Ecco come si viveva nella Colonia di San Leucio: regole per garantire eguaglianza e giustizia sociale
Eccoci al secondo appuntamento con la colonia di San Leucio, la sua storia gloriosa. Una piccola e operosa comunità che ruotava attorno alla sua industria manifatturiera, una società che viveva secondo regole ben precise, regole dettate da una volontà illuminata di creare una società più giusta.
Ecco come si viveva nella Colonia di San Leucio: regole per garantire eguaglianza e giustizia sociale.
Eccoci al secondo appuntamento con la colonia di San Leucio, la sua storia gloriosa. Una piccola e operosa comunità che ruotava attorno alla sua industria manifatturiera, una società che viveva secondo regole ben precise, regole dettate da una volontà illuminata di creare una società più giusta.
Cuore di tutta la Colonia di San Leucio era la fabbrica tessile, una struttura industriale che possedeva ben 82 ettari di terreno per soddisfare i bisogni alimentari degli operai, che abitavano in case a schiera progettate dall’architetto Collecini. La vita, condotta secondo stilemi collettivi, era dura ma libera da vincoli padronali. Dopo una sveglia alle prime luci del mattino e dopo la messa, gli operai si recavano tutti insieme sul posto di lavoro, la fattoria e la fabbrica, con un’interruzione a mezzogiorno per il pranzo, riprendendo a lavorare alle 13,30 e terminando al tramonto.
Il matrimonio era disciplinato al fine di preservare la comunità da pericolose influenze esterne. Se una ragazza voleva sposare un forestiero, riceveva una dote di cinquanta ducati e se ne doveva andare. Se accadeva il contrario, la sposa forestiera doveva seguire un corso di tessitura e poi entrava a pieno titolo nella comunità. I testamenti erano aboliti e l’eredità del defunto era divisa fra i figli e il coniuge superstite. Ove questi non vi fossero, l’eredità era incamerata dal Monte degli Orfani. Erano proibite le liti fra cittadini e i contrasti di poco conto venivano risolti dagli anziani e dal parroco. Esisteva anche un carcere con un sovrintendente. L’istruzione nella colonia era obbligatoria e l’educazione orientata a formare la coscienza civile, a partire dai sei anni di età, tutti indistintamente i fanciulli d’ambo i sessi, dovevano apprendere a leggere, scrivere, imparare l’aritmetica e il catechismo, poi in età adolescenziale i ragazzi erano messi ad apprendere un mestiere secondo le loro attitudini e i loro desideri.
Obbligatoria anche la vaccinazione contro il vaiolo. I giovani potevano sposarsi per libera scelta, senza dover chiedere il permesso ai genitori, raggiunta l’età minima. Le mogli non erano tenute a portare la dote, a questo provvedeva lo Stato, che s’impegnava a fornire la casa arredata e quello che poteva servire agli sposi. Venivano aboliti i testamenti: i figli ereditavano dai genitori, i genitori dai figli, quindi i collaterali di primo grado e basta. Alle vedove andava l’usufrutto. Se non c’erano eredi, andava tutto al Monte degli Orfani.
Nella successione maschi e femmine avevano pari diritti. I capifamiglia eleggevano gli anziani, i magistrati (i cd. Seniori che restavano in carica un anno), e i giudici civili. Esisteva una Cassa di Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati, che prestava denaro senza interesse a chi ne avesse bisogno e che provvedeva a erogare le pensioni, alimentata da ogni manifatturiere, ovvero ogni dipendente delle manifatture della seta, mediante un prelievo mensile sulla busta paga corrispondente a 80 centesimi di Lira Aurea. Erano queste le regole auree che hanno fatto di San Leucio un mirabile esempio di comunità giusta, uno dei pochi esperimenti di società egualitaria che hanno avuto successo nella storia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA