I dolci di Natale, una tradizione antica che nasce tra le mura dei conventi
Pastiere, sfogliatelle, mostaccioli, rococò, struffoli. Forse non tutti sanno che questi dolci hanno una storia lunga, anzi lunghissima, che nasce tra le mura silenziose dei conventi delle suore napoletane, e che vanta radici ancor più antiche nel tempo. Ecco un assaggio di questa storia.
I dolci di Natale, una tradizione antica che nasce tra le mura dei conventi.
Pastiere, sfogliatelle, mostaccioli, rococò, struffoli. Forse non tutti sanno che questi dolci hanno una storia lunga, anzi lunghissima, che nasce tra le mura silenziose dei conventi delle suore napoletane, e che vanta radici ancor più antiche nel tempo. Ecco un assaggio di questa storia.
Con il Natale alle porte, le strade romanticamente illuminate e gli alberi natalizi che ricchi di luci fanno capolino dalle grandi finestre dei palazzi storici di città, ci si inizia a preparare a quello che è uno dei momenti più appetitosi delle festività: quello che si trascorre tra cene e pranzi in famiglia e con gli amici. A Napoli il Natale è una cosa molto seria: basti pensare all’infinità di tradizioni e usanze a esso legate. L’arte presepiale ad esempio, con una strada interamente dedicata nel centro storico, la famosissima via San Gregorio Armeno. Tra i vari riti, il cibo la fa da padrone, con un menù di primi, secondi e contorni ricco e una folta compagine di dolci fortemente aromatizzati, nasprati, mielosi, cioccolatosi. Parliamo di questi: innanzitutto della loro origine, molto particolare perché si dà il caso che un nutrito numero di ordini monastici, abbiano per primi soddisfatto la gola degli aristocratici napoletani con la produzione e la vendita dei dolci.
A Napoli le suore avevano l’odore della pastiera, delle sfogliatelle, del cioccolato: a metà tra l’alchimia, il sacro ed il profano, di sicuro l’abilità in pasticceria le ha rese le consorelle più apprezzate d’Italia. Alcuni di questi dolci sono stati inevitabilmente dei prestiti storici dalle precedenti omologhe sacerdotesse pagane, che elaboravano dolci per celebrare quasi le stesse ricorrenze che una volta erano dedicate alle varie divinità: per citare esempi che esulano dal periodo – vedi sfogliatella, pastiera e migliaccio – notiamo che si rincorrono elementi sempre uguali, come il semolino, la ricotta, l’essenza di fiori d’arancio. Non ci vuole un antropologo per rintracciare i fasti tributati alla fertilità, tramutati poi in chiave cristiana. Per quanto riguarda il Natale vero e proprio, troviamo una commistione particolare tra pasticceria napoletana e pasticceria siciliana: il Regno delle Due Sicilie, insomma.
Le ricette passavano, di convento in convento, in quanto le badesse delle strutture provenivano quasi sempre da famiglie aristocratiche, ricche, agiate, immischiate nella politica e quindi il dolce diventava un “messaggio”, una corruzione ed un patrimonio a tutti gli effetti. Anche nei dolci natalizi vediamo un rincorrersi di ingredienti: mandorle in primis, “cucuzzata”(zucca candita), glassa di zucchero a go-go, naspro di cioccolato fuso, miele, confetti di zucchero. Abbondanza chiama abbondanza, dopotutto. Un ingrediente che troverete di continuo nei dolci di Natale napoletani è il pisto, un mix di spezie che comprende cannella, chiodi di garofano, pepe, noce moscata, anice stellato, semi di coriandolo. Alcuni preparano il pisto con questi e più ingredienti, oppure “acconciandolo” secondo i gusti di clienti e familiari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA