Il Carnevale romano e la cruda tradizione dei maiali rotolanti di Testaccio
Un gioco molto violento dove sulla collina di testaccio venivano posizionati dei maiali vivi e fatti rotolare sul versante.
Il Medioevo è stato un periodo storico piuttosto truculento, sadismo e crudezza non si manifestavano solo nelle famose terribili torture, ma caratterizzavano anche alcuni momenti di svago popolare. Durante la “licenza a trasgredire” del Carnevale ad esempio, ci si lasciava andare a danze frenate, feste, tauromachie, concedendosi strappi alle regole della vita quotidiana al di là del senso etico e morale. I cittadini romani in questo periodo dell’anno erano particolarmente creativi, anche in senso cruento. A Monte Testaccio avveniva quella che era chiamata come “ruzzica de li porci”(il verbo “ruzzicare” in romanesco significa “girovagare senza meta”).
Consisteva in un gioco molto violento dove sulla collina di testaccio venivano posizionati dei maiali vivi e fatti rotolare sul versante. Ad attenderli sul piede della collina c’era gente festante che raccoglieva i poveri animali che, ovviamente, durante la rovinosa caduta morivano o rimanevano gravemente feriti.
“Non è difficile immaginare quanto fosse apprezzata la possibilità di accaparrarsi della carne in un periodo storico dove la persone comuni potevano mangiarla meno frequentemente di chi era più abbiente” afferma Luigi Bellini, storico che ci ha guidato ad approfondire questa tradizione.
Durante il Medioevo i poveri si nutrivano più che altro di cereali, ortaggi, legumi. Anche se il maiale, insieme al pollo, era il tipo di carne più facile da reperire, il popolo con minori possibilità economiche spesso recuperava gli avanzi. Il detto “del maiale non si butta via niente” era dovuto al fatto che le macellazioni avvenivano in inverno per garantire una migliore conservazione e si cercava di utilizzare tutta la carne, anche orecchie, codini, zampini e ossa. Spesso una famiglia poteva permettersi un solo suino l’anno, con il quale ci si accingeva a suddividere la carcassa e a prepararla con tecniche che facessero in modo che potesse durare più a lungo nel tempo.
Anche se le prime notizie riguardanti la produzione del prosciutto risalgono all’età etrusca, all’antica Roma e ovviamente anche al Medioevo, ma dobbiamo aspettare il Rinascimento per assistere ad una sua maggiore diffusione.
“Per questo durante la ‘ruzzica de li porci’ avvenivano vere e proprie risse: riuscire a racimolare quanta più carne possibile, fatta ‘rotolare’ in via eccezionale come quasi fosse una concezione divina (dall’alto verso il basso), significava assicurare un po’ di nutrimento per sé e la propria famiglia senza troppi sacrifici” conclude Bellini.
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Garibaldino scuro di pelle torna al Gianicolo, un busto per Andres Aguiar
Il Gianicolo ha accolto di nuovo un eroe dimenticato della Repubblica Romana: nei giorni scorsi è stato inaugurato il busto in marmo di Andres Aguiar, un ex schiavo uruguaiano che diventò luogotenente di Garibaldi e morì combattendo al suo fianco il 30 giugno 1849, difendendo la Repubblica Romana in un vicolo di Trastevere.
Garibaldino scuro di pelle torna al Gianicolo, un busto per Andres Aguiar.
Il Gianicolo ha accolto di nuovo un eroe dimenticato della Repubblica Romana: nei giorni scorsi è stato inaugurato il busto in marmo di Andres Aguiar, un ex schiavo uruguaiano che diventò luogotenente di Garibaldi e morì combattendo al suo fianco il 30 giugno 1849, difendendo la Repubblica Romana in un vicolo di Trastevere.
L’inaugurazione del busto, riportata dall’Ansa, è il culmine del progetto “Rimettere la storia al suo posto: un busto per Andres Aguiar”, promosso dall’associazione Roma BPA e guidato dall’ex consigliere comunale Paolo Masini. Dieci anni fa, Masini riuscì a far modificare la toponomastica della scalea dedicata a Aguiar, cambiando il nome da “Andrea il Moro” a “Andres Aguiar, luogotenente di Garibaldi detto il Moro”. Tuttavia, mancava ancora un busto commemorativo fino ad oggi, grazie agli sforzi di Roma BPA, una raccolta fondi, sponsor tecnici e il supporto dell’Accademia di Belle Arti.
Il busto è stato realizzato dall’artista turco Isik Ozcelik, che ha studiato proprio all’Accademia di Belle Arti di Roma. Alla cerimonia di inaugurazione hanno partecipato Paolo Masini e Mattia Peradotto, coordinatore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio.
L’ambasciatore d’Italia in Uruguay, Fabrizio Petri, ha inviato un messaggio in cui ha sottolineato l’importanza del contributo di Aguiar alla lotta per l’indipendenza italiana e alla libertà dei popoli oppressi. Presente all’evento anche l’ambasciatore uruguaiano a Roma, Ricardo Varela, che ha ricordato i profondi legami storici e culturali tra Italia e Uruguay, affermando che circa la metà della popolazione uruguaiana è di origine italiana o possiede il passaporto italiano. Varela ha evidenziato la solidità e la prosperità delle relazioni bilaterali tra i due paesi.
Questo riconoscimento tardivo a Andres Aguiar rende giustizia a un valoroso combattente il cui sacrificio non sarà più dimenticato.
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