10 mila persone a Cagliari per dire no alla legge di bilancio del governo Meloni
Durante la giornata dello sciopero generale indetto da CGIL e UIL, l'intero Paese ha visto un fermo significativo in diversi settori chiave: fabbriche, scuole, trasporti e uffici hanno sospeso le attività. Migliaia di persone, tra lavoratori e lavoratrici, giovani, pensionati e pensionate, si sono riversate nelle piazze delle principali città italiane per manifestare il loro dissenso verso le attuali politiche del governo.
10 mila persone a Cagliari per dire no alla legge di bilancio del governo Meloni.
Durante la giornata dello sciopero generale indetto da CGIL e UIL, l’intero Paese ha visto un fermo significativo in diversi settori chiave: fabbriche, scuole, trasporti e uffici hanno sospeso le attività. Migliaia di persone, tra lavoratori e lavoratrici, giovani, pensionati e pensionate, si sono riversate nelle piazze delle principali città italiane per manifestare il loro dissenso verso le attuali politiche del governo.
Secondo le stime degli organizzatori, l’adesione ha raggiunto quota diecimila partecipanti, mentre la Questura ha fornito una valutazione più contenuta, parlando di circa cinquemila presenze. Nonostante le differenze nei numeri, l’impatto dello sciopero è stato evidente, con cortei e presidi che hanno animato le strade in segno di protesta.
Il motivo della mobilitazione risiede nella critica alle scelte politiche che, a detta dei manifestanti, non affrontano con sufficiente determinazione le priorità del Paese. Le richieste avanzate ruotano intorno a temi cruciali come il diritto al lavoro, il potenziamento della sanità pubblica, la revisione del sistema pensionistico e il rilancio dello sviluppo industriale.
Per i sindacati, queste problematiche richiedono interventi urgenti e strutturali per garantire un futuro sostenibile e inclusivo per tutte le generazioni. “Non si può parlare di progresso se i lavoratori sono lasciati indietro,” hanno dichiarato i leader sindacali, sottolineando che l’assenza di investimenti concreti in questi settori rischia di compromettere non solo il benessere dei cittadini ma anche la competitività del Paese a livello internazionale.
La giornata di protesta si è conclusa con accorati interventi dal palco, dove i rappresentanti sindacali hanno ribadito l’importanza di un confronto serio e costruttivo con le istituzioni, invitando il governo ad ascoltare la voce di chi ogni giorno affronta le difficoltà di un sistema che appare sempre più distante dalle reali esigenze della popolazione.
I tagli alla sanità pubblica, l’irrisorio incremento di soli tre euro alle pensioni minime e l’assenza di politiche concrete per il lavoro e l’industria rappresentano una grave mancanza di attenzione verso i cittadini. Questo è quanto denunciano Fausto Durante e Francesca Ticca, rispettivamente alla guida della Cgil e della Uil in Sardegna.
I due sindacalisti non esitano a definire questa situazione come un vero e proprio schiaffo alla dignità delle persone, soprattutto in un momento storico in cui le fragilità economiche e sociali richiederebbero risposte rapide e incisive. «Le risorse pubbliche», spiegano, «non solo vengono gestite in modo inefficiente, ma finiscono per essere dirottate su progetti discutibili come il ponte sullo Stretto o sull’aumento delle spese militari, lasciando completamente scoperte esigenze fondamentali». Tra queste, sottolineano, manca ancora una tassazione adeguata degli extra-profitti, una misura già adottata con successo da altri Paesi europei per contrastare le disuguaglianze e rafforzare i bilanci statali.
Durante e Ticca puntano il dito contro una politica che, secondo loro, si dimostra sempre più distante dalla realtà vissuta da lavoratori, pensionati e famiglie. «È inaccettabile», proseguono, «che non si investa in settori essenziali come la sanità, dove i cittadini continuano a subire liste d’attesa interminabili e carenze di personale, o nelle politiche industriali e occupazionali, fondamentali per garantire un futuro dignitoso alle prossime generazioni».
I leader sindacali concludono con un appello forte e chiaro: è necessario rivedere le priorità di spesa, puntando su interventi che rispondano ai bisogni reali della popolazione. Solo così si potrà ristabilire la fiducia tra cittadini e istituzioni, ormai gravemente compromessa da scelte percepite come miopi e ingiuste.
La mobilitazione in Sardegna si distingue per l’inclusione di istanze specifiche, che riflettono le difficoltà strutturali peculiari dell’Isola. Tra queste spicca l’annosa questione della continuità territoriale, ancora oggi inadeguata a garantire collegamenti efficienti e accessibili con il resto del Paese. Questo deficit infrastrutturale penalizza fortemente la mobilità di persone e merci, isolando ulteriormente la Sardegna dal contesto nazionale ed europeo. A ciò si aggiungono i costi proibitivi dell’energia, che rappresentano un freno significativo per lo sviluppo industriale e la competitività economica dell’Isola. L’insularità, con il suo carico di svantaggi logistici e strutturali, amplifica il divario con le altre regioni italiane, contribuendo a una disparità sempre più marcata. Questa condizione di isolamento fisico ed economico rende le rivendicazioni sarde ancora più urgenti, evidenziando la necessità di politiche mirate che possano affrontare e superare le sfide uniche di un territorio straordinario, ma troppo spesso dimenticato.
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