Chi rappresentano le due statue equestri di Piazza del Plebiscito?

Piazza Plebiscito si trova nel cuore della città ed è circondata da magnifici e importanti edifici, quali la Basilica di San Francesco di Paola, il Palazzo Reale, il Palazzo della Prefettura e il Palazzo Salerno. È per antonomasia la piazza dei Napoletani. Oggi è una delle mete fisse dei turisti, è completamente pedonalizzata, ospita spesso manifestazioni e concerti e nasconde anche una maledizione. Nella piazza troviamo due grandi statue bronzee equestri del Canova (sulle quali tra l'altro esiste una diceria di cui abbiamo già trattato in passato), andiamo a scoprire chi rappresentano.
Lo sapevate? Chi rappresentano le due statue equestri di Piazza del Plebiscito?
Piazza Plebiscito si trova nel cuore della città ed è circondata da magnifici e importanti edifici, quali la Basilica di San Francesco di Paola, il Palazzo Reale, il Palazzo della Prefettura e il Palazzo Salerno. È per antonomasia la piazza dei Napoletani. Oggi è una delle mete fisse dei turisti, è completamente pedonalizzata, ospita spesso manifestazioni e concerti e nasconde anche una maledizione. Nella piazza troviamo due grandi statue bronzee equestri del Canova (sulle quali tra l’altro esiste una diceria di cui abbiamo già trattato in passato), andiamo a scoprire chi rappresentano.
Situata ai piedi della collina di Pizzofalcone, la piazza è vasta circa venticinquemila metri quadrati. Al centro si ergono due statue equestri.
Piazza del Plebiscito può essere suddivisa in due parti distinte: la prima è ai piedi della Basilica e segue una conformazione semicircolare, mentre l’altra – al di sotto dell’asse di chiusura dell’emiciclo – ha una forma rettangolare, determinata nei lati brevi dalle cortine dei palazzi gemelli e nel lato lungo dal profilo del palazzo Reale.
Nei centri dei due quarti di cerchio in cui è frammentato l’emiciclo, lungo l’asse di chiusura del colonnato, si ergono isolate nella piazza le due statue equestri di Carlo III di Borbone (iniziatore della dinastia borbonica) e di suo figlio Ferdinando I; la prima realizzata da Antonio Canova, mentre la seconda, iniziata dallo stesso Canova e completata con l’inserimento del cavaliere dallo scultore napoletano Antonio Calì.
Il Re viene mostrato su un destriero di razza, con la bocca aperta e in una posa che simula un respiro ansimante e persino occhi dilatati, mentre con una mano mantiene lo scettro e con l’altra frena il cavallo; è la raffigurazione della maestosità che passa anche attraverso alcuni particolari che ricordano più un imperatore romano che un sovrano del Settecento, come gigli e drappeggi.
Una curiosità : l’opera doveva inizialmente rappresentare Napoleone Bonaparte, come testimonia una commissione ricevuta dallo stesso Canova nel 1806 dal Re di Napoli e fratello dell’imperatore dei francesi, Giuseppe Bonaparte. Quando sul trono arrivò Murat (l’anno seguente), il modello in creta del cavallo era già pronto e, fortunatamente, l’opera gli venne riconfermata (anche se Canova non amava molto lavorare sulle figure equestri) e il modello finale venne concluso nel 1810. Nel 1813 la fusione in bronzo ma la fusione totale arrivò solo nel 1816 e, tornato sul trono Ferdinando IV (come Ferdinando I delle Due Sicilie), si scelse di cambiare il soggetto della statua, programmando anche la realizzazione di una seconda in coppia per completare l’immagine padre-figlio.
IlCanovà nel frattempo morì e non potè completare anche la seconda commissione (suo è solo il cavallo). Il soggetto fu affidato al suo allievo Antonio Calì che, per quell’imponente lavoro, ricevette anche un premio.
C’è un’ulteriore leggenda che aleggia intorno a queste due statue.
Sembra, infatti, che nel 1860 corsero il serio rischio di venire distrutte: dopo la caduta dei Borbone e l’arrivo delle truppe garibaldine, il popolo era davvero intenzionato ad abbatterle; si racconta, però, che una delle due fu difesa da un prete che, salito sulla sua sommità , parlò ai presenti convincendoli a desistere promettendo loro che, in breve tempo, le teste sarebbero state sostituite con quelle di Garibaldi e del nuovo Re d’Italia.
Detto della statue, riproponiamo anche le informazioni sulla diceria. Piazza del Plebiscito nasconderebbe un’antica maledizione che affascina turisti e napoletani. Scopriamo di che cosa si tratta.
La maledizione di cui stiamo parlando fu lanciata dalla regina Margherita.
Una volta al mese la sovrana concedeva a un prigioniero la possibilità di essere liberato se fosse riuscito ad attraversare la piazza bendato, passando tra le due statue equestri.
Pare che nessuno sia mai riuscito a compiere quest’impresa e di conseguenza a ottenere la liberazione.
In realtà la maledizione è solamente un’affascinante leggenda, ogni caso, questa storia sarebbe anche supportata da una spiegazione tecnica che spiegherebbe al meglio perché sia molto difficile riuscire nell’impresa di attraversare la piazza bendato, passando tra le due statue equestri.
Si tratta di un percorso da percorrere in linea retta, per cui sembrerebbe abbastanza agevole. In realtà la piazza presenta due elementi che creano disorientamento in colui che dovrebbe attraversarla: una superficie molto ampia e la pendenza irregolare del suolo dello spazio.
Molti napoletani (e non solo) sin da piccoli hanno provato a cimentarsi in questa impresa, senza successo. La leggenda parla di una prova che parte da partendo dalla porta di Palazzo Reale che si trova proprio al centro delle due opere. Attraversare bendati questi 170 metri senza sbandare è molto difficile.
Ma dare la colpa di tutto ciò alla regina Margherita è un errore: in realtà tutto dipende da una questione neuropsichiatrica.
Nel tentativo di superare questa prova ci affidiamo al nostro senso dell’equilibrio regolato dal sistema vestibolare, che si trova nell’orecchio, e dal cervelletto. Camminando bendati, le percezioni diminuiscono nettamente e cerchiamo di utilizzare gli altri sensi, regolandoci sulla base di rumori e sensazioni sensoriali. Ecco perché è facile sbagliare strada se ci troviamo all’interno di uno spazio molto ampio. C’è di più, perché il suolo di piazza del Plebiscito, è anche pendente e irregolare. Un connubio di difficoltà che rende ancora più difficile l’impresa.

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