Lo sapevate? Il mistero della Chiesa del Gesù Nuovo

Vi invito a esplorare da vicino le magnifiche pietre in piperno che adornano la facciata della chiesa del Gesù Nuovo, poiché noterete dei misteriosi segni incisi su di esse. Andiamo a scoprirli.
Lo sapevate? Il mistero della Chiesa del Gesù Nuovo.
Vi invito a esplorare da vicino le magnifiche pietre in piperno che adornano la facciata della chiesa del Gesù Nuovo, poiché noterete dei misteriosi segni incisi su di esse. Andiamo a scoprirli.
Nel corso dei secoli, numerose teorie sono state avanzate per cercare di svelarne il significato. Ognuno conosceva una storia diversa, ma negli ultimi anni sembra che il velo di mistero sia stato finalmente sollevato. Ecco a voi la rivelazione!
La chiesa del Gesù Nuovo si posiziona tra i siti culturali più visitati, celebri e di grande importanza a Napoli. Situata proprio nel cuore del centro storico della città, nella piazza che porta il suo stesso nome, questa chiesa ha una storia affascinante. La sua costruzione ebbe inizio nel 1584 sull’antico palazzo Sanseverino, che fu confiscato insieme ai beni della nobile famiglia per volere di Filippo II. Il palazzo venne quindi venduto ai Gesuiti, i quali, tra il 1584 e il 1601, lo ristrutturarono profondamente. Purtroppo, molto poco rimase dell’impianto originario, inclusi i giardini che vennero completamente cancellati. Le uniche parti intatte furono il maestoso portale marmoreo rinascimentale e la facciata in bugne che lo incornicia. Quest’ultima, estremamente particolare, custodisce un segreto che è stato oggetto di speculazioni per anni.
Se vi avvicinerete, potrete notare i segni incisi sulla pietra della facciata. Per secoli, si è cercato di interpretare il loro significato, finché recentemente il mistero è stato finalmente svelato dall’esperto di Rinascimento napoletano, lo storico dell’arte Vincenzo De Pasquale. La sua scoperta ha suscitato grande interesse e curiosità negli appassionati di storia e arte, che finalmente possono comprendere il reale intento di questi enigmatici segni incisi.
Lasciatevi affascinare da questa incredibile rivelazione e immergetevi nella storia di Napoli attraverso questo prezioso dettaglio artistico. La facciata della chiesa del Gesù Nuovo si conferma ancora una volta come una testimonianza vivente del passato che custodisce segreti da svelare, offrendoci un viaggio indimenticabile nella storia e nell’arte della città partenopea.
Le bugne, pietre con una caratteristica sporgenza a forma piramidale, furono inizialmente utilizzate nell’area veneta e solo successivamente conosciute anche nel Meridione. Tuttavia, le bugne che adornano la facciata della Chiesa del Gesù Nuovo sono completamente differenti, in quanto su di esse sono state incise particolari e misteriosi segni, con una lunghezza di circa 10 centimetri, che sono stati oggetto di interpretazioni errate. Inizialmente, si pensava che questi segni contenessero oscuri messaggi trasmessi di generazione in generazione dai maestri pipernai.
La leggenda narra che gli operai incaricati di posizionare le pietre avessero commesso degli errori, facendo sì che le energie positive si trasformassero in energie negative. Se esaminiamo le pagine coinvolgenti la storia di questa chiesa, scopriamo che l’edificio non è stato costantemente protetto dalla divina provvidenza: dalla distruzione del palazzo all’incendio divampato nel 1639 e ai ripetuti crolli della cupola. Tuttavia, merita di essere menzionato un episodio miracoloso: durante la seconda guerra mondiale, una bomba cadde direttamente sul soffitto della navata, ma fortunatamente non esplose.
Nonostante sia stata afflitta da vari incidenti e avversità nel corso dei secoli, la Chiesa del Gesù Nuovo continua a rappresentare un simbolo di speranza e di protezione divina. Tali misteriosi segni incisi sulle bugne potrebbero nascondere ancora più segreti e avvincenti storie da scoprire. Questa chiesa, con la sua intrigante storia e gli eventi insoliti che l’hanno caratterizzata, cattura l’attenzione e l’immaginazione di coloro che si avvicinano, donando loro un motivo per esplorare ulteriormente la sua affascinante bellezza e il suo legame con il soprannaturale.
Tornando ai misteriosi segni incisi sulle bugne, grazie alla brillante ricerca condotta dallo studioso Vincenzo De Pasquale, finalmente è stata fatta luce su un affascinante enigma che ha sfidato i secoli: si tratta di lettere aramaiche. L’aramaico era la lingua parlata da Gesù stesso. Questi segni sono sette e ognuno di essi corrisponde a una nota musicale. Letti da destra a sinistra e dall’alto verso il basso, gli incisioni compongono una melodia che si estende per ben tre quarti d’ora. Sostenendo la tesi dello studioso, abbiamo il padre gesuita ungherese Csar Dors, esperto di aramaico, e il musicologo Lòrànt Réz. Proprio quest’ultimo ha avuto il privilegio di ricreare le note sulla facciata della Chiesa.
Immaginate quanto sarebbe straordinario poter ascoltare queste note in un concerto proprio all’interno delle maestose navate della Chiesa del Gesù Nuovo, in modo da restituire in tutto il suo splendore il messaggio di un mistero che rappresenta un vero e proprio tesoro per l’intera città. Sarebbe un’esperienza indimenticabile, un viaggio musicale attraverso il tempo che avvicinerebbe ancora di più il presente al passato, permettendo a tutti di apprezzare l’incredibile eredità di questa chiesa e la connessione profonda che esiste tra l’arte, la spiritualità e la musica.
Immaginatevi seduti in uno dei meravigliosi banchi in legno della Chiesa del Gesù Nuovo, accarezzati dalle maestose architetture e avvolti dalla sacralità dell’atmosfera, mentre le note fluiranno nell’aria, portandovi in un viaggio di emozioni e riflessioni. Questo concerto sarebbe un tributo alla storia e alla cultura che si celano dietro a quei segni incisi sulle bugne, una celebrazione di una rivelazione che finalmente si svela attraverso la musica.
Sogno o realtà, questa meravigliosa suggestione ci fa riflettere sul potere dell’arte e della musica nel connetterci con il passato e nel trasmetterci emozioni profonde. Nonostante sia un vero peccato che questa melodia rimanga solo un sogno per ora, la Chiesa del Gesù Nuovo rimarrà sempre un luogo di meraviglia e interesse, catturando l’immaginazione di coloro che si avvicinano e rivelando, in modo poetico, la sua straordinaria storia che continua ad affascinarci.

