Meraviglie di Sardegna: il silenzio delle pietre e l’enigma dell’altare di Santo Stefano
Nel cuore della Sardegna, dove il Logudoro si fonde con la Gallura, giace un enigma scolpito nella roccia, un testimone silenzioso di riti dimenticati e civiltà perdute. L'Altare Rupestre di Santo Stefano, incastonato nelle campagne di Oschiri, sfida l'immaginazione e confonde gli studiosi con la sua presenza enigmatica. Che cosa rappresentava questo monumento?
Meraviglie di Sardegna: il silenzio delle pietre e l’enigma dell’altare di Santo Stefano.
Nel cuore della Sardegna, dove il Logudoro si fonde con la Gallura, giace un enigma scolpito nella roccia, un testimone silenzioso di riti dimenticati e civiltà perdute. L’Altare Rupestre di Santo Stefano, incastonato nelle campagne di Oschiri, sfida l’immaginazione e confonde gli studiosi con la sua presenza enigmatica. Che cosa rappresentava questo monumento?
Qui, alle pendici del Monte Limbara, il vento sussurra antiche leggende di janas e folletti, danzando tra le querce e la macchia mediterranea che custodiscono gelosamente i segreti di questo luogo sacro.
Un banco di granito, lungo dieci metri, si erge come un palinsesto di simboli misteriosi, incisi con una precisione che sfida il tempo. Triangoli, quadrati, semicerchi e coppelle si intrecciano in una danza geometrica il cui significato si perde nella notte dei tempi. Ogni incisione, ogni simbolo sembra voler raccontare una storia, ma in un linguaggio che abbiamo dimenticato di comprendere.
Intorno all’altare, come sentinelle silenziose, otto domus de janas punteggiano il paesaggio, porte verso un aldilà che sfugge alla nostra comprensione. Le rocce circostanti, modellate dal tempo e dalla mano dell’uomo, formano nicchie e cavità che sembrano sussurrare segreti millenari. Sono forse altari minori? Luoghi di offerta? O forse osservatori astronomici di un’antica civiltà che guardava alle stelle in cerca di risposte?
Tra queste pietre, il confine tra naturale e artificiale si fa sottile. Alcune rocce istoriate sembrano emergere dal terreno come visioni di un passato remoto: una “meridiana” primitiva, circondata da misteriose coppelle; un bancone che forse un tempo accoglieva offerte votive o ospitava il rito dell’incubazione, dove gli antichi cercavano di comunicare con gli dei attraverso i sogni.
Il tentativo di cristianizzare questo luogo pagano è evidente nelle croci incise sulle antiche figure, ma sembra quasi che questi simboli più recenti non facciano che aggiungere un ulteriore strato di mistero, anziché cancellare il passato. Il santuario di Santo Stefano, eretto alla fine del XV secolo, sembra voler assorbire i poteri sacri del luogo, ma anche la chiesa custodisce i suoi segreti: un betilo nuragico trasformato in acquasantiera e i volti stilizzati della dea Astarte che ci osservano dalla facciata, come a ricordarci che qui, il divino ha molti volti.
La datazione di questo complesso sacro rimane avvolta nel mistero. Alcuni studiosi lo fanno risalire al Neolitico recente, altri all’età del Rame, mentre c’è chi sostiene che sia opera di tempi più recenti, forse addirittura dell’epoca bizantina. L’assenza di indagini archeologiche approfondite lascia spazio alle teorie più audaci: c’è chi immagina sciamane che qui davano alla luce i loro figli, o riti macabri di scarnificazione prima della sepoltura nelle domus.
Ciò che è certo è che la disposizione dei simboli non è casuale. Sembrano tracciare un percorso, forse un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. I quadrati, simili alle “false porte” delle tombe dei Giganti, potrebbero essere varchi verso l’aldilà. I cerchi, simboli universali di eternità, potrebbero rappresentare divinità solari o astri celesti. I triangoli, forse, erano luoghi di preghiera o di connessione con il divino.
Mentre il sole tramonta sul Monte Limbara, gettando ombre lunghe sulle antiche incisioni, non possiamo fare a meno di chiederci: quali riti si svolgevano qui? Quali preghiere sussurravano gli antichi sacerdoti? E soprattutto, quale conoscenza, quale saggezza ancestrale è incisa in queste pietre, attendendo pazientemente di essere riscoperta?
L’Altare Rupestre di Santo Stefano rimane un enigma, un puzzle incompiuto che sfida la nostra comprensione del passato. In questo luogo, dove il tempo sembra essersi fermato, le pietre continuano a custodire i loro segreti, invitandoci a riflettere sulla profondità della storia umana e sui misteri che ancora ci circondano.
Forse, un giorno, queste antiche incisioni riveleranno i loro segreti. Fino ad allora, restano un monumento al mistero, un richiamo silenzioso da un passato che si rifiuta di essere dimenticato.
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