Lo sapevate? L’Obelisco di San Domenico è una delle opere più amate dai napoletani

Tra i monumenti più rinomati e amati di Napoli, spicca l'incantevole obelisco di San Domenico, un simbolo di magnificenza e grandiosità. Sovrastando maestosamente la città, la sua cima è adornata da una statua bronzea raffigurante San Domenico benedicente. Collocato di fronte alla maestosa chiesa di San Domenico Maggiore, questo monumento rappresenta una testimonianza tangibile dell'abilità artistica e della fede del popolo napoletano.
Lo sapevate? L’Obelisco di San Domenico è una delle opere più amate dai napoletani.
Tra i monumenti più rinomati e amati di Napoli, spicca l’incantevole obelisco di San Domenico, un simbolo di magnificenza e grandiosità. Sovrastando maestosamente la città, la sua cima è adornata da una statua bronzea raffigurante San Domenico benedicente. Collocato di fronte alla maestosa chiesa di San Domenico Maggiore, questo monumento rappresenta una testimonianza tangibile dell’abilità artistica e della fede del popolo napoletano.
La sua origine affonda le radici nel lontano 1656, un periodo segnato dalla diffusione dell’epidemia di peste che flagellava la città. In un atto di devozione e speranza, i cittadini di Napoli fecero richiesta dell’obelisco come ex-voto, pregando per la salvezza e la protezione della loro amata città. Fu così che nacque l’idea di erigere questa maestosa struttura.
La realizzazione dell’obelisco di San Domenico fu possibile grazie all’instancabile impegno e al contributo dei padri domenicani, che si dedicarono a trasformare l’idea in una sontuosa realtà. L’opera che ne scaturì è di una grandiosità imponente: una struttura piramidale slanciata, decorata con stemmi nobiliari, putti giocosi, medaglioni rappresentanti momenti significativi della storia religiosa e busti dei santi domenicani, che simboleggiano la forza e la devozione di questa antica ordine religioso.
Conosciuto anche come “guglia di San Domenico”, questo obelisco è un capolavoro scultoreo barocco, che incanta gli occhi dei visitatori con la sua eleganza e raffinatezza. Cronologicamente, si tratta del secondo grande obelisco eretto nella città di Napoli, dopo quello dedicato a San Gennaro. Questa magnifica struttura rappresenta un legame tangibile con la storia e la tradizione di Napoli, e continua a ispirare meraviglia e ammirazione in coloro che la contemplano.
Inizialmente, i domenicani affidarono la commissione dell’opera a Cosimo Fanzago, un rinomato artista dell’epoca che si trovava già impegnato nella realizzazione di altre due opere simili: l’obelisco di San Gennaro, i cui lavori erano iniziati nel 1636, e la statua di San Gaetano, che era stata avviata nel 1657. Fanzago dedicò i suoi sforzi al progetto dell’obelisco di San Domenico dal 1656 al 1658, finché non venne sostituito, a causa della sua lenta progressione lavorativa, dall’architetto bergamasco Francesco Antonio Picchiatti. Picchiatti mantenne la direzione del cantiere fino al 1666 e apportò significative modifiche al progetto originale, le cui tracce sono riscontrabili solo nell’ornamentazione parziale della base in marmo e bardiglio.
Dopo una breve interruzione dei lavori, intorno al 1680 circa, sotto la guida di Lorenzo Vaccaro, allievo di Fanzago, che subentrò a Picchiatti, i lavori ripresero solo dopo quasi cinquant’anni, nel 1736, grazie all’intervento del figlio di Vaccaro, Domenico Antonio Vaccaro.
La guglia fu finalmente completata nel 1737, anche se ancora mancava la statua di San Domenico, la cui attribuzione rimane incerta. Infatti, l’opera venne collocata sulla sommità del monumento solo nel 1747, due anni dopo la morte dello scultore napoletano, che aveva però realizzato un bozzetto dell’opera.
Questo lungo e articolato processo di realizzazione dell’obelisco di San Domenico testimonia le sfide e le complessità che si presentarono lungo il cammino. Nonostante le varie interruzioni e i cambiamenti apportati al progetto nel corso del tempo, l’obelisco si erge oggi come un magnifico esempio dell’ingegno e della perseveranza degli artisti coinvolti nella sua creazione.
Il progetto originale di Fanzago prevedeva la creazione di una struttura piramidale composta da tre basamenti distinti. Il primo basamento, realizzato in piperno, fu l’unico elemento dell’opera a essere diretta opera dello stesso Fanzago. Gli elementi decorativi in marmo furono invece realizzati da Lorenzo Vaccaro e includono sirene, “giarre” agli angoli e festoni lungo i lati.
Quando il progetto passò nelle mani di Picchiatti, si iniziò a rivestire con marmo gli ordini superiori e si pianificò l’aggiunta di sculture. Tuttavia, queste modifiche furono effettivamente realizzate solo quando l’opera fu affidata a Domenico Antonio Vaccaro, figlio di Lorenzo. Fu lui a occuparsi non solo degli elementi decorativi mancanti, ma anche a posizionare le sculture che erano state realizzate da Fanzago durante il suo primo progetto nel corso del Seicento, ma che non erano mai state collocate sul monumento. Alcuni esempi di queste aggiunte includono gli stemmi della città di Napoli, dell’ordine dei domenicani, dei re di Spagna e dei viceré d’Aragona, che sono posizionati nel secondo ordine. Inoltre, i quattro putti posti agli angoli del basamento del terzo ordine e i busti dei quattro santi domenicani, ossia san Pio V, sant’Agnese, san Vincenzo Ferrer e santa Margherita, che si trovano nei quattro medaglioni sulle facciate del monumento nel terzo ordine.
Grazie all’intervento di Vaccaro, l’obelisco di San Domenico acquisì una ricca ornamentazione scultorea, arricchendo ulteriormente la sua bellezza e la sua maestosità. Le sculture e i dettagli marmorei si fondono armoniosamente con la struttura piramidale, creando un’opera d’arte unica nel suo genere che continua ad affascinare e ispirare coloro che la ammirano.
I domenicani in un primo momento affidarono la committenza dell’opera a Cosimo Fanzago, all’epoca impegnato anche nella conclusione di un altre due opere simili, l’obelisco di San Gennaro, iniziato nel 1636, e la statua di San Gaetano, iniziata nel 1657. Il Fanzago lavorò al progetto di San Domenico tra il 1656 e il 1658, fin quando non gli successe all’incarico, per motivi legati alla poca celerità dell’architetto bergamasco, Francesco Antonio Picchiatti, il quale mantenne il cantiere fino al 1666 modificando sensibilmente il progetto originario, di cui peraltro restano tracce parziali solamente nell’ornamentazione della base in marmo e bardiglio.

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