Lo sapevate? Il grande tenore Enrico Caruso, orgoglio di Napoli, è sepolto nel cimitero di Santa Maria del Pianto
La Cappella di Enrico Caruso si trova al Cimitero di Santa Maria del Pianto (il camposanto monumentale “degli uomini illustri”) dove si trovano anche le tombe di Totò, Eduardo Scarpetta e di tanti altri artisti e personalità napoletane. La Cappella in questione è stata progettata e costruita dall’architetto Giovanni Cimmino e si trovava in un pessimo stato di manutenzione. L'anno scorso grazie al restauro è tornata all’antico splendore ed è meta di tanti appassionati e amanti della lirica che porgono omaggio al tenore più grande di tutti i tempi.
Lo sapevate? Il grande tenore Enrico Caruso, orgoglio di Napoli, è sepolto nel cimitero di Santa Maria del Pianto.
La Cappella di Enrico Caruso si trova al Cimitero di Santa Maria del Pianto (il camposanto monumentale “degli uomini illustri”) dove si trovano anche le tombe di Totò, Eduardo Scarpetta e di tanti altri artisti e personalità napoletane. La Cappella in questione è stata progettata e costruita dall’architetto Giovanni Cimmino e si trovava in un pessimo stato di manutenzione. L’anno scorso grazie al restauro è tornata all’antico splendore ed è meta di tanti appassionati e amanti della lirica che porgono omaggio al tenore più grande di tutti i tempi.
Enrico Caruso nacque a Napoli, nel quartiere di San Carlo all’Arena, in via Santi Giovanni e Paolo 7, il 25 febbraio del 1873 da genitori originari di Piedimonte d’Alife (rinominato, nel 1970, Piedimonte Matese), nell’allora provincia di Terra di Lavoro (confluito poi nella neo-costituita provincia di Caserta nel 1945). Il padre, Marcellino Caruso (1840–1908), era un operaio metalmeccanico, mentre la madre, Anna Baldini (1838–1888), era una donna delle pulizie.
Di origine umilissima, esordì al Teatro Nuovo di Napoli nel 1894 e cantò poi nei principali teatri del mondo, soprattutto negli USA, dove fu per diciassette anni l’idolo del Metropolitan di New York. La sua voce ebbe affascinante dolcezza di timbro, vibrazioni energiche e intense e perfino toni baritonaleggianti. Il suo repertorio si fondava particolarmente sulla produzione italiana e su quella francese. Fu cantante verista superiore agli altri tenori dell’epoca anche per l’ottima scuola; per le sue qualità fonogeniche la voce di C. fu diffusa con le incisioni in dischi, contribuendo ad affermare la sua fama in tutto il mondo.
Dopo una carriera eccezionale, dopo una lunga tournée in Nordamerica, nel 1920, la salute del tenore iniziò a peggiorare. Varie le ipotesi al riguardo: suo figlio Franco, per esempio, collocava l’evento scatenante in un incidente occorso durante il Sansone e Dalila del 3 dicembre, quando il tenore fu colpito al fianco sinistro da una colonna crollata dalla scenografia. Il giorno dopo, prima della rappresentazione di Pagliacci, Caruso ebbe un accesso di tosse e lamentò un forte dolore intercostale.
L’11 dicembre, il tenore ebbe una forte emorragia dalla gola; la rappresentazione fu sospesa dopo il primo atto. Il 24 dicembre fece la sua ultima apparizione al Met con Eléazar in La Juive. Complessivamente Caruso andò in scena per 863 rappresentazioni al Metropolitan.
Solo il giorno di Natale, quando il dolore si era fatto insostenibile, gli fu diagnosticata una pleurite infetta. Operato il 30 dicembre al polmone sinistro, trascorse la convalescenza in Italia, a Sorrento; qui fu raggiunto dal medico Giuseppe Moscati il quale fu però contattato quando ormai ben poco restava da fare. Trasportato da Sorrento a Napoli, Caruso vi morì il 2 agosto 1921, assistito dalla moglie e da chi gli voleva bene all’età di 48 anni.
È sepolto a Napoli, in una cappella privata nel cimitero di Santa Maria del Pianto in via Nuova del Campo (Doganella), a pochi metri dalla tomba di Antonio de Curtis, in arte Totò.
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