Detti e modi di dire romaneschi: “Come er cacio sui maccheroni”

Detti e modi di dire romaneschi: “Come er cacio sui maccheroni”. Un’altra espressione tipicamente romana che ormai ha preso piede anche nella lingua italiana. Si tratta di una frase tipica che avrete sentito chissà quante volte: scoprite insieme a noi
Detti e modi di dire romaneschi: “Come er cacio sui maccheroni”.
Un’altra espressione tipicamente romana che ormai ha preso piede anche nella lingua italiana. Si tratta di una frase tipica che avrete sentito chissà quante volte: scoprite insieme a noi la sua origine e le circostanze in cui viene utilizzata.
Viene utilizzata quando un abbinamento risulta particolarmente azzeccato, ai limiti della perfezione, appunto come il cacio, il formaggio, sui maccheroni, tipica pasta corta molto amata a Roma e nel Lazio in genere.
Ma non si utilizza esclusivamente in ambiente culinario, può essere utilizzata infatti nelle più svariate situazioni. Come ad esempio per descrivere un abbinamento e un look giusti, quando un capo, magari, va a completarne un altro in modo impeccabile.
Tutto nasce comunque dal riferimento culinario di una delle ricette più famose della gastronomia romana: la pasta cacio e pepe, tipica ricetta romanesca nella quale il cacio va a insaporire ulteriormente, quindi a completare, la bontà dei maccheroni, rendendoli ancora più appetitosi, succulenti, quindi perfetti.
Il cacio, formaggio misto con latte di pecora e di mucca, sta alla grande sui maccheroni, li insaporisce e li completa. Quindi usare la frase “Come er cacio sui maccheroni” significa, al contrario dell’espressione “dei cavoli a merenda”, affermare la completezza di una situazione. Una sorta do tocco finale azzeccato.
Le origini di questo modo di dire tipico del dialetto romanesco risalgono a oltre mille anni fa. Nel Medioevo, infatti, la pasta (i maccheroni in particolare) cominciò a essere gustata con una bella spolverata di formaggio, arrivando quindi a diventare, in tutto questo tempo, una ricetta tradizionale.
Prima invece i “maccaroni” risultavano essere un valido contorno da gustare col formaggio. Successivamente furono uniti, diventando piatto base su cui spolverare il formaggio.
Il detto risale a un tempo in cui la pasta aveva una superficie porosa e rugosa al punto giusto da trattenere bene i condimenti creando un’armonia perfetta di sapori e gusto. Per estensione, l’espressione cascare come il cacio sui maccheroni allude a una cosa buona che capita al momento giusto e soddisfa proprio come una buona pasta condita. Un proverbio, un detto, che si caratterizza per la sua efficace brevità, la concisione, l’arguzia popolare, e trasmette l’antica memoria e saggezza del popolo che parlava per immagini associando all’esperienza sensoriale del gusto un giudizio morale.
I primi documenti che parlano dell’uso del formaggio come condimento per la pasta risalgono all’ XI secolo.; se ne trova traccia nel Liber de coquina – intorno al 1240 – attribuito dagli studiosi all’imperatore Federico II noto per essere un buongustaio e bravo cuoco. Nel libercolo si legge di una pasta ripiena – una sorta di tortelli – bollita in acqua salata e condita con formaggio grattugiato (caseum gractatum). Lo stesso Boccaccio (1313 – 1375) descrive nel Decamerone (III novella dell’ottava giornata) il paese di Bengodi con montagne di parmigiano grattugiato sulle quali le persone facevano maccheroni e ravioli e li cuocevano in brodo di cappone.
Ma già alcuni racconti di corsari arabi intorno all’anno 1000 parlano di una pasta di grano duro ridotta in fili ed essiccata che si bolliva in acqua di mare e veniva servita con condimento di formaggio ovino o caprino piccante grattugiato al momento.

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