La Grande Bellezza. Ipotesi e curiosità uniche su ciò che potrebbe aver ispirato Sorrentino in alcune scene del film

La “Grande Bellezza”, film del 2013 co-scritto e diretto da Paolo Sorrentino vinse il Premio Oscar come miglior film in lingua straniera. Fu interpretato magistralmente da Tony Servillo, una sorta di Virgilio di una Roma decadente, “godona” squallida, in contrasto con la straordinaria bellezza dei monumenti storici. Un assiduo frequentatore della movida romana che non vuole solo partecipare alle feste, ma vuole avere il potere di distruggerle.
La Grande Bellezza. Ipotesi e curiosità uniche su ciò che potrebbe aver ispirato Sorrentino in alcune scene del film.
La “Grande Bellezza”, film del 2013 co-scritto e diretto da Paolo Sorrentino vinse il Premio Oscar come miglior film in lingua straniera. Fu interpretato magistralmente da Tony Servillo, una sorta di Virgilio di una Roma decadente, “godona” squallida, in contrasto con la straordinaria bellezza dei monumenti storici. Un assiduo frequentatore della movida romana che non vuole solo partecipare alle feste, ma vuole avere il potere di distruggerle. E in qualche modo lo fa veramente perché al netto della dicitura “ogni riferimento a cose, persone realmente esistite è puramente casuale” è in ogni caso possibile fare delle ipotesi di ispirazione rispetto a ciò che accadeva davvero in quegli anni.
Nella scena della performance dove un’artista nuda ricoperta di veli prende una rincorsa per battere la testa contro il muro, rivediamo la scena romana underground della body art estrema, a cui è capitato anche di performare proprio al Parco degli Acquedotti, come nel caso di Bloody Cirkus e Human Installations. Un effettivo riferimento a Marina Abramovic, la famosa artista serba famosa per le sue azioni al limite e ai live artist romani di quegli anni.
Riconosciamo tra le comparse addirittura uno che a Roma ha realizzato performance di fachirismo e sangue, l’artista “Ribes”, dei “Freak’s Bloody Tricks”, coinvolto nella scena del funerale. Tutto probabilmente casuale. Come potrebbe essere casuale una sorprendente somiglianza tra la scena dell’happening della bambina e la pittura di Riccardo Natili, artista straordinario venuto a mancare recentemente, noto per le sue performance di live painting con tele giganti dove di getto buttava il colore come in preda a gioia mistica. Riccardo realizzava opere meravigliose, ospitava nella sua galleria-studio altri artisti più o meno noti, cercando sempre scambi e sinergie con altri creativi e muse.
È lo stesso Roberto D’Agostino a dichiarare di aver portato Sorrentino in giro a frequentare tante feste, per fargli capire il clima. Ed è in queste feste che si respirava (e si è tornato a respirare dopo la pandemia) quell’aria effimera della Roma dei salotti, degli eventi esclusivi della Capitale e dei vernissage dove citando Formisano, “l’artista esiste senza essere presente, si ritrae sommessamente alle lusinghe degli avvolti, arriva dopo tutti gli altri mentre con foga si accalcano alla porta per entrare primi nel tentativo di costruire pubbliche relazioni, con vesti firmate e volti ritoccati”.
Il figlio del protagonista sembra un po’ il poeta decadente di Trastevere che ti guarda con gli occhi fuori dalle orbite e potrebbe dirti con lo stesso tono di voce del personaggio interpretato da Luca Marinelli “se non prendo sul serio Proust chi dovrei prendere sul serio?”.
Potrebbe essere casuale anche la somiglianza della scena tra la performance l’Arca di Marco Fioramanti e la scelta della salita della scala Santa da parte di uno dei personaggi del film che ricorda Madre Teresa di Calcutta.
Tutte coincidenze che ci fanno pensare ad un’interpretazione registica magistrale di quello che accadeva a Roma dal 2000 al 2013 o ad una serie di sincronicità di idee.
“Quando sono arrivato a Roma a 26 anni sono precipitato abbastanza presto in quello che si potrebbe definire il vortice della mondanità” afferma il personaggio Jep durante la sua presentazione. “Io non volevo semplicemente partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire”.
Ed è in quelle feste che puoi incontrare la bellezza della giovane rockstar famosa in tutto il mondo, come Ethan dei Maneskin che in un party di artisti lega i suoi lunghissimi capelli neri per non farsi riconoscere, che non deve dimostrare nulla e che poi esce dalla festa e ripercorre quelle stesse strade che lo vedevano suonare senza gli occhi del mondo addosso.
Quella Roma tra il sublime e il grottesco dello squallore disgraziato e dell’uomo miserabile, la Roma dove puoi organizzare l’evento più spettacolare o l’opera d’arte più impegnativa ma ti sovrasterà sempre.

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