La curiosa storia di Mastuggiorgio. Ecco l’origine di questo nome, usato ancora oggi

Un appellativo utilizzato ancora oggi a Napoli, ma chi sa chi era Mastro Giorgio? Soprattutto i più anziani lo usano: chiamare qualcuno “mastuggiorgio” è tuttavia ancora diffuso, eppure pochissimi sanno da dove deriva questo modo di dire. Una storia curiosa che ha a che fare con la pazzia…
La curiosa storia di Mastuggiorgio. Ecco l’origine di questo nome, usato ancora oggi.
Un appellativo utilizzato ancora oggi a Napoli, ma chi sa chi era Mastro Giorgio? Soprattutto i più anziani lo usano: chiamare qualcuno “mastuggiorgio” è tuttavia ancora diffuso, eppure pochissimi sanno da dove deriva questo modo di dire. Una storia curiosa che ha a che fare con la pazzia…
Quanti di noi lo sentiamo dire di una persona che sia saccente e presuntuosa, ma chi conosce il vero significato di questo modo di dire? E poi, da dove proviene? La lingua napoletana è davvero ricca di questi termini che in un certo qual modo affascinano per via di un loro sapore antico e un po’ misterioso. Proviamo a fare un po’ di chiarezza: ‘O Mastuggiorgio era un infermiere di manicomio (“‘e Pazzarie”), generalmente di corporatura forte e robusta, che aveva il compito di sorvegliare i pazzi affinché non facessero del male a sé stessi ed ad altri. Egli collaborava a stretto contatto con lo psichiatra, intervenendo se necessario e bloccando il malato infilandogli la camicia di forza. Resta ancora da capire da dove derivi il termine, mastuggiorgio. Le teorie sono diverse. La prima vede l’origine della parola dal termine greco mastigophòros, “portatore di frusta”, cioè colui che usava la frusta per placare gli animi delle persone più agitate. Mentre la seconda, meno dotta ma più accreditata, vede la sua derivazione da Mastro Giorgio Cattaneo, un castigamatti vissuto nel Seicento che credeva di curare le malattie nervose con le percosse e picchiando violentemente i malati con un bastone. I “castigamatti” o “fustigatori” erano gli psichiatri e gli infermieri dell‘ospedale degli Incurabili e il nome lascia capire la violenza fisica con cui erano trattati, ricoverati e curati i malati di mente.
Il termine di “Mastuggiorgio” compare anche in letteratura. Salvatore di Giacomo, nella sua poesia “Si è Rosa ca mme vò”, si ispira al forzuto infermiere: “Nzerrateme, nzerrateme addò stanno, tant’ate, comm’a me, gurdate e nchiuse, addò passano ‘a vita, sbarianno, pazze cuiete e pazze furiuse. Nchiuditeme pè sempe ‘int’a sti mmura, è o mastuggiorgio mettiteme allato.”
E ancora Raffaele Viviani in ” ‘O guappo nnammurato”, dove sminuito e umiliato dagli spietati maltrattamenti da parte della donna di cui è perdutamente innamorato, dice di essersi ridotto allo zimbello del paese, ad una specie di “mastuggiorgio”, ossia un infermiere di manicomio.
La figura del “castigamatti” colpì molto l’immaginazione popolare, infatti nell’idioma, nel costume e nella letteratura partenopei sono rimaste impronte fino ad oggi. In Napoletano si usa ancor oggi dare il nome di Mastogiorgio a coloro che si occupano della cura e della custodia dei pazzi, e per estensione il soprannome viene affibbiato a chi ha un atteggiamento autoritario. Si dice inoltre che “l’aspetta Mastogiorgio“ delle persone che dimostrano chiari segni di follia. In conclusione, il termine ha dunque una doppia valenza: può definire un uomo intraprendente e determinato, capace di prendere le redini di una situazione difficile, ma che può essere anche violento e pronto ad ottenere ciò che vuole ad ogni costo.

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