Lo sapevate? Una parte del prezioso tesoro di Su Benatzu restò nella grotta. Scoprite il motivo
A Santadi fu scoperto il tesoro di Su Benatzu, uno dei ritrovamenti più entusiasmanti dell'archeologia sarda: perché non fu possibile recuperare in tempi brevi gran parte del tesoro?
Lo sapevate? Una parte del prezioso tesoro di Su Benatzu restò nella grotta. Scoprite il motivo.
A Santadi fu scoperto il tesoro di Su Benatzu, uno dei ritrovamenti più entusiasmanti dell’archeologia sarda: perché non fu possibile recuperare in tempi brevi gran parte del tesoro?
Nel 1968, in una grotta carsica nel territorio di Santadi, un gruppo di speleologi e studiosi fece una scoperta eccezionale: il tesoro di Su Benatzu, uno dei ritrovamenti più affascinanti dell’archeologia sarda. Tuttavia, non tutto il tesoro fu recuperato in tempi brevi e una parte rimase nascosta nelle profondità della terra.
Nella notte tra il 23 e il 24 giugno, il gruppo scese nelle profondità della grotta Pirosu, affrontando un percorso arduo attraverso sale adornate da formazioni calcaree. Alla fine del loro viaggio, raggiunsero una sala dedicata al culto dell’acqua, un tempio ipogeico che i nuragici costruirono circa 3000 anni fa. Nonostante la portata straordinaria della scoperta, gli esploratori non ricevettero il giusto riconoscimento per il loro lavoro.
Il tesoro ritrovato comprendeva un’ampia collezione di ceramiche, tra cui vasi, ciotole, lucerne finemente decorate e vari corredi votivi, alcuni dei quali in oro. Tra i reperti di bronzo spiccavano bracciali, pugnali a “elsa gammata”, un tripode e una piccola colonna. All’ingresso della grotta si possono ancora vedere imponenti strutture megalitiche, che conducono a un passaggio obbligato verso il cuore del tempio, situato a 95 metri di profondità.
La sala principale, delimitata da colonne naturali, conserva tracce di rituali antichi, testimoniati da un pavimento fangoso misto a ceneri animali. Al centro, una stalagmite fungeva da altare, attorno al quale si trovavano vaschette alimentate da sorgenti sotterranee, simbolo del culto dell’acqua. Accanto all’altare, un focolare sacro illuminava le cerimonie.
Ai piedi dell’altare, gli studiosi trovarono cumuli di oggetti preziosi: oltre 1600 vasetti, probabilmente utilizzati per bere l’acqua sacra o come offerte alle divinità. C’erano inoltre numerosi manufatti in rame, bronzo e oro, tra cui armi, oggetti ornamentali e utensili domestici. Purtroppo, a causa del deposito di calcite formatosi nei secoli, molti reperti rimasero inizialmente intrappolati nelle concrezioni rocciose e non furono recuperati in tempi brevi.
Nonostante tutto, alcuni dei pezzi più importanti, come un tripode in bronzo di probabile origine cipriota e un pugnale con elsa gammata, sono stati recuperati subito e oggi sono esposti al Museo Archeologico di Cagliari, insieme ad altri manufatti preziosi. Il resto della collezione fu successivamente recuperata, in particolare le ceramiche, ed è custodito nel museo di Santadi.
La grotta di Su Benatzu fu utilizzata dal Neolitico fino alle prime fasi dell’età del Ferro, ma venne abbandonata improvvisamente per ragioni ancora sconosciute. I reperti esposti oggi offrono uno sguardo unico sull’antica civiltà sarda e il suo complesso mondo spirituale.
(Foto: Gruppo Facebook Su Benatzu Il Tempio ritrovato).
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