Lo sapevate? In un film Totò vende la Fontana di Trevi a uno sprovveduto turista

In Totòtruffa 62, film del 1961 di Camillo Mastrocinque, il mitico Totò vende la fontana più famosa del Mondo a uno sprovveduto turista italo-americano Ugo D’Alessio (nel film Decio Cavallo), fingendo di esserne il legittimo proprietario. Si tratta probabilmente di una delle scene e dei uno dei dialoghi cinematografici più divertenti della storia del cinema.
Lo sapevate? In un film Totò vende la Fontana di Trevi a uno sprovveduto turista.
In Totòtruffa 62, film del 1961 di Camillo Mastrocinque, il mitico Totò vende la fontana più famosa del Mondo a uno sprovveduto turista italo-americano Ugo D’Alessio (nel film Decio Cavallo), fingendo di esserne il legittimo proprietario. Si tratta probabilmente di una delle scene e dei uno dei dialoghi cinematografici più divertenti della storia del cinema.
Qui sono stati usate locuzioni divertenti che sono rimaste nel parlato quotidiano dei napoletani.
Antonio Peluffo (Totò) e Camillo (Nino Taranto) sono due ex trasformisti che vivono organizzando piccole truffe e continui raggiri, riuscendo spesso a sfuggire alla Legge grazie alla benevolenza del commissario Malvasia, ex compagno di scuola di Antonio.
La Fontana di Trevi è uno dei monumenti più famosi all’estero della capitale. La fontana occupa tutta la piazza che fu realizzata proprio per la sua costruzione quando furono demoliti diversi edifici. Si tratta di uno degli esempi più significativi dello stile barocco a Roma, ma è soprattutto uno dei luoghi dove i turisti più amano farsi fotografare. Soprattutto nell’atto del celebre lancio della monetina. Il rito serve per augurare un ritorno nella città. Se un giorno andrete a Roma, quando sarete di spalle alla fontana, lanciate una moneta all’indietro, e non voltatevi fino a che questa non è caduta.
La Fontana di Trevi è la più grande e fra le più famose fontane di Roma.
Nella scena della vendita della fontana, dopo aver truffato l’ingenuo oriundo, Totò e Nino Taranto guardano dall’altro la scena di Decio Cavallo che viene internato come pazzo.
Se vi recate a Piazza di Trevi, vi accorgerete che non esiste alcuna stradina dalla quale è possibile vedere la scena.
In realtà la scena è stata girata da una delle finestre del palazzo che sta di fronte alla fontana di Trevi. La scena di Totò e Nino Taranto invece è stata girata su una scalinata nei pressi di piazza Navona.
Quando Ugo D’alessio consulta la guida turistica che ha con se per vedere se quello che afferma Totò (ossia che la fontana è stata realizzata da uno scultore svizzero incaricato dal bisnonno del principe De Curtis e che quindi la fontana appartiene alla famiglia di quest’ultimo da lungo tempo) è vero, legge che la fontana è stata realizzata da Bernini. In realtà’ la fontana di Trevi è stata realizzata da Nicola Salvi circa 50 anni dopo la morte del Bernini.
Una volta allertati dai passanti, i vigili arrivano sul luogo della truffa, ma credono che Decio Cavallo sia matto per il fatto che si ritiene il padrone della fontana di Trevi. Gli agenti decidono quindi di chiamare l’ambulanza, ma si sente il suono delle sirene prima che i vigili la chiamino.
Ecco il dialogo completo tra il Il cavalier ufficiale Trevi e Decio Cavallo.
Nino: (Parla con accento toscano) La mi scusi. L’è mica lei il Cavalier Antonio Trevi famoso proprietario della famosa fontana omonima?
Totò: Per l’appunto! Nino: Oh! La mi stia a sentire. Io sono incaricato da una grande casa cinematografica americana, di cui non posso fare il nome per ovvie ragioni, la quale, dovendo girare un film storico con la fontana dentro…sa come so fatti gli americani! Sono spendaccioni! La vorrebbero comprare. Se lei è d’accordo, ho il mandato in borsa che ne dice?
Totò: Scusi, ma lei chi è?
Nino: Non mi sono presentato? Totò: No! Nino: Mi scusi! Io sono il ragionier Girolamo Scamorza.
Totò: Girolamo…
Nino: Scamorza.
Totò: Caro Scamorza, mi spiace ma io sono già in trattative con quest’altra Scamorza.
Cavallo: Prego, Decio Cavallo.
Totò: Già, Cacio Cavallo. ….
Cavallo: E io sai che faccio? (Tira fuori un rotolo di banconote) Gli do cinquecentomila lire e l’affare è concluso. Tieni.
Nino: Ah, sì? E che dici te? E che tu dici?
Totò: E che dico? Io dico che accetto! Il provolone mi ha dato cinquecentomila lire, l’affare è fatto e non si discute più. Arrivederci.
Nino: Hai fatto l’affare con lui? Oh via. Mi hai fatto arrabbiare! Me ne vo ingrullito! Capito! Me ne vo ingrullito!
Totò: A non m’importa proprio niente! Hai capito?
Cavallo: Allora l’affare è fatto. Ci vediamo domani a mezzogiorno al Consolato. Totò: A mezzogiorno.
Cavallo: Preciso.
Totò: Aspettami!
Cavallo: Sì.
Totò: Non mancare!
Cavallo: No. (Si salutano stringendosi la mano)
Totò: Ciao, gorgonzola!
Cavallo: Ciao, statti buono! A domani cumpà.
La fontana fu ostruita sulla facciata di Palazzo Poli da Nicola Salvi, il concorso fu indetto da papa Clemente XII nel 1731
Cominciata nel 1732, fu affidata nel 1759 a Pietro Bracci aiutato da suo figlio Virginio, i due completarono l’opera che venne inaugurata nel 1762.
La storia della fontana è strettamente collegata a quella del restauro dell’Aqua Virgo, ovvero l’acquedotto dell’Acqua Vergine, che risale ai tempi dell’imperatore Augusto.
L’Acqua Vergine rimase in uso per tutto il Medioevo, con restauri attestati già nell’VIII secolo, poi ancora dal Comune nel XII secolo, in occasione dei quali si provvide anche ad allacciare il condotto ad altre fonti più vicine alla città, poste in una località allora chiamata «Trebium», che potrebbe essere all’origine del nome dato alla fontana. Si tratta del più antico di Roma tuttora funzionante, e l’unico che non ha mai smesso di fornire acqua alla città dall’epoca di Augusto.
Il punto terminale dell’«Aqua Virgo» nel Medioevo si trovava sul lato orientale del colle Quirinale. Qui venne realizzata una fontana con tre bocche che riversavano acqua in tre distinte vasche affiancate; risale al 1410 la prima documentazione grafica della «Fontana del Treio» (o «di Trevi»), così rappresentata. Poco tempo dopo, nel 1453, su incarico di papa Niccolò V, Leon Battista Alberti sostituì le tre vasche con un unico lungo bacino rettangolare, appoggiandolo ad una parete bugnata e merlata e restaurando i tre mascheroni da cui fuoriusciva l’acqua. Sulla parete fu sistemata una lapide a memoria dell’intervento.
Nel 1640 papa Urbano VIII ordinò all’architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini una “trasformazione” della piazza e della fontana, in modo da creare un nuovo nucleo scenografico nei pressi del palazzo familiare. Bernini progettò una grande mostra d’acqua, ampliò la piazza demolendo alcune casupole a sinistra della fontana preesistente. Ma i fondi per il progetto si esaurirono presto e vennero anche tagliati, non venne scolpita alcuna statua centrale e il cantiere fu bloccato. La morte di Urbano VIII comportò l’abbandono del progetto berniniano.

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