Conoscete la Tammorra, lo strumento magico del Vesuvio dalle radici millenarie?
Questo strumento a percussione, protagonista della tradizione campana, è da sempre il cuore pulsante delle feste popolari, nato per accompagnare le giornate nei campi e i momenti di socialità. Era anche il mezzo per i corteggiamenti
Lo sapevi che la tammorra vesuviana ha radici antichissime? Questo strumento a percussione, protagonista della tradizione campana, è da sempre il cuore pulsante delle feste popolari, nato per accompagnare le giornate nei campi e i momenti di socialità. Era anche il mezzo per i corteggiamenti: donne e uomini, grazie alla musica, godevano di una rara libertà d’espressione. La tammorra è diffusa nel Mediterraneo, ma la sua vera casa è il Vesuvio, con una speciale eccezione per le celebrazioni di Montevergine, nell’Avellinese.
La tammurriata, la danza tipica di questa tradizione, nasce con gli antichi rituali di fertilità, unendo movimenti sensuali e simbolici che richiamano la connessione profonda con la terra. Ogni area ha la sua variante: c’è la tammurriata pomiglianese, vesuviana, domiziana, lattara e sarnese-nocerina, tutte con tratti distintivi. I movimenti delle braccia e delle mani per far suonare le castagnette sono un vero e proprio codice e parte essenziale di questa tradizione tramandata da secoli.
Oggi, però, la tammurriata si sta trasformando: nelle feste moderne, soprattutto tra i giovani, si balla una versione “urbana,” che mescola elementi e stili perdendo un po’ delle antiche sfumature. E con il boom sui social, sono spuntati improvvisati esperti di storia e mitologia della tammorra, spesso più creativi che storicamente accurati.
Alla luce di questo aspetto, è fondamentale la preziosa opera di maestri che possiedono conoscenze storiche e tecniche a tuttotondo sullo strumento. Tra questi custodi della tradizione della tammorra nella sua forma più autentica e consapevole, c’è Bruno Senese, storico e stimato suonatore e costruttore di tammorre, nonché membro del gruppo musicale folcloristico ‘E Zezi.
Senese è, assieme a pochi altri, depositario della tradizione e da sempre attivo nel tramandarne la conoscenza con le sue rappresentazioni teatrali e di strada e con i suoi corsi. La sua vita artistica e personale è inseparabilmente legata alla tammorra e al suo ambiente naturale, l’hinterland vesuviano, e proprio grazie a lui abbiamo fatto un viaggio nella storia di questo strumento che ci ha sorpreso con le sue meraviglie e il suo fascino ancestrale.
La tammorra è fatta con pelle di capra o pecora su una cornice di legno, a volte decorato con motivi floreali o comunque ispirati alla natura. I sonagli, detti “ciceri,” gli conferiscono le sonorità con frequenze più squillanti. Senza di essi, lo strumento viene definito “muto” con un suono più profondo e trascendentale. A differenza del tamburello, che è più piccolo e più diffuso in Italia, è costruito da maestri artigiani tra Campania, Puglia e Calabria.
Si suona impugnandolo in modi diversi, “maschile” o “femminile,” legati a vecchi simbolismi. Suonarla richiede resistenza, dato che può accompagnare ore di canti e balli!
La tammorra è il cuore delle feste e dei riti in Campania e delle “tammurriate”, danze rituali ricche di passione e tradizione. Più che uno strumento, è un’esplosione di ritmo e anima, perfetta per raccontare storie d’amore, lavoro, vita e devozione.
La tracce più antiche dello strumento si ritrovano in antiche statuette fenicie di sacerdotesse rappresentate con tamburi a cornice, probabilmente usati per onorare la dea Astarte. Anche nell’arte greca troviamo il “tympanon”, tamburo simile alla tammorra moderna, usato in riti sacri. A Pompei, un mosaico mostra un suonatore di “timpanum” in una tecnica molto vicina a quella usata oggi in Italia meridionale. Nei riti bacchici e nelle danze dionisiache, movimenti come il sollevamento ritmico delle braccia e l’agitazione del corpo portavano le sacerdotesse a uno stato di furore erotico, cercando la comunione con Dioniso. Anche i satiri, adoratori di Dioniso, esprimevano la stessa energia con danze sfrenate e movimenti osceni, spesso in parodia della vita rurale. Elementi di queste antiche danze si ritrovano nei movimenti della tammurriata campana, specialmente i gesti simbolici delle mani e i salti. Nelle tammurriate moderne, la tradizione continua sui sagrati delle chiese, nelle piazze durante feste religiose o nei cortili, mantenendo il legame tra devozione e ritualità, eredità di una sacralità che univa danza, musica ed erotismo.
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