Lo sapevate? A Roma c’è ancora la buca dello spione. Ecco a che cosa serviva

Lo sapevate? A Roma c’è ancora la buca dello spione. Ecco a che cosa serviva. Sul muro esterno della chiesa di San Salvatore alle Coppelle, in piazza delle Coppelle, nel rione Sant’Eustachio, quasi trecento anni fa venne sistemata una targa
Lo sapevate? A Roma c’è ancora la buca dello spione. Ecco a che cosa serviva.
Sul muro esterno della chiesa di San Salvatore alle Coppelle, in piazza delle Coppelle, nel rione Sant’Eustachio, quasi trecento anni fa venne sistemata una targa marmorea con una piccola fessura. A che cosa serviva?
Fu collocata qui in occasione del giubileo del 1750, perché nella Città Eterna si verificò un massiccio afflusso di pellegrini, stimato in più di un milione di presenze.
Si tratta di una cassetta, simile a una cassetta postale, di marmo con tanto di targa con le istruzioni. Era stata costruita per osti, albergatori e locandieri che dovevano servirsene segnalando i forestieri e pellegrini malati che si fossero trovati nei loro locali, indicandone nome e provenienza con una lettera da imbucare. Secondo le autorità romane, grazie a queste segnalazioni l’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento della Divina Perseveranza, avrebbe controllato nomi e presenze per soccorrere ed accudire i pellegrini malati.
Le autorità disposero pene severe a chi non avesse fatto subito la segnalazione. In realtà i Romani intesero subito che si trattasse di un’ imposizione per far conoscere alla polizia i nomi degli ospiti e favorirne la sorveglianza. Per questo motivo i romani chiamarono quella cassetta la Buca dello Spione. Nel testo si legge: “QUI DEVONO METTERE I VIGLIETTI TUTTI GLI OSTI ALBERGATORI LOCANDIERI ED ALTRI PER DARE NOTIZIA DE’ FORESTIERI CHE SI INFERMANO NELLE LORO CASE ALLA VENERABILE CONFRATERNITA DELLA DIVINA PERSEVERANZA, CON AUTORITA’ APOSTOLICA ERETTA A TENORE DELL’ULTIMO EDITTO DELL’ECC.MO VICARIO EMANATO IL DI’ XVII DICEMBRE MDCCXLIX”.
Dal 1633 la chiesa di San Salvatore alle Coppelle fu sede della Confraternita del Santissimo Sacramento della Divina Perseveranza, che forniva appunto assistenza a pellegrini e forestieri che si ammalavano nelle locande, ricoverandoli poi in qualcuno degli ospedali della città, o avvertendo i parenti e prendendo in custodia gli effetti personali di quelli che morivano. L’attività della confraternita era in sostanza un’attività di polizia sanitaria e di controllo di ordine pubblico per l’altro – anche a garanzia dei forestieri.

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