Lo sapevate? Dove visse a Napoli il grande tenore Enrico Caruso?

È qui che visse il grande tenore Enrico Caruso: tra i vicoli la sua bellissima casa museo. Dal suo balconcino si affacciò anche Luciano Pavarotti, in un indimenticabile giorno di molti anni fa. Tra i vicoli, in un vecchio palazzo della Napoli popolare, la casa dove nacque Caruso è oggi un museo. Luogo straordinario da scoprire tenendo occhi e orecchie ben aperti. Andiamone alla scoperta.
Lo sapevate? Dove visse a Napoli il grande tenore Enrico Caruso?
È qui che visse il grande tenore Enrico Caruso: tra i vicoli la sua bellissima casa museo. Dal suo balconcino si affacciò anche Luciano Pavarotti, in un indimenticabile giorno di molti anni fa. Tra i vicoli, in un vecchio palazzo della Napoli popolare, la casa dove nacque Caruso è oggi un museo. Luogo straordinario da scoprire tenendo occhi e orecchie ben aperti. Andiamone alla scoperta.
Nascosta tra le strette arterie del cuore di Napoli, nei vicoli che odorano di storia e parlano una lingua ancora antica, in un palazzo robusto e umile, si trova la casa dove nacque e visse Enrico Caruso. Siamo in via Santi Giovanni e Paolo, il grande portone reca un’insegna con il volto del cantante e appena più dentro, nel piccolo cortile si affaccia il famoso balcone della piccola casa, dove un giorno, negli anni Novanta, si era affacciato nientemeno che Luciano Pavarotti.
L’indimenticabile tenore napoletano, scomparso più di cento anni fa, crebbe tra queste mura che già da un po’ di anni sono diventate un museo che ricorda la sua vita e la sua straordinaria carriera. Entrare nell’appartamento è un po’ come capire in pochi e preziosi istanti come è stata l’infanzia del grande cantante e della sua famiglia. In quei 50 metri quadrati, infatti, si erano sistemati 7 figli più i coniugi Caruso. Enrico, che visse lì fino al 1879, aveva iniziato a cantare nella vicina chiesetta, dove poi era stato anche chierichetto, a soli quattro anni impressionando da subito alcuni fedeli ed amici. Poi il lavoro in fonderia e quindi l’avvio della sua straordinaria carriera mondiale.
Nella casa museo, che per anni è stata abitata da due donne, è stato creato una sorta di percorso sonoro composto dai primi dischi (grazie alla donazione Pituello-D’Onofrio), il grammofono, i disegni satirici realizzati dallo stesso tenore, locandine e fotografie degli spettacoli a New York, monete, lettere e alcuni vestiti di scena, come l’immancabile bastone, concessi in comodato dal museo Caruso di Brooklin. Come ebbe a dire Gaetano Bonelli, direttore del museo, in occasione della istituzione dello stesso: «Enrico Caruso ha trasformato il canto nelle opere che prima del suo avvento era molto accademico e con le canzoni è sempre riuscito a mettere in scena la sua vita, trasmetteva davvero la sofferenza. Il suo successo nasce da questo tipo di interpretazione. Negli Stati Uniti, poi, ha cantato per gli emigrati mantenendo sempre un legame con le sue origini così come ha fatto Rodolfo Valentino. Tutto è iniziato da questa piccola casa in questo quartiere popolare. Caruso, insomma, è Napoli».
Molto interessante anche l’aspetto più legato alle tecnologie dell’epoca. Le prime incisioni risalgono infatti al 1902. «La sua versione di “Vesti la giubba” – aggiunge Bonelli – è stato il primo disco d’oro avendo raggiunto il milione di copie vendute. E anche in questo caso stiamo parlando di un altro napoletano illustre, Ruggero Leoncavallo. Caruso è stato molto apprezzato da Puccini e Verdi mentre la sua fama era arrivata anche in Russia». La casa in cui è nato, ricca di cimeli e dall’atmosfera pregnante, è aperta ai visitatori (su prenotazione) con l’obiettivo di tenere vivo il ricordo su uno uno dei più grandi protagonisti dalla storia musicale italiana.
La sue canzoni si irradiano nelle due piccole stanze e ci si guarda intorno trascinati dalla magia di quella voce così melodiosa e potente, avvolti nell’incantesimo del ricordo.

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