Chi ha paura del Vesuvio? Come la presenza del vulcano ha influito sul carattere dei napoletani

Il napoletano non ha forse paura di morire? La risposta è sì, ha paura come tutti, ma l'esser nati ai piedi di un vulcano lo ha reso fatalista, gli ha insegnato la sopportazione e la poesia, la sublimazione, la resilienza.
“Il Vesuvio non appartiene forse a Napoli come L’Alhambra a Granada ? No, Napoli appartiene al Vesuvio! Il vulcano è l’essenziale, la città è l’accessorio”.
Questo ebbe a sostenere lo scrittore spagnolo Pedro Antonio de Alarcon, e io dico che l’abbia vista lunga.
Sì, perché immaginare Napoli stretta in un vincolo di derivazione quasi filiale con il vulcano, forse ci aiuta a diramare le ombre che si addensano su ogni possibile perché. Perché i napoletani continuano a vivere ai piedi di una bomba ad
orologeria? Perché non scappano tutti?
Ecco solo due dei tanti perché senza possibilità di una risposta chiara, definitiva. Ci si muove nel campo delle ipotesi,
anche se, messi un momento da parte gli interrogativi di natura più propriamente spirituale, ciò che appare certo è che da oltre tremila anni uomini e donne vivono alle pendici del vulcano anche per via della straordinaria ricchezza e fertilità dei territori. Non sono bastate eruzioni catastrofiche a spopolare le pendici del Vesuvio, i processi di ripopolamento, lenti e inesorabili, hanno fatto rifiorire i luoghi, la vita in queste terre ha sempre trionfato sulla morte. Troppo fertili i terreni, abbondanti le risorse, spiegano gli studiosi.
Noi ovviamente sappiamo che questa deve essere una spiegazione, ma non la spiegazione. Da napoletana che per anni ha vissuto guardando da vicino il gigante, sento che è lì, in quell’appartenersi originario, il cuore di ogni risposta.
Alla ricerca di un nucleo di verità che vada oltre le convenienze economiche, ci sono stati antropologi e pensatori che hanno voluto indagare questo rapporto oscuro (poiché non incontra le traiettorie luminose della razionalità) tra i napoletani e il Vesuvio. Un territorio oggi abitato da più di due milioni di persone e che stanno lì nonostante i ripetuti appelli dei vulcanologi sulla sua pericolosità.
Il napoletano non ha forse paura di morire? La risposta è sì, ha paura come tutti, ma l’esser nati ai piedi di un vulcano lo ha reso fatalista, gli ha insegnato la sopportazione e la poesia, la sublimazione, la resilienza. Tratti di un carattere di popolo forgiati dalla lava, imprescindibili e originari. In pochi, in verità quasi nessuno pensa a scappar via, il Vesuvio è come una madre severa, i napoletani si sentono nati dalle sue viscere, andar via sarebbe come rinunciare a un pezzo della propria identità. L’accettazione del rischio, la convivenza con il timore dà anima a
un popolo che non può e non vuole, per ragioni che sfuggono orgogliose a ogni logica, tradire il proprio destino, immutato da millenni.

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