A Monserrato non gioca più nessuno: tra impianti chiusi o abbandonati a vincere è la ruggine
di Stefano Cabras Potrebbe sembrare il titolo di un libro, e infatti il richiamo al romanzo scritto da Nino Nonnis c’è e si sente. Nonnis racconta di una Cagliari che non c’è più, mentre qui si parla di una Monserrato
di Stefano Cabras
Potrebbe sembrare il titolo di un libro, e infatti il richiamo al romanzo scritto da Nino Nonnis c’è e si sente. Nonnis racconta di una Cagliari che non c’è più, mentre qui si parla di una Monserrato che ci potrebbe essere ma in realtà non c’è. O perlomeno, c’è a metà. La situazione degli impianti sportivi attuale a Monserrato è quanto mai drastica: un palazzetto nuovo e praticamente mai aperto, un impianto sportivo ristrutturato e mai più utilizzato, un altro ancora appena creato e mai inaugurato.
A fare le spese di cavilli burocratici, di concessioni mai arrivate, di bandi disertati e di agibilità mai concesse, sono le società sportive, che per poter dare ai propri tesserati un campo in cui allenarsi e svolgere attività agonistiche, devono necessariamente “espatriare”, a proprie spese, (e talvolta a cifre folli) nell’hinterland, dove gli impianti sportivi sono praticamente al collasso. Ciò che salta subito all’occhio è il palazzetto dello sport, collocato nella strada che da Via Riu Mortu porta a Is pontis Paris.
Si è espresso su questa struttura Andrea Zucca, ex assessore alla cultura, spettacolo e ambiente al comune di Monserrato. «Il palazzetto dello sport, – racconta Andrea- insieme al campo da calcio in erba sintetica furono consegnati nella primavera del 2011, sebbene il progetto sia molto più vecchio. L’idea era quella di consegnare, alle società sportive storiche di Monserrato, una propria casa, nuova e polifunzionale. Le leggi nel corso degli anni sono però cambiate, e anche le società sportive hanno perso la propria forza economica. Con l’avvento del patto di stabilità del 2009 si sono definitivamente spenti i sogni di gloria. I fondi necessari per poterlo completare sono stati tagliati, lasciando così un’opera incompiuta. L’idea, in un primo momento, era quella di dare a una società esterna la totale gestione dell’impianto, ma essendo esso classificato come “impianto a rilevazione economica” è necessario un bando pubblico. Chiunque dovesse subentrare, dovrebbe sicuramente rendere agibile la struttura, cosa non facile dato che, ad oggi, una parte della tribuna necessità di ristrutturazione, in quanto dagli spalti arrivano perdite d’acqua che allagano gli spogliatoi, rendendoli inagibili. Al momento il massimo che si è riuscito ad ottenere è il solo calpestio del campo da calcio a 11, mentre il palazzetto, agibile ma privo di arredi, risulta inutilizzato».
Monserrato, dal punto di vista degli impianti sportivi, non si è mai potuta lamentare, sebbene in questi ultimi anni alcuni di essi siano chiusi in attesa di sistemazione. I campi di Riu Saliu, per esempio, sono stati per tanti anni un importante centro sportivo e luogo di aggregazione, dove addirittura, nelle calde serate estive, la pista da pattinaggio veniva utilizzata per proiettare film o spettacoli musicali.
Il campo da tennis, un fornito Bar, la palestra geodetica e il campo da calcetto in erba sintetica completavano la struttura, prima di cadere inesorabilmente nell’oblio. «l’impianto è stato chiuso alla fine del 2012 per due motivi – ci spiega ancora Andrea Zucca -. Il primo è la tipologia di gestione. La struttura era affidata ad una cooperativa privata, ma essendo un impianto che produce un guadagno, le leggi hanno imposto che venisse fatta una regolare gara d’appalto per l’assegnazione di tutta la struttura. Il secondo motivo erano gli indispensabili lavori di ristrutturazione che l’impianto necessitava. Il motivo per cui si è tardato tanto per la riapertura quanto meno della palestra geodetica, sono imputabili alla creazione di opere non conformi alle leggi. La revisione di tali opere ha impiegato diverso tempo, e solo di recente i vigili del fuoco hanno dato il via libera all’utilizzo della palestra, assegnata così a due squadre di Basket, il Panda e la Condor, per un periodo temporaneo di due anni. Durante questi due anni bisognerà necessariamente indire una gara d’appalto per l’assegnazione dell’intera struttura, da mettere a disposizione di società sportive ma anche di tutti i cittadini».
Un vero e proprio peccato, visto e considerato che anche il campo da calcetto e quello da tennis, nonostante fossero stati rimessi a nuovo, sono stati vittime di atti di vandalismo, vanificando quanto di buono era stato creato. Nel tanto verde che circonda la struttura al suo interno, vi è anche un’area per bambini, inesorabilmente trasandata in conseguenza alla struttura. Là dove un tempo, in periodi di bella stagione si festeggiavano anche le feste di compleanno per i più piccoli, ora l’erba cresce indisturbata e mal curata.
Percorrendo la centralissima Via Caracalla, possiamo notare come all’inizio della via e sulla destra (in direzione Cantina sociale) sia sorto un ulteriore piccolo impianto, costruito in tempi record ma sfortunatamente ancora chiuso. Ci siamo avvalsi, anche per questa ennesima struttura in totale modalità “stand-by” del parere di Zucca: «I campi di Via Caracalla sono stati pensati come una sorta di ibrido. Dovevano essere dei campetti che in qualche modo avrebbero riqualificato il quartiere, ma la struttura ha assunto linee diverse. Si pensava potesse essere un campo in stile americano sempre aperto e accessibile a tutti, dove i ragazzi fanno la loro partita e tornano a casa. La costruzione di spogliatoi e l’inserimento delle recinzioni hanno però fatto sorgere più di un dubbio sulla reale intenzione di come utilizzare l’impianto. Se ci sono gli spogliatoi, chi si occupa delle pulizie? Chi si occupa della manutenzione delle reti e degli arredi come canestri, porte e reti da pallavolo? Ci troviamo sostanzialmente ad aver ereditato una situazione particolare, di un lavoro già appaltato e concluso, senza però un’assegnazione gestionale».
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