Pastiera napoletana: si dice l’abbia inventata la Sirena Partenope

Un dolce buonissimo dalle origini antiche. Dove e quando è nata la pastiera? Molteplici le leggende a riguardo. Una di queste, la più fantasiosa forse, la vuole creata dalla Sirena Partenope. Altre voci si aggiungono a questa, forse più veritiere. E qui spunta un convento, quello di San Gregorio Armeno.
Pastiera napoletana: si dice l’abbia inventata la Sirena Partenope.
Un dolce buonissimo dalle origini antiche. Dove e quando è nata la pastiera? Molteplici le leggende a riguardo. Una di queste, la più fantasiosa forse, la vuole creata dalla Sirena Partenope. Altre voci si aggiungono a questa, forse più veritiere. E qui spunta un convento, quello di San Gregorio Armeno.
Non può e non deve mancare sulle tavole dei napoletani uno dei dolci più buoni e diffusi e famosi della tradizione culinaria legata alla Pasqua: la pastiera napoletana. Ma come nasce questo dolce e questa tradizione unica? La ricchezza degli ingredienti e la complessità dei gusti sembrano richiamare la cucina di corte. Ma l’incredibile affonda le sue radici nel mito. E dobbiamo fare un grosso salto indietro, fino all’epoca romana o forse addirittura greca. Quando, secondo la leggenda, la sirena Partenope aveva scelto come dimora il Golfo di Napoli, da dove si spandeva la sua voce melodiosa e dolcissima. Per ringraziarla si celebrava un misterioso culto, durante il quale la popolazione portava alla sirena sette doni: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, che richiamano la fertilità; il grano cotto nel latte, a simboleggiare la fusione di regno animale e vegetale; i fiori d’arancio (o di altri agrumi, visto che la diffusione delle arance in quell’epoca era molto limitato in Europa: fatto, tra l’altro, che suscita non pochi dubbi sulla reale fondatezza storica della leggenda…), profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli; e lo zucchero, per celebrare la dolcezza del canto della sirena. Partenope gradì i doni, ma li mescolò creando questo dolce unico. Solo una leggenda, certo.
Quello che tuttavia è sicuro è che, per celebrare il ritorno della primavera, le sacerdotesse di Cerere portassero in processione l’uovo, simbolo della vita nascente poi diventato “rinascita” e Resurrezione con il cristianesimo. Altra spiegazione: il grano o il farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe derivare invece dal pane di farro delle nozze romane, dette per questo “confarreatio”. Un’altra ipotesi fa invece risalire la pastiera alle focacce rituali dell’epoca di Costantino, derivati dall’offerta di latte e miele che i catecumeni ricevevano durante il battesimo nella notte di Pasqua. Antenate piuttosto lontane e incerte, però, del dolce che noi tutti conosciamo. La pastiera dunque, con ogni probabilità, nacque molto più tardi: nel XVI secolo. Dove? Ma in un convento, certo, come la maggior parte dei dolci napoletani. Probabilmente, ancora un a volta, quello di San Gregorio Armeno: un’ignota suora volle preparare un dolce in grado di associare il simbolismo cristianizzato di ingredienti come le uova, la ricotta e il grano, associandovi le spezie provenienti dall’Asia e il profumo dei fiori d’arancio del giardino conventuale.
Quel che è certo è che le suore del convento di San Gregorio Armeno erano delle vere maestre nella preparazione delle pastiere, che poi regalavano alle famiglie aristocratiche della città. Affascina il racconto che ne fa la scrittrice e gastronoma Loredana Limone: “Quando i servitori andavano a ritirarle per conto dei loro padroni, dalla porta del convento che una monaca odorosa di millefiori apriva con circospezione, fuoriusciva una scia di profumo che s’insinuava nei vicoli intorno e, spandendosi nei bassi, dava consolazione alla povera gente per la quale quell’aroma paradisiaco era la testimonianza della presenza del Signore”. Si narra pure che perfino l’austera regina Maria Teresa D’Austria, “la Regina che non ride mai”, moglie del goloso “re bomba” Ferdinando II di Borbone, si fosse lasciata sfuggire un sorriso dopo un morso alla beneamata pastiera. Famoso il commento di Ferdinando: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”. E noi tutti sorridiamo, ogni Pasqua, ad ogni boccone della buonissima Pastiera.

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