Leggende di Sardegna. Alle porte dell’inferno: quando il demonio abitava i crepacci dell’Isola
Monti della Sardegna porte dell'inferno. Ovviamente, secondo sempre vive leggende isolane. E per gli uomini che si imbattono nel demonio, incarnato nelle forme animali, è terrore puro.
Monti della Sardegna porte dell’inferno. Ovviamente, secondo sempre vive leggende isolane, una delle quali raccontata da Grazia Deledda. Si tratta di “sas nurras”, grandi crepacci dell’Olienese, di cui spesso sembra addirittura difficile vederne il fondo. Secondo le antiche credenze popolari, queste convulsioni vulcaniche erano la via di accesso all’inferno e alla casa del demonio.
C’era una volta un pastore di Oliena, molto devoto e grande lavoratore. Un giorno, lasciato il gregge in custodia a un amico, decise di andare a caccia di cervo o muflone, nelle località della zona. Salito per i monti, vide un cervo magnifico e prese a inseguirlo. La bestia, incredibilmente veloce, balzava di rupe in rupe, arrivando in cima alla montagna. A un certo punto, l’animale sparì e il cacciatore si trovò sull’orlo di una “nurra”, circondato da neve e precipizi.
Subito, dal fondo buio di una “nurra”, ecco salire la eco di un sogghigno infernale: era il diavolo, nelle sembianze di quel cervo, che si faceva beffe di lui. Il cacciatore provò a fuggire, ma la neve ai suoi piedi sprofondò e l’uomo precipitò nell’abisso.
Il compagno, a cui il pastore-cacciatore aveva lasciato il gregge, dopo aver aspettato l’amico per due giorni, decise di andare alla sua ricerca. Riconosciute le orme sul terreno, al villaggio l’amico si armò di corde e si avviò alla “nurra” insieme ad altri tre pastori. Giunti sul posto, l’amico del precipitato, col supporto dei pastori, si calò sul fondo della nurra.
Eppure, le corde, benché lunghissime, sembravano non riuscire a toccare mai il fondo. I pastori, allora, lo tirarono su: era pallido e tremante. Portato a casa sulle spalle dei compagni, non riusciva a proferire parola. Anzi, colto da una febbre violentissima, morì dopo tre giorni. Prima di morire, però, rivelò ai compagni ciò che aveva visto.
Sulle pareti dentro la nurra c’era un omino nero, terrifico, con le corna e la falce. Questi minacciava l’uomo di rompere la corda e di farlo precipitare nel vuoto dell’inferno, insieme al suo amico, ormai già caduto.
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Leggende Sarde. “Sa Crabarissa”, la fanciulla di pietra guardiana di Austis
“Sa Crabarissa” svetta ancora lassù, impietrita nel suo abito tradizionale: solitaria, è a guardia del paese, colpevole di aver creduto ad una promessa d’amore stretta con un giovane di Austis, parole dolci mai mantenute, che si persero nel vento.
C’è un luogo, nel centro del centro della Sardegna, ricco di boschi, una valle ricoperta da una fitta vegetazione mediterranea in cui gli arbusti di mirto, leccio e lentischio si aggrovigliano tra imponenti massi calcarei.
Siamo nella storica regione del Mandrolisai, in territorio di Austis. Qui la natura è un incanto, testimone silenziosa e impotente di un amore struggente, consumato tanto tempo fa e finito, purtroppo, in tragedia. Il fitto groviglio di arbusti si scioglie davanti a una roccia alta 50 metri, un masso granitico dalle inconfondibili forme femminili, che gli abitanti del luogo chiamano “Sa Crabarissa”, la donna di Cabras. È stato il tempo, con l’aiuto del vento e dell’acqua, a scolpire la roccia, ma, per altri, le sue origini si raccontano con la leggenda. È la fanciulla giunta da lontano – si dice – che si fece pietra per aver perso il suo amato pastore.
“Sa Crabarissa” svetta ancora lassù, impietrita nel suo abito tradizionale: solitaria, è a guardia del paese, colpevole di aver creduto ad una promessa d’amore stretta con un giovane di Austis, parole dolci mai mantenute, che si persero nel vento. Quelle parole risalgono all’epoca della transumanza invernale, quando i pastori erano costretti a scendere dalle montagne, alla ricerca di pascoli migliori, e ad accompagnare le greggi fino alla costa, dove il clima è più mite.
In un tiepido giorno d’inverno – si narra – un gruppo di pastori proveniente da Austis giunse finalmente in pianura, nella piccola cittadina di Cabras: è qui che nacque l’amore, un sentimento nobile, ma ingannevole, che andò incontro a un destino triste e maledetto. Tra il gruppo, c’era un affascinante giovanotto che rimase colpito da una fanciulla del posto: il suo nome rimane un mistero, ma si dice fosse giovane e bellissima, avvolta nel magnifico abito locale. Bastò un semplice sguardo e tra i due fu subito idillio, tanto che si scambiarono doni e promesse di matrimonio. Ma quell’idillio, nato in un giorno d’inverno, si spezzò in primavera, quando il giovane pastore riprese la via della montagna, lasciando la ragazza in attesa del suo promesso ritorno. Passarono i giorni e la fanciulla, stufa di aspettare e preoccupata per le sorti del suo amato, decise di incamminarsi verso Austis per capire cosa fosse accaduto.
Il sentiero impervio e faticoso non la spaventava, la fanciulla proseguì lungo il cammino, desiderosa solo di riabbracciare il suo innamorato. Al suo arrivo, però, nessun abbraccio, nessuna dolce parola. La giovane ragazza scoprì l’inganno di quell’amore: il pastore, quel giovane che doveva sposarla, era in realtà già legato a una donna del posto. Affranta dal dolore, la fanciulla decise di riprendere la via di casa, ma non giunse mai a destinazione.
Durante il suo ritorno a valle, nel sentiero che riporta alla pianura, la giovane venuta da lontano decise di fermarsi per rivolgere un ultimo sguardo al paese del suo amato, ma il dispiacere fu così forte che rimase pietrificata per sempre.
La donna di Cabras, “Sa Crabarissa”, è ancora lì, avvolta per sempre in una splendida veste di pietra, che guarda solitaria il suo amore perduto.
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