I nani alle corti di Roma. La discriminazione e lo sfruttamento di imperatori e pontefici

Domiziano indette anche un combattimento di nani al Circo. La scelta di ricorrere a queste persone era dovuta anche ad un effetto visivo che volevano indurre i potenti durante le manifestazioni pubbliche: averli vicino poteva farli sembrare ancora più grandi.
Sin dall’epoca della Roma di Augusto era usanza procurarsi uomini e donne con microsomia (o nanismo) per impiegarle come buffoni di corte. Venivano acquistati e venduti o portati come dono ai re.
Domiziano indette anche un combattimento di nani al Circo. La scelta di ricorrere a queste persone era dovuta anche ad un effetto visivo che volevano indurre i potenti durante le manifestazioni pubbliche: averli vicino poteva farli sembrare ancora più grandi.
In Italia fu un’usanza molto diffusa anche tra papi e cardinali.
Addirittura i romani, per garantirsi la possibilità di avere nani a disposizione, impedivano ad alcuni bambini di crescere mediante delle costrizioni fisiche, come la lussazione di articolazioni e la rottura delle ossa. Una pratica che fu poi descritta nel 1869 da Victor Hugo nel suo libro “l’uomo che ride” e che ispirò dapprima, nel 1929, il regista Paul Leni che diresse il film muto omonimo, ed in seguito Bob Kane, il quale nel 1940 creò il personaggio a fumetti Joker. Hugo coniò il termine “Comprachicos” per indicare malfattori abili nel rendere deformi i bambini.
Blaise de Vigenère, diplomatico, crittografo, traduttore ed alchimista francese vissuto tra il 1523 e il 1596 scrisse: “Mi ricordo di essermi trovato a Roma l’anno 1556 ad un banchetto del cardinale Vitelli, nel quale fummo serviti tutti da 34 nani, di piccolissima statura.”
Grandi artisti come Velàzquez, dipinsero persone con acondroplasia, un disordine dove braccia e gambe crescono notevolmente meno rispetto al resto del corpo.
Nelle stanze di Raffaello al Vaticano, più precisamente nella sala di Costantino, troviamo la rappresentazione di un uomo di bassa statura, indicato come “Ritratto del buffone
della corte di Leone X”, descritto da Costantino Maes come “trastullo della corte pontificia”, intento ad indossare un elmo d’oro molto più grande rispetto alle proporzioni del suo corpo. I dipinto però non è attribuito a Raffaello, ma ai suoi allievi che lavorarono basandosi sui disegni del maestro, in quanto morì prematuramente nel 1520.
Lo sfruttamento degli individui con disabilità, lesivo della loro dignità, continuò tra i sovrani fino al 1800 in Europa ed in Cina.
Nel XIX secolo divennero tristemente noti i cosiddetti “freak show” che presentavano come fenomeni da baraccone persone affette da nanismo, aventi malattie particolari, oppure doti fuori dal comune, come ad esempio avere una forza spropositata o molti tatuaggi e piercing.
A tal proposito ricordiamo il meraviglioso film cult di Todd Browning “Freaks” del 1932, ambientato in un circo, con protagonisti esseri umani affetti davvero da gravi malformazioni fisiche, ma che riscattano, tramite la vendetta, soprusi ed angherie subite.
La ricerca dello straordinario non ha mai smesso di esistere (pensiamo al “Guinness dei primati” o a trasmissioni televisive come “Body Bizzarre”).
Relativamente recente la performance dell’artista Gino De Dominicis che nel 1972 portò alla Biennale di Venezia Paolo Rosa, un ragazzo con sindrome di down creando non poche polemiche.
Attualmente sono diffuse, nell’ambiente performativo underground, anche romano, pratiche di body art estrema e spettacoli con artisti che hanno fatto della modificazione corporea uno stile di vita.
Non mancano nel mondo della cultura posizioni orientate verso l’autodeterminazione: la scelta consapevole di chi ha disabilità di portare in scena il proprio corpo non conforme per affrontare tematiche spesso tabù come sessualità e malattia, ha reso l’individuo che “si mostra” un soggetto attivo, politico e non più oggettificato.

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Lo sapevate? Che cosa è il vomitorium romano?

Il termine “vomitorium” evoca immagini pittoresche e spesso fuorvianti rispetto al reale significato associato alla vita nell'antica Roma.
Lo sapevate? Che cosa è il vomitorium romano?
Il termine “vomitorium” evoca immagini pittoresche e spesso fuorvianti rispetto al reale significato associato alla vita nell’antica Roma.
Esiste una leggenda inesatta he identifica il “vomitorium” come una sala dedicata appositamente ai banchetti imperiali dove i patrizi si ritiravano per rigettare il cibo e poter continuare a mangiare. Questa interpretazione è un falso storico, frutto di un equivoco linguistico e di una certa fascinazione moderna per gli eccessi decadenti di Roma.
In realtà si trattava di elementi architettonici dei grandi edifici pubblici, come anfiteatri e teatri. Il termine deriva dal verbo latino vomere, che significa “vomitare” o “emettere con forza”, ma in senso figurato. I vomitoria erano infatti passaggi o corridoi progettati per permettere il rapido afflusso e deflusso degli spettatori.
Erano concepiti in modo ingegnoso per evitare ingorghi e facilitare l’accesso alle gradinate. Fu un sistema tanto efficace che ispirò la progettazione moderna degli stadi.
Uno degli esempi più noti si trova nel Colosseo, dove decine di passaggi radiali consentivano a migliaia di spettatori di entrare e uscire in pochi minuti. Questo dimostra l’altissimo livello di conoscenza ingegneristica raggiunto dai Romani in ambito urbanistico e architettonico.
Il fraintendimento sul significato del termine si diffuse soprattutto in epoca moderna, quando alcuni scrittori e storici del XIX secolo, forse suggestionati da racconti esagerati sull’opulenza romana, attribuirono ai vomitoria una funzione legata all’eccesso alimentare. Anche se i Romani praticavano il “vomitus” in certi contesti medici o rituali, non esistono fonti certe che attestino l’esistenza di stanze dedicate a questo scopo durante i banchetti.
Molti stadi e arene contemporanei, specialmente negli Stati Uniti e in Europa, adottano sistemi di accesso e uscita ispirati direttamente a questo modello romano. Il termine viene persino usato in ambito architettonico moderno per indicare corridoi di distribuzione rapida del pubblico. Ancora una volta, la Roma antica dimostra di essere stata non solo una civiltà spettacolare, ma anche sorprendentemente funzionale.
Questa capacità dei Romani di coniugare funzionalità ed estetica ha influenzato non solo lo sport e l’intrattenimento, ma anche l’urbanistica civile. I vomitoria sono diventati modelli di efficienza anche per grandi spazi come aeroporti, centri congressi e metropolitane, dove il flusso delle persone va gestito con precisione.
Inoltre, il termine continua ad affascinare scrittori, registi e studiosi, che spesso lo utilizzano per evocare il contrasto tra apparenza e realtà nella narrazione storica.
Studiare questi dettagli architettonici non è quindi solo una questione tecnica, ma anche un modo per capire come si costruiscono e si decostruiscono, i miti storici.
I Romani, del resto, non smettono mai di insegnare, anche attraverso un corridoio.

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