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Lo sapevate? Massimo Troisi e Pino Daniele erano grandi amici e collaborarono artisticamente

Il grande attore di San Giorgio a Cremano fu legato da un forte rapporto d'amicizia al cantautore partenopeo Pino Daniele. Troisi scrisse per lui anche alcuni testi. I due, vere e proprie icone napoletane, tuttora molto rimpianti dai napoletani, erano legati da una grande amicizia. Un rapporto genuino e fraterno, sfociato in produzioni artistiche di grande sensibilità. I due furono uniti persino nella malattia.
Lo sapevate? Massimo Troisi e Pino Daniele erano grandi amici e collaborarono artisticamente.
Il grande attore di San Giorgio a Cremano fu legato da un forte rapporto d’amicizia al cantautore partenopeo Pino Daniele. Troisi scrisse per lui anche alcuni testi.
I due, vere e proprie icone napoletane, tuttora molto rimpianti dai napoletani, erano legati da una grande amicizia. Un rapporto genuino e fraterno, sfociato in produzioni artistiche di grande sensibilità.
I due furono uniti persino nella malattia.
Massimo Troisi morì infatti a Roma nel sonno nella notte del 4 giugno 1994, aveva appena 41 anni. Massimo da bambino aveva sofferto di febbri reumatiche e questo fattore ne aveva danneggiato la valvola mitralica a cui negli anni si era unito uno scompenso cardiaco. Una malattia simile a quella del suo grande amico con il quale ha condiviso lo stesso destino. I due tra l’altro scherzavano molto sul loro problema di salute tanto da metterlo in musica nel brano O ssaje comme fa ‘o core (musica di Pino e testo di Massimo). Il brano è presente nell’album di Pino Daniele del 1991 Sotto o’Sole, colonna sonora del film di Troisi Pensavo fosse amore… invece era un calesse.
L’altro è Saglie Saglie, un pezzo pubblicato per la prima volta da Daniele nel suo album di debutto del 1977, Terra mia. In questa nuova versione Massimo presta addirittura la sua voce al cantautore, facendogli da controcanto in una parte del ritornello.
C’è un altro brano di Pino Daniele cui è legato in modo indissolubile Massimo Troisi: Quando. La splendida ballata malinconica del cantautore, una delle sue canzoni più famose, oltre ad essere scelta come canzone principale del film Pensavo fosse amore… invece era un calesse, fu approvata da Troisi, che aiutò anche Pino a correggere un paio di frasi che secondo lui non suonavano bene.
L’estratto dal documentario di Anna Praderio su Massimo Troisi che mostra l’attore e regista di San Giorgio a Cremano assorto all’ascolto di Pino Daniele e della sua intima interpretazione di Quando per sola voce e chitarra, quando ancora in fase di gestazione, si può trovare sul Web.
Il filmato si divide in due parti. Nella prima Troisi rimane estasiato all’ascolto della canzone, nella seconda, rivolgendo un orecchio più attento alla composizione del cantautore, l’attore suggerisce alcuni cambiamenti che, in un secondo momento, si sarebbero rivelati cruciali per il successo commerciale della traccia.
I due artisti simbolo del rinascimento culturale giovanile napoletano degli anni Settanata e Ottanta si conobbero durante una tramissione televisiva, Non stop, che andò in onda per la prima volta su Rai 1 il 27 ottobre del 1977. Si trattò di un periodo storico molto importante per il panorama socioculturale italiano. I due da subito ebbero un feeling che andava ben oltre la collaborazione professionale.

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