Lo sapevate? Nel XVII secolo i napoletani usarono i rimedi più strani pur di guarire dalla peste

Che cosa accadde a Napoli nel 1656 quando arrivò la terribile epidemia di peste che decimò la popolazione? Il contagio creò il panico tra gli abitanti e le credenze portarono a scelte e decisioni spesso assurde.
Lo sapevate? Nel XVII secolo i napoletani usarono i rimedi più strani pur di guarire dalla peste.
Che cosa accadde a Napoli nel 1656 quando arrivò la terribile epidemia di peste che decimò la popolazione? Il contagio creò il panico tra gli abitanti e le credenze portarono a scelte e decisioni spesso assurde.
Parliamo della Napoli del XVII secolo, con una popolazione di quattrocentomila di cui nobili sempre più ricchi e povera gente sotto il giogo di una Spagna che viveva il suo secolo d’oro a discapito delle province, una Controriforma cattolica sempre più asfissiante e l’ulteriore emergenza economica che sfociò nella rivolta popolare di Masaniello nel 1647 e la terribile peste del 1656. la malattia decimò letteralmente la popolazione e le prime avvisaglie degli effetti devastanti del morbo si leggono nel diario dei Cerimonieri della cattedrale. La peste arrivò in città a causa di alcune navi dalla Sardegna che trasportavano topi infetti. Quello che precipitò gli eventi fu l’affollatissima processione in onore di San Gennaro, tenutasi il primo sabato di maggio. Da quel momento in poi, i napoletani cominciarono a morire a centinaia.
Sembra che durante la terribile epidemia di peste che colpì Napoli nel 1656, gli astrologi e gli indovini di quell’epoca fossero allarmati e decisamente creativi nel trovare possibili spiegazioni, a volte anche piuttosto bizzarre. Ad esempio, era colpa della cometa che era apparsa così pallida e sarebbe stata portatrice di morte oppure di Saturno entrante nel Cancro che segnalava sventura, senza dimenticare l’eclisse di luna del 1654 che era stata interpretata come una profezia della fine del mondo!
Ma anche il diario dei Cerimonieri della cattedrale ci riserva delle spiegazioni interessanti, come i pezzi di baccalà marciti messi in vendita, strane polveri immesse da probabili satanisti nelle acquasantiere, oppure l’inevitabile castigo di Dio per la rivolta di Masaniello avvenuta qualche anno prima.
Insomma, sembra che ognuno avesse la sua teoria più o meno fantasiosa sulle origini della peste. E naturalmente, come spesso accade in situazioni di crisi, iniziò anche la “caccia al diverso”, con il sospetto di untori nascosti tra la gente, che si credevano fossero stranieri al soldo dei francesi. Tutto sommato, era un momento molto difficile e l’ansia di trovare una spiegazione al dramma che stava avvenendo a Napoli, sembrava aver fatto correre la fantasia e anche trasformare gli sospetti in realtà.
Sembrava che chiunque avesse la polvere sull’abito potesse essere additato ed essere rischiare di essere linciato. Un macabro episodio accadde quando una donna in abiti stranieri, sospettata di aver sparso polveri velenose, fu uccisa e fatta a pezzi dalla folla inferocita. La violenza si diffuse anche ad altri responsabili di presunti untori. Comunque, la caccia finì e anche la possibilità di contagio diminuì.
Nel frattempo, la peste continuò a diffondersi, con migliaia di morti al giorno. Non c’era distinzione tra uomini, donne, bambini e vecchi, tutti erano colpiti dalla malattia. I sintomi spesso includevano mal di testa, vomito, febbre violenta e altri sintomi terribili. Alla fine, la peste era spaventosa e impetuosa, e non risparmiava nessuno.
il popolo sbalordito tentava di difendersi con ogni sorta di rimedi, dal portare con sé raccolta di amuleti e immagini sacre, alla costruzione di un romitorio per la suora santa Orsola Benincasa, passando per l’accensione di torce di pece e l’utilizzo di liquidi santi! C’era anche la credenza che piante preziose come diamanti e zaffiri avessero poteri taumaturgici.
Ma purtroppo, queste misure si rivelavano inefficaci e la mortalità era enorme, con circa la metà della popolazione a rischio. Era difficile sfuggire alla malattia, soprattutto perché i parenti stringevano al caro appestato per consolarlo, anche dopo la morte.
Ma alla fine, il conte di Castrillo prese decisioni drastiche per fermare la diffusione della peste: chiunque avesse avuto un parente malato era incarcerato in casa, le scorte di baccalà e di pesce salato venivano bruciate, gli animali immondi erano uccisi e si faceva attenzione alla pulizia di tutti gli oggetti che avevano toccato o utilizzato l’ammalato. Era un momento difficile, ma la gente faceva il possibile per salvarsi.
Coloro che trasportavano gli infermi nei lazzaretti dovevano necessariamente dormire fuori Porta Capuana e quando rientravano in città dovevano portare un campanello legato alla gamba; infine fu impedito a medici e barbieri di lasciare la città, obbligando i dottori più famosi a visitare gli ammalati e a procedere all’autopsia dei cadaveri.
La peste non risparmiò nessuno, nemmeno le autorità civili ed ecclesiastiche o gli aristocratici che erano soliti rallentare nei loro splendidi palazzi o tenute. Dopo pochi giorni dall’apparizione dei primi sintomi morirono molte personalità, tra cui il ministro dell’Inquisizione, i capitani delle milizie e anche la viceregina.
Solo l’arcivescovo Ascanio Filomarino riuscì a salvarsi. Decise di rifugiarsi nella certosa di San Martino dove la peste non arrivò mai. La Chiesa napoletana iniziò a essere sempre meno presente per gli appestati e per il seppellimento dei corpi, e si dovette ricorrere a schiavi e forzati delle galere per occuparsene. Quando anche loro contrassero la malattia, le strade si svuotarono e i sopravvissuti si rifugiarono in casa. Le carcasse furono quindi bruciate in massa o gettate in mare.
Solo un temporale fortissimo alla fine di agosto riuscì a eliminare il flagello della peste. Anni dopo, Napoli tornò a vivere, con una grandissima voglia e un graduale ripristino della vita cittadina. Riaprirono i teatri, rinverdirono i balli in piazza e si rinovarono le feste religiose. Come la stessa città, che era la città della vita, dopo aver sopportato la morte per troppo tempo, tornò finalmente a essere se stessa.

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