Lo sapevate? Dove si trova a Napoli la tomba della sirena Partenope?
Furono i primi fondatori della città greca a sostenere che il corpo della sirena fosse custodito nel luogo scelto per il loro primo insediamento, vicino all’attuale via Nicotera. Secondo un’altra tesi il corpo di Partenope si troverebbe al di sotto della chiesa di Santa Lucia a Mare, nell'isolotto di Megaride o nella basilica di San Giovanni Maggiore dove è stata rinvenuta un’epigrafe col suo nome. Chi ha ragione?
Lo sapevate? Dove si trova a Napoli la tomba della sirena Partenope?
La sirena (ma alcuni sostengono fosse una bellissima principessa) che tentò di ammaliare Ulisse diede il nome alla prima città di Napoli. La prima città fu fondata alla fine del IX secolo a.C. da coloni giunti da Rodi che sbarcarono sull’isolotto di Megaride, per poi insediarsi sul promontorio del monte Echia dove importarono i loro culti e le loro credenze, a cominciare proprio da quello di Partenope che dette il nome al primo insediamento. Le sirene erano esseri mitologici con la testa di donna e il corpo di uccello, soltanto in seguito (come riporta un articolo di Svelaria.com) rappresentate come metà donna e metà pesce, capaci di incantare con le loro voci soavi i marinai facendoli naufragare. Il mitico Ulisse, però, non si lasciò ingannare dal canto di Partenope, la quale poco dopo morì vicino alle coste campane.
Furono proprio i primi fondatori della città greca a sostenere che il corpo della sirena fosse custodito nel luogo scelto per il loro primo insediamento, vicino all’attuale via Nicotera. Secondo un’altra tesi il corpo di Partenope si troverebbe al di sotto della chiesa di Santa Lucia a Mare, nell’isolotto di Megaride o nella basilica di San Giovanni Maggiore dove è stata rinvenuta un’epigrafe col suo nome. Chi ha ragione?
A Partenope – lo scrigno-madre, demone marino o uccello antropomorfo, umanizzata al punto da morire per amore e per questo simbolo di un destino tragico – i fondatori della città dedicarono un grande sepolcro, oggi perduto, che infiamma da sempre la fantasia degli storici, degli archeologi e dei poeti.
Gli studiosi antichi, tra cui Plinio il Vecchio o Strabone, indicarono come luogo di sepoltura il monte Echia o la foce del Sebeto; il corpo potrebbe invece trovarsi a Sant’Aniello a Caponapoli, dove è stata trovata la testa di una donna risalente all’età ellenistica, oggi conosciuta come “Donna Marianna ‘a capa ‘e Napule” e risistemata a Palazzo San Giacomo in Piazza Municipio. Tuttavia, c’è chi colloca il sepolcro nella zona del teatro San Carlo, in base ai ritrovamenti archeologici effettuati nella necropoli di Pizzofalcone a via Nicotera, oppure nell’isolotto di Megaride.
Il mistero della tomba di Partenope resta tutt’oggi insoluto. Forse è per questo che la celebre scrittrice Matilde Serao di lei diceva: <<Partenope non è morta, non ha tomba. Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni; corre sui poggi, sulla spiaggia. E’ lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori, è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene>>.
La traccia più affascinante porta (come riporta un recente articolo de Il Mattino) nel luogo dove sorgeva l’antico tempio di Antinoo, voluto dall’imperatore Adriano e poi distrutto da Costantino.
Qui, dove oggi sorge la chiesa di San Giovanni Maggiore, una strana lapide accoglie da centinaia di anni i visitatori. La memoria dei luoghi è ciò che da sempre attira la nostra attenzione. Anche la basilica di San Giovanni Maggiore, al centro in passato di straordinari ritrovamenti archeologici – come la testa della statua di Antinoo commissionata dall’imperatore Adriano, o le due tavole dell’antico calendario della chiesa napoletana, incise nell’887 ed ora conservate nell’arcidiocesi di Napoli – è un luogo della memoria, intimamente connesso al nume tutelare della nostra cultura: la sirena Partenope. Dev’essere per questo che Lello Esposito, artista che da anni lavora, per rinnovarli, sugli archetipi culturali della tradizione partenopea, ha scelto tra tante chiese proprio questa basilica, dalle incredibili sedimentazioni storiche, per realizzare la sua Scultura di Partenope, presentata nei giorni scorsi. Un’opera che rende omaggio all’antico culto della Sirena ma anche alle statue greche che, prive di gambe e braccia, concentravano nel volto la loro carica espressiva e comunicativa. Ma qual è il filo che lega questo antico luogo di culto, edificato sulle macerie del tempio di Antinoo, alla memoria e ai segreti di Partenope?
La risposta è in una misteriosa lastra tombale, che custodirebbe il segreto del sepolcro perduto. Una lapide che reca un’epigrafe, una strana scritta in latino, che appassiona da sempre gli storici e gli archeologi.
OMNIGENUM REX AITOR
SCS + IAN
PARTENOPEM TEGE FAUSTE
«Una preghiera esortativa tipicamente pagana», ha detto al giornale napoletano Maurizio Ponticello, studioso della Napoli dai mille veli. La traduzione più attendibile – ma sono sorte dispute raffinatissime tra gli accademici – dovrebbe essere: «Creatore di tutte le cose, Altissimo, proteggi felicemente Partenope». Le due frasi sono separate da una croce iscritta in un cerchio tra le parole Scs e Ian: un’invocazione rivolta a Scs Ian, ovvero a San Gennaro, affinché proteggesse il sepolcro di Partenope? Solo ipotesi e congetture destinate a restare forse per sempre senza risposta. Il mistero della tomba di Partenope continua.
© RIPRODUZIONE RISERVATA