Lo sapevate? Anche Napoli prima aveva il suo bel fiume cittadino

Anche Napoli aveva il suo bel fiume cittadino. I più anziani ricordano ancora qualcosa. Ma che fine ha fatto questo misterioso corso d'acqua che sfociava nel golfo?
Lo sapevate? Anche Napoli prima aveva il suo bel fiume cittadino.
Anche Napoli aveva il suo bel fiume cittadino. I più anziani ricordano ancora qualcosa. Ma che fine ha fatto questo misterioso corso d’acqua che sfociava nel golfo?
Nel 2018, com riporta un vecchio articolo de Il Mattino, aveva destato scalpore la scoperta di alcune sorgenti d’acqua all’interno dell’ex macello comunale di Poggioreale. Sorgenti di acqua limpidissima che da anni zampillavano dal sottosuolo e avevano trasformato la zona in una mini palude. I residenti del quartiere non hanno avuto dubbi sull’origine delle sorgenti: si tratta delle acque dell’antico e misterioso fiume Sebeto che si stanno ribellando all’interramento e stanno emergendo in superficie. Inizialmente la notizia aveva destato scetticismo e ilarità ma poi i tecnici di Abc, supportati dal presidente della Commissione Ambiente Carmine Meloro, avevano effettuato un sopralluogo nel vecchio macello comunale, scoperchiando i tombini di ispezione ed effettuando alcun sondaggi nel sottosuolo. Ad una prima analisi l’acqua che sgorga con veemenza dal sottosuolo è acqua pura.
Il Sebeto si era riaffacciato in città gridando forte il suo desiderio di libertà dall’imprigionamento a cui è costretto da secoli.
Secondo i testi greci e romani la seconda diramazione del fiume mitologico – la prima sfociava nell’attuale area di piazza Municipio, dove era situato l’antico porto della città – scorreva proprio in direzione dell’attuale Napoli est. Le cantine e i piani interrati del Centro Direzionale – ma anche degli edifici del quartiere Poggioreale – ricevono spesso la “visita” delle acque sotterranee che allagano tutto per poche ore salvo poi riscomparire nella loro misteriosa casa sotterranea.
Il fiume Sebeto scorre nel sottosuolo della città.
Il fiume era molto noto e alla fine dell’Ottocento sulle sue sponde erano presenti i lidi per i bagnanti, così come nei primi anni del Novecento veniva raffigurato sulle cartoline postali ed era anche frequentato dalla camorra che faceva pagare il pizzo anche per consentire il semplice abbeveraggio dei cavalli. Gli abitanti più anziani dei quartieri orientali della città ne conservano ancora oggi il ricordo.
Sebéto era il nome del fiume che bagnava l’antica Neapolis. Il suo antico nome greco, tramandatoci sul verso di alcune monete coniate fra il V secolo a.C. e il IV secolo a.C., era Sepeithos, traducibile come “andar con impeto”, probabile riferimento al corso irruente del fiume.
La storia o, meglio, la leggenda di questo fiume, si perde nella notte dei tempi. Sappiamo dalle cronache di molti antichi viaggiatori che la greca Neapolis era divisa da Partenope (detta anche “Palepolis”) da un fiume, per alcuni navigabile, “fra lo monte S. Erasmo e lo monte di Patruscolo”. Vi era, quindi, sull’area su cui insiste l’attuale piazza Municipio, la foce di un fiume. Tra le varie cronache che lo citano vi sono quelle che parlano dell’assedio romano alla città quando Publilio Filone accampò il suo esercito fra Neapolis e Partenope proprio alla foce del Sebeto.
In largo Sermoneta, a Napoli, si erge la seicentesca fontana monumentale del Sebeto, opera di Cosimo Fanzago, in cui il corso d’acqua è raffigurato secondo la classica iconografia delle divinità fluviali.
Il Sebeto nasceva dalle sorgenti della Bolla, situate alle falde del Monte Somma. Durante il suo percorso attraverso gli attuali comuni di Casalnuovo, Casoria e Volla, il fiume si arricchiva di acque piovane. Prima di terminare il suo corso e sfociare nel golfo di Napoli si divideva in due rami: uno di essi finiva in un punto imprecisato sotto la collina di Pizzofalcone, tra le attuali piazza Borsa e piazza Municipio; l’altro sfociava in mare in una zona più a oriente, verso l’attuale Ponte della Maddalena. Le più antiche testimonianze storiche sembrano identificare il Sebeto solo nel primo ramo che sfociava presso l’originario insediamento greco (la presenza di un insediamento umano corrobora la tesi che vuole la presenza in quell’area di un corso d’acqua). In seguito allo sviluppo urbanistico della città – e dunque all’interramento del primo ramo del corso d’acqua – il nome Sebeto sarebbe stato utilizzato esclusivamente per riferirsi al corso d’acqua che sfociava nell’area orientale.
Verso la fine del Medioevo, il corso del fiume cominciava già ad essere seriamente ridimensionato a causa dello sviluppo urbanistico della città.
Nel XX secolo, il rapido sviluppo dei quartieri orientali della città di Napoli cancellò quasi ogni traccia del mitico corso d’acqua.
Le trasformazioni urbane che hanno caratterizzato il territorio hanno prima ridimensionato e, in seguito sepolto il corso del fiume. È visibile in via Lufrano a Casoria e nella zona orientale della città, precisamente prima di arrivare al Ponte della Maddalena, in via Francesco Sponsilli appena si svolta da via Ferraris. È un tratto di una ventina di metri situato sotto un ponte della autostrada. È probabile che l’antico Sebeto altro non fosse che il torrente conosciuto come Arenaccia il cui corso è completamente interrato.
Al Sebeto vengono attribuiti numerosi problemi di natura geologica che affliggono quelle opere pubbliche della città che, costruite nei pressi del corso sotterraneo del fiume, sono soggette a periodici fenomeni di infiltrazione.

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