storia tempestosa.
Il Palazzo Donn’Anna fu costruito alla fine del 1600 per volontà di Donna Anna Carafa, moglie del viceré Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina de Las Torres. La commissione di questo imponente progetto fu affidata al più importante architetto dell’epoca, Cosimo Fanzago, che nel 1642 elaborò un progetto secondo i canoni barocchi napoletani.
Il palazzo è stato concepito con una doppia entrata, una che si affaccia sul mare e l’altra che dà su una strada carrabile che corre lungo la costa di Posillipo, conducendo al cortile interno dell’edificio. Per costruire il palazzo, è stato necessario demolire una casa cinquecentesca esistente, Villa Bonifacio.
Purtroppo, Fanzago non ebbe mai la possibilità di completare il suo capolavoro a causa della prematura morte di Donna Anna durante una rivolta popolare, seguita dalla temporanea caduta del viceré spagnolo e dalla fuga del marito a Madrid (1648).
Nonostante la tragedia che lo ha circondato, il Palazzo Donn’Anna risveglia ancora oggi un senso di solennità e fascino, testimoni di tempi passati. Oggi, esso serve come testimonianza della bellezza e della grandezza di Napoli, attraendo numerosi visitatori che desiderano ammirare la sua magnificenza mozzafiato e immergersi nei misteri della sua storia e delle sue leggende.
L’edificio incompiuto, rimasto fermo nel tempo, ha acquisito un fascino spettacolare, somigliante a una rovina antica, confusa fra i resti delle ville romane che caratterizzano il litorale di Posillipo, fra gli anfratti delle grotte, e racchiude storie e leggende. La sua storia risale al 1824, quando divenne una fabbrica di cristalli, poi successivamente trasformato in un albergo, con l’acquisto dei Geisser intorno al 1870.
Tuttavia, il palazzo non è più accessibile ai visitatori poiché è stato completamente destinato a unità abitative private, diviso in vari condomini.
Decisamente molto celebre è la leggenda di Donn’Anna, scritta da Matilde Serao, che ha contribuito a rendere questo palazzo uno dei luoghi più misteriosi e affascinanti di Napoli. Secondo le credenze popolari, Donn’Anna viene spesso confusa con la famosa regina Giovanna d’Angiò, che qui avrebbe incontrato i suoi giovani amanti tra prestanti pescatori della zona, con cui trascorreva passioni sfrenate durante appassionati notti d’amore. Nell’alba successiva, la regina avrebbe ucciso i giovani amanti facendoli precipitare dal palazzo, e le anime di questi sventurati giovanotti girerebbero ancora oggi nei sotterranei della dimora antica, affacciandosi al mare ed emettendo lamenti struggenti. Un’altra versione della leggenda racconta invece che la regina avrebbe fatto uscire il suo amante con una barca a remi dall’ingresso che dà sul mare, quello oggi visibile dalla spiaggia e che tuttora gli inquilini utilizzano per accedere alle imbarcazioni.
Ma non solo. Un’altra leggenda popolare, riportata anch’essa da Matilde Serao, riguarderebbe il fantasma della giovane e bellissima Mercede de las Torres. In una scena teatrale, la giovane avrebbe baciato il nobile amante della viceregina Anna Carafa, Gaetano di Casapesenna, e sarebbe scomparsa misteriosamente poco dopo. Un’ombra della giovane donna si dice vaghi ancora oggi nei corridoi del palazzo e sulle sue scale. Misteri e leggende che avvolgono ancora oggi il Palazzo Donn’Anna, conferendo un’aura di fascino sospeso nel tempo.

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La storia di S. Maria Incoronata, la chiesa dove è custodita una spina della corona di Cristo

È uno dei simboli architettonici della centralissima via Medina. Col suo sobrio e asciutto stile gotico, si affianca alle numerose altre chiese della strada, ma in posizione defilata. Ha una storia lunghissima e pregevole, ma soprattutto conserva una importante reliquia.
La storia di S. Maria Incoronata, la chiesa dove è custodita una spina della corona di Cristo
È uno dei simboli architettonici della centralissima via Medina. Col suo sobrio e asciutto stile gotico, si affianca alle numerose altre chiese della strada, ma in posizione defilata. Ha una storia lunghissima e pregevole, ma soprattutto conserva una importante reliquia.
Una delle più antiche chiese di Napoli è quella di Santa Maria Incoronata, ubicata in via Medina, nel centro storico di Napoli. La sua nascita risale al 1352 per volere di Giovanna I in occasione della sua incoronazione e di quella del suo secondo marito, Luigi Ludovico di Taranto. Il nome scelto inizialmente per la Chiesa fu Santa Maria Spina Corona, mutato prima in Santa Maria Coronata, poi in Santa Maria Incoronata.
Tale appellativo si lega ad un episodio che ha per protagonisti i nuovi sovrani di Napoli: per conferire un maggior prestigio alla Chiesa, la regina, durante il loro matrimonio, donò una spina della Corona di Cristo, ricevuta dal Re Carlo V di Francia e custodita precedentemente nella Saint-Chappelle di Parigi. Dal 1378, l’edificio religioso fu affidato all’ordine dei Certosini di San Martino e, durante quel periodo, fu utilizzata per le cerimonie e le incoronazioni degli Angioini e degli Aragonesi.
Il suo periodo di gloria durò fino alla fine del XVI secolo, poi la Chiesa fu lasciata in totale abbandono. Nel corso del XVIII secolo fu restaurata in stile barocco e fu costruito alla sommità un edificio di due piani, quindi riaperta al pubblico come luogo di culto. Tra il 1925 e il 1929 l’architetto Gino Chierici fece rimuovere tutte le decorazioni barocche e la struttura riacquistò il suo aspetto originario in stile gotico. Durante i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale, l’edificio posto al di sopra della chiesa fu danneggiato e la sua rimozione definitiva tra il 1959 e 1961, portò alla luce le basi di due campanili. Vennero inoltre rinnovate le decorazioni in marmo poste all’ingresso. I lavori di ristrutturazione e rivalorizzazione non durarono a lungo: il terremoto del 1980 vide la chiusura della Chiesa fino al 1993. Da quel momento furono messi a punto diversi restauri che costrinsero la Chiesa ad alternare periodi di apertura e chiusura. Nel corso dei lavori furono recuperati gli affreschi risalenti al XIV secolo ad opera di Roberto d’Oderisio, presenti oggi nella navata principale della Chiesa.
L’ accesso alla chiesa è consentito attraverso due scale discendenti essendo posta a circa tre metri sotto il livello stradale. Il portale d’ingresso, come già accennato, è in marmo di Carrara e di particolare importanza è il bassorilievo raffigurante due angeli che sorreggono la celebre Corona di Spine. All’interno la chiesa presenta due navate: una centrale e una laterale. La navata centrale si distingue per i dipinti trecenteschi e per la presenza dell’altare maggiore realizzato in marmo policromo e pietre dure, testimonianza del rifacimento barocco del XVIII secolo. Nella navata laterale, posta sul lato sinistro, vi sono diverse lapidi funerarie e affreschi realizzati tra il 1403 e il 1414 da un artista marchigiano, chiamato Maestro delle Storie di San Ladislao, nome che gli è stato attribuito per aver rappresentato scene di vita dell’omonimo Re d’Ungheria, venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica.
(foto wikipedia e tripadvisor).

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