Lo sapevate? Perché l’asino in Sardegna è così apprezzato, tanto da essere considerato quasi un simbolo?
Sfatando molti luoghi comuni, diffusi soprattutto nel resto della penisola, i sardi hanno sempre mostrato grande ammirazione per gli asinelli, talvolta identificandosi con questi animali. Andiamo a scoprire perché.
Lo sapevate? Perché l’asino in Sardegna è così apprezzato, tanto da essere considerato quasi un simbolo?
Sfatando molti luoghi comuni, diffusi soprattutto nel resto della penisola, i sardi hanno sempre mostrato grande ammirazione per gli asinelli, talvolta identificandosi con questi animali. Andiamo a scoprire perché.
Le tradizioni agro-pastorali sarde affondano le loro radici in epoche antiche. Sebbene negli ultimi decenni molti processi siano stati automatizzati e modernizzati, l’impiego degli animali per svolgere alcune delle attività più faticose rimane una pratica viva. Questo riflette l’importanza profonda degli animali nella vita lavorativa e sociale dei sardi, un legame che trae forza proprio dalle radici storiche e culturali della regione.
L’asinello, specialmente quello sardo, è diventato un simbolo significativo che riflette, in alcuni casi, anche il carattere di molte persone nate in Sardegna. In questo animale si riconoscono forza e pazienza, qualità lontane dall’idea di stupidità che, per secoli, è stata erroneamente attribuita agli asini.
A dispetto di ciò che raccontano leggende e stereotipi, l’asino non è né testardo, né pigro, né stupido. Al contrario, è un animale paziente, dal temperamento tranquillo e riflessivo. È mite e socievole, apprezza la compagnia di altri asini e interagisce volentieri con altri animali come pecore, pony, mucche, capre, oche, galline e cani.
Da qui anche il detto sardo “A su molenti sardu du frigasa una borta scetti”: all’asinello sardo (in realtà lo si dice per le persone), lo imbrogli una sola volta. Il detto sardo di oggi va di pari passo con la proverbiale testardaggine dei Sardi (anche se in realtà come abbiamo visto l’asino non è testardo). Il sardo, nonostante sia testardo come un mulo, lo freghi una volta sola. In sostanza il sardo, persona cocciuta ma generosa (e che sa dove arrivano giustizia e uguaglianza) non può essere fregato, quindi imbrogliato e preso in giro, più di una volta. Il tutto, errori compresi, naturalmente con un’accezione positiva.
Avvicinarsi a un asino è tanto più facile quanto più si è pazienti, costanti e tranquilli. Per guadagnarne la fiducia e consentire che si lasci pulire e curare senza timore, è importante dedicargli tempo e attenzione. Parlare con un tono di voce pacato, accarezzarlo delicatamente sul garrese e massaggiargli le orecchie sono gesti che lo aiuteranno a sentirsi sereno e a instaurare un legame di fiducia.
Per secoli, l’asino è stato un compagno instancabile dell’uomo, aiutandolo nel lavoro quotidiano. Ha trasportato carichi pesanti e affrontato sentieri difficili, grazie alla sua memoria straordinaria, che gli permette di ricordare i percorsi abituali. Ha offerto il suo latte come alimento e, purtroppo, è stato anche sfruttato per la sua carne e pelle. Con l’avvento delle macchine agricole, però, l’asino ha progressivamente perso il suo ruolo di lavoratore instancabile e fedele animale da sella, diventando sempre più raro e minacciato nella sua stessa sopravvivenza.
Negli ultimi anni, il valore di questo animale è stato riscoperto e ha trovato un nuovo ruolo in diversi ambiti: dalle fattorie didattiche per i più piccoli ai centri specializzati in onoterapia, una terapia di supporto per persone con disabilità o in situazioni di difficoltà. Oggi è apprezzato anche come animale “da compagnia,” in alternativa al cavallo, ritrovando così una nuova identità e una funzione importante nella vita di molte persone.
Un’idea molto comune è quella dell’asino che scalcia per istinto o senza ragione. In realtà, si tratta di un comportamento difensivo che l’animale adotta solo quando si sente minacciato, a disagio o infastidito. L’asino, infatti, non dà calci senza un motivo preciso. Prima di arrivare a scalciare, segnala il suo disagio con piccoli movimenti: scuote la coda, batte le zampe a terra e, se il disturbo persiste, potrebbe sfoderare un calcio, anche se generalmente preferisce allontanarsi. I calci diretti verso le persone sono più probabili se l’asino è legato a un anello tramite la cavezza, limitando la sua possibilità di fuga. Quando l’asino inizia a fidarsi dell’uomo e si stabilisce un rapporto sereno, si possono fare anche lunghe passeggiate insieme—un traguardo gratificante e segno di un legame profondo.
