Napoli, riapre dopo più di 40 anni la chiesa di San Potito

La riapertura a breve della chiesa di San Potito è un passo avanti. Ecco le dichiarazioni di don Giacomo Equestre direttore dell’Ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi
Napoli è una delle città al mondo con il maggior numero di Chiese, il solo centro storico ne conta più di duecento, una buona parte delle quali sono chiuse e i stato di grave abbandono. La riapertura a breve della chiesa di San Potito è un passo avanti. Ecco le dichiarazioni di don Giacomo Equestre direttore dell’Ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi
Finalmente conclusi i lavori di restauro della Chiesa di San Potito, che riapre dopo più di 40 anni di chiusura. Una bellissima notizia per la Napoli delle cento chiese, una città che vanta uno dei maggiori patrimoni al mondo in fatto di edifici religiosi, una parte troppo grossa del quale resta chiusa e per tale motivo subisce fenomeni di degrado e abbandono. La chiesa di San Potito nel 2017 è stata affidata da un’arciconfraternita e dalla Curia all’associazione Ad Alta Voce Ets del musicista Carlo Morelli.
Le prime notizie sul tempio a una sola navata, che si trova a via Salvatore Tommasi, risalgono al IV secolo, quando sul decumano superiore dell’Anticaglia venne costruito un primo nucleo di un convento, prima di monache basiliane, poi benedettine che vissero lì fino al XVII secolo. L’edificio venne ceduto al principe di Avellino, che lo utilizzò per ampliare il suo palazzo ora sede della Fondazione Morra Greco. Nel 1615 le suore si trasferirono sulla collina di San Potito e sorse questa chiesa, edificata in stile manierista dall’architetto Pietro De Marino, dove i marmi sono assenti ma vengono imitati con dipinture sul tufo dei pilastri.
Presenti tre tele: sull’altare maggiore con le storie del santo dedicatario, al centro quella di Nicolò De Simone, ai lati le opere di Giacinto Diano del 1784. Vi è poi la Madonna del Rosario di Luca Giordano (prima cappella entrando a destra) e una Vergine fra i santi Antonio e Rocco di Andrea Vaccaro, dove un primo piano è riservato al cane del santo appestato, che lo salvò dall’inedia con un pezzo di pane tra i denti. Un milione e trecentomila euro di fondi sono stati stanziati per i lavori di ripristino dell’edificio, in parte con i Bonus Facciate, in parte offerti per un progetto Unicredit “Carta Etica” destinati ad attività riservate ai detenuti di Santa Maria Capua Vetere. Questa la cifra utilizzata sino ad ora per rimettere in sesto dal 2018 le gravi compromissioni del tetto. Nella chiesa, che sarà aperta tutti i giorni (eccetto sabato e domenica) dalle 15 e dal 10 maggio prossimo dalle 9 alle 21, il musicista Carlo Morelli, promuove con grandissima inventiva ed instancabile energia, iniziative per finanziare i complessi restauri. La chiesa era nell’abbandono più totale e anche i vicini di casa rivendicavano danni che il grande complesso avrebbe procurato a causa delle infiltrazioni d’acqua.
«Vogliamo aprire più chiese possibile, è una delle buone pratiche che perseguiamo», informa don Giacomo Equestre, direttore dell’Ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi. Dopo il primo intervento, che ha avuto come oggetto la sacrestia, gli ambienti sono stati accreditati alla Regione Campania per formare i giovani alla musica e allo spettacolo.
«L’11 maggio è previsto un casting per un contest nazionale – dice Morelli – dedicato a Raffaella Carrà, che coinvolgerà manager musicali importanti, come quello di Vasco Rossi, per far conoscere i nostri talenti più giovani». Per raccogliere i fondi – vista la scarsezza di quelli pubblici – anche una mostra poco tempo fa su Vincent Van Gogh. E il 25 aprile alle 20, con ingresso gratuito, prossimo appuntamento di “That’s Napoli Live Show”, che mixa per i turisti hit internazionali e canzone napoletana. Ci aspettiamo che anche altre bellissime chiese vengano restituite alla fruizione di fedeli, cittadine e cittadini perché il patrimonio artistico negato è destinato solo a incuria e deperimento.

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