La chiesa del Carmine, uno dei luoghi simbolo di Napoli, e la sua travagliata storia
La lotta spietata tra Angioini e Aragonesi, la processione della Madonna Bruna a Roma, la rivolta di Masaniello. Quanta storia ha visto dentro e fuori le sue mura questa splendida basilica, il cui campanile barocco svetta fiero nello skyline della città. Fatti cruenti, leggende, devozione popolare. Un serbatoio di tradizioni e cultura.
La chiesa del Carmine Maggiore è un simbolo di storia della città. Uno dei più forti e potenti: tantissime vicende si sono svolte dentro e fuori le sue mura. All’interno di essa sono stati celebrati i funerali di grandi artisti partenopei, come Totò e Mario Merola.
Il popolo napoletano, a riprova di quanto questo luogo gli sia caro, ha coniato un’esclamazione, Mamma d’o Carmene, usata spessissimo e per le più svariate situazioni, momenti tragici e infelici, ma pure per situazioni che destano stupore e gioia.
Questa basilica, insomma, è particolarmente cara al popolo napoletano proprio per essere stata spesso teatro delle vicende più importanti della storia della città. La storia di questa bellissima chiesa inizia così, con una tradizione popolare che racconta di alcuni monaci che per sfuggire alla persecuzione dei saraceni in Palestina, giungendo in città portarono un’icona della Madonna che veneravano sul monte Carmelo e la deposero in un luogo detto “la grotticella”, primo nucleo della Basilica.
A questo Santuario è legata la vicenda del miracolo del crocifisso avvenuto nel XV secolo durante la lotta tra gli Angioini e gli Aragonesi, per il dominio di Napoli. Al tempo in città dominava Renato d’Angiò, che aveva posizionato le sue artiglierie sul campanile del Carmine. Il 17 ottobre 1439, Pietro di Aragona fece dar fuoco a una grossa Bombarda, la cui grossissima palla ancora oggi viene conservata nella cripta della chiesa. Questa sfondò l’abside della chiesa e andò in direzione della testa del crocifisso che per evitare di essere colpita abbassò il capo sulla spalla destra, senza subire alcun danno. Il giorno successivo però mentre Pietro dava ordini di azionare nuovamente il fuoco, un colpo che era partito dal campanile gli troncò il capo.
Fu Re Alfonso, che per riparare al deplorevole gesto del fratello, fece costruire un sontuoso tabernacolo in onore del crocifisso, dove fu accolta l’immagine miracolosa della Madonna del Carmine, era il 26 dicembre del 1459. Da allora ogni anno, dal 26 dicembre al 2 gennaio, il quadro viene svelato per permettere ai devoti di venerarlo. Durante l’Anno Santo del 1500 la confraternita dei Cuoiai condusse a Roma il crocifisso e l’icona della Madonna Bruna. Nel corso del pellegrinaggio si ebbe notizia di moltissimi miracoli. L’icona rimase a Piazza San Pietro per tre giorni durante i quali accorse una moltitudine di fedeli.
La folla era così numerosa che Papa Alessandro VI fu costretto a ordinare il rientro immediato dell’immagine a Napoli e questa che prima del pellegrinaggio era posta nella “grotticella” fu spostata sull’altare maggiore e in seguito in una cona di marmo. Dopo eventi così sorprendenti, Federico d’Aragona stabilì che per il 24 giugno, giorno di mercoledì, tutti i malati del regno si recassero al Carmine per chiedere il miracolo della guarigione. E, nel giorno stabilito, alla presenza dei sovrani e del popolo, durante la consacrazione, un luminosissimo raggio di luce si posò sull’icona e contemporaneamente sugli infermi guarendoli. Fu così che si scelse il giorno del mercoledì per dedicarlo alla Madonna. Anche la storia di Masaniello si intreccia con quella della Madonna Schiavona.
La tradizione vuole che il 16 luglio, mentre Napoli si preparava a festeggiare la Madonna del Carmine, Masaniello cercò di difendersi dalle accuse di tradimento e di pazzia, cercando protezione nella chiesa del Carmine. Interrompendo la celebrazione della messa, si spogliò e diede luogo al suo ultimo discorso al popolo napoletano. I frati lo invitarono a porre fine a quel folle gesto. Egli obbedì, ma fu raggiunto nel convento da alcune persone armate, che prima lo colpirono quattro volte e poi lo decapitarono.
La testa di Masaniello fu mostrata al viceré e fu portata in giro per la città mentre il corpo fu buttato in un fosso fuori la porta del Carmine. A distanza di poche ore dalla morte di Masaniello il popolo napoletano si rese subito conto dell’errore che aveva commesso e così ne raccolse il cadavere lavandolo nelle acque del Sebeto, la testa fu ricongiunta al corpo e fu portato in processione.
Al termine di tutto ciò, il suo corpo fu sepolto all’interno della chiesa del Carmine dove rimasero fino al 1799. Queste sono solo alcune delle vicende della storia della città e di una delle sue Chiese più importanti. Tante altre ne racconteremo.
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