La presenza di questa specie sull’isola risale a tempi antichissimi. L’allevamento si sviluppò in modo significativo grazie ai Sardo-Punici, che lo incentivavano per scopi agricoli e di trasporto. Alcuni studiosi ipotizzano origini ancora più remote, risalenti al periodo neolitico o legate alle importazioni fenicie; altri, invece, suggeriscono una provenienza africana.
L’asino sardo, umile protagonista della storia rurale dell’isola, si distingue per caratteristiche uniche che lo rendono immediatamente riconoscibile. Il suo mantello sorcino, più chiaro sull’addome, intorno agli occhi e sul muso, è attraversato dalla caratteristica riga mulina crociata. Le dimensioni ridotte rispetto ad altre razze asinine italiane completano il quadro di questo animale straordinario, testimone silenzioso di secoli di tradizione agropastorale sarda.
La ricchezza culturale legata a questo animale si riflette nella varietà di nomi con cui è conosciuto nelle diverse regioni dell’isola. “Burriku”, termine di probabile origine spagnola, è diffuso nelle zone meridionali. In Barbagia e nel Goceano, lo si chiama affettuosamente “poleddu” o “ainu”. Ma è “molente” il nome che più di tutti evoca il suo ruolo fondamentale nella vita quotidiana dei sardi: quello legato alla molitura del grano.
La pratica della molitura domestica, un tempo diffusissima, vedeva l’asino bendato e coperto con un panno, un’immagine che oggi può sembrare crudele ma che in realtà serviva a proteggere l’animale dalle possibili ferite causate dal bastone collegato alla macina. Questa scena, ripetuta quotidianamente in innumerevoli abitazioni rurali, rappresentava il legame indissolubile tra l’uomo e l’animale nella lotta per la sopravvivenza in un ambiente spesso ostile.
L’asino sardo non era solo il motore della molitura domestica. Il suo contributo alla vita rurale spaziava dal trasporto dell’acqua e della legna all’aratura dei campi. La sua resistenza e la sua adattabilità lo rendevano indispensabile in un’economia di sussistenza basata sull’agricoltura e la pastorizia.
Tuttavia, l’avvento della meccanizzazione ha segnato un punto di svolta drammatico per questa razza antica. In soli quarant’anni, la popolazione asinina in Sardegna è precipitata da 38.000 esemplari a poche migliaia, con la razza sarda pura ridotta a circa 350 unità. Questo declino vertiginoso non rappresenta solo la perdita di un animale domestico, ma di un intero patrimonio genetico e culturale.
Di fronte a questa emergenza, l’Istituto Incremento Ippico della Sardegna ha intrapreso un’azione di salvaguardia presso il Centro di Foresta Burgos. Qui, un gruppo di asinelli sardi viene allevato con l’obiettivo prioritario di recuperare una base genetica sufficientemente ampia per avviare un programma di conservazione della razza. Questa iniziativa non è solo un tentativo di preservare una specie animale, ma di mantenere vivo un pezzo di storia e identità sarda.
Il programma di salvaguardia dell’asino sardo va oltre la semplice conservazione genetica. Rappresenta un’opportunità per riscoprire e valorizzare pratiche agricole sostenibili e per promuovere un turismo responsabile legato alla riscoperta delle tradizioni rurali. L’asino sardo, con il suo passo lento e sicuro, potrebbe diventare un ambasciatore della Sardegna più autentica, quella dei sentieri di montagna e delle antiche vie di transumanza.
Inoltre, la riscoperta di questa razza potrebbe avere implicazioni inaspettate nel campo della biodiversità e della ricerca scientifica. Le caratteristiche uniche dell’asino sardo, frutto di secoli di adattamento all’ambiente isolano, potrebbero fornire preziose informazioni genetiche utili in vari campi, dalla medicina veterinaria all’ecologia.
La sfida per il futuro dell’asino sardo è complessa e richiede un impegno coordinato tra istituzioni, allevatori e comunità locali. È necessario non solo aumentare il numero di esemplari, ma anche creare le condizioni perché questa razza possa tornare a svolgere un ruolo significativo nell’economia e nella cultura dell’isola.
In conclusione, l’asino sardo rappresenta molto più di una semplice razza animale in via di estinzione. È un simbolo vivente della resilienza e dell’adattabilità che hanno caratterizzato la storia della Sardegna. La sua salvaguardia non è solo un dovere verso il passato, ma un investimento per il futuro, un modo per preservare un pezzo insostituibile del patrimonio genetico e culturale dell’isola. Ogni “molente” salvato è un passo verso la conservazione di un’identità millenaria, un ponte tra il passato rurale e un futuro che, si spera, saprà integrare tradizione e innovazione nel rispetto della natura e della storia.
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