La ricetta Vistanet di oggi. I malloreddus: un piatto che in Sardegna significa festa
Dalla tavola della nonna ai piatti fumanti serviti in tante sagre in giro per il Campidano. Sono i malloreddus, la pasta campidanese che fa rima con festa.
La ricetta Vistanet di oggi. I malloreddus: un piatto che in Sardegna significa festa.
Da sempre sono i protagonisti della cucina sarda, dal pranzo della domenica nelle tavole delle nonne, ai matrimoni o alle sagre di paese. I malloreddus sono il primo piatto sardo per eccellenza, da secoli.
Gli “gnocchetti sardi”, così come sono conosciuti in “Continente”, affondano le loro radici nello schema millenario fra coltivazione e alimentazione, tipico della cultura contadina, una cucina basata prevalentemente sