Cosa ha rappresentato per Napoli la figura di Masaniello?
Nonostante siano trascorsi diversi secoli, Masaniello resta un personaggio estremamente famoso tra i napoletani. Chi era realmente quest'uomo e cosa ha rappresentato per i napoletani?
Lo sapevate? Cosa ha rappresentato per Napoli la figura di Masaniello?
Nonostante siano trascorsi diversi secoli, Masaniello resta un personaggio estremamente famoso tra i napoletani. Chi era realmente quest’uomo e cosa ha rappresentato per i napoletani?
Riappare continuamente nelle opere d’arte e nelle melodie, come Pino Daniele che lo accenna nella sua canzone “Je so’ pazzo”. Ma la sua influenza si fa sentire soprattutto nella quotidianità delle persone, a tal punto che l’espressione “Ma chi sei? Masaniello?” è diventata la definizione di chi agisce come un leader del popolo, un agitatore, o un demagogo. E non è solo la comunità napoletana a fare uso di questo termine, ma anche altre realtà culturali. Ma chi era davvero Masaniello, questo personaggio vissuto nel Seicento? Era originariamente un pescivendolo, ma successivamente diventò il leader della rivolta napoletana del 1647. Il suo destino, tuttavia, è tragico: dopo aver perso la ragione, finì per essere ucciso da persone che considerava amiche. In sua memoria, gli è stata addirittura dedicata una piazza a Napoli.
La famiglia di Masaniello, seppur modesta, non era completamente povera. Il padre, di nome Francesco (detto Cicco) d’Amalfi, era un pescatore e un venditore al minuto. La madre di Masaniello, Antonia Gargano, era una massaia e aveva concepito il figlio prima del matrimonio.
Così come il celebre Che Guevara, Masaniello riuscì a incitare il popolo grazie al suo magnetismo personale. E proprio come il rivoluzionario argentino, Masaniello fu tradito da coloro in cui aveva posto la sua fiducia. Entrambi, dunque, divennero dei miti per le generazioni successive. Masaniello fu il protagonista di una vasta rivolta che, dal 7 al 16 luglio 1647, vide la popolazione napoletana sollevarsi contro l’oppressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo.
Nel lontano 1620, nella sempre vivace Napoli, nacque un giovane dallo spirito appassionato e dal carattere infuocato: Tommaso Aniello d’Amalfi, noto al mondo come Masaniello. La sua casa si trovava nelle vicinanze della famosissima piazza del mercato, cuore pulsante della città.
Masaniello era un vero leader del popolo napoletano e alla scoperta della rivolta del 7 luglio 1647, guidava un gruppo di giovani provenienti dalla compagnia degli “Alabardi”. Quella giornata, in occasione di una battaglia simbolica per celebrare la vittoria contro i turchi, i venditori si rifiutarono di pagare le tasse sui frutti imposte dagli spagnoli. Da quel momento, scoppò il caos e l’agitazione si diffuse rapidamente nei quartieri popolari limitrofi al mercato. Masaniello, all’epoca ventisettenne, era un ragazzo di notevole presenza fisica, con un incarnato scuro e una chioma di capelli castano chiaro, lunghi e fluenti. Indossava sempre abiti tipici dei marinai.
La sollevazione di cui Masaniello divenne il precursore era alimentata dalla frustrazione delle classi sociali più umili a causa dei pesanti tributi imposti dai governanti sulle necessità alimentari di base. Questa misura faceva parte di un ampio ventaglio di politiche economiche promosse dalla Corona di Spagna, impegnata in una logorante guerra dei trent’anni e alla ricerca di fondi per le sue imprese militari.
I rivoltosi, guidati da Masaniello e da altri leader popolari, presero d’assalto la reggia, liberarono i prigionieri e distrussero gli uffici doganali. Con il passare del tempo, gli altri capi della rivolta scomparvero dalla scena per varie ragioni, ma Masaniello rimase il dominatore incontrastato del movimento: pronunciava sentenze, organizzava la difesa popolare. Un attentato fallito ai suoi danni il 10 luglio incrementò ancora di più la sua reputazione, tanto che il giorno successivo il viceré, dopo aver tentato invano di corromperlo, dovette riconoscere Masaniello come “capitano generale del fedelissimo popolo napoletano”. Tuttavia, dieci giorni dopo l’inizio della rivolta, Masaniello fu assassinato durante un secondo attentato, ponendo fine così alla sua vita e al suo regno come eroe del popolo napoletano.
La rivolta guidata da Masaniello, che era già iniziata un mese prima, si concluse tragicamente con il suo assassinio. Fu catturato nella Basilica del Carmine e imprigionato, solo per essere successivamente ucciso in cella. Il suo corpo senza vita fu gettato in un fosso, mentre la sua testa venne consegnata al viceré. La brutalità non si fermò qui: nemmeno la madre, la sorella e la moglie di Masaniello furono risparmiate dalla violenza perpetrata.
La dimora in cui Masaniello visse si trovava proprio tra due ambiti cruciali della vita cittadina. Da un lato, vicino alla “pietra del pesce”, nel quartiere Pendino, dove veniva imposto il pagamento del tributo sui prodotti ittici. Dall’altro lato, a Porta Nolana, luogo in cui avveniva la riscossione delle tasse sulla farina.
Napoli, con i suoi imponenti 250.000 abitanti, era una delle più popolose metropoli non solo dell’impero spagnolo, ma dell’intera Europa. E proprio nella piazza del Mercato, attorno alla quale gravitava la vita di Masaniello, si concentrava l’essenza pulsante della città. Era il centro nevralgico in cui si intrecciavano le dinamiche sociali, commerciali e culturali della metropoli partenopea.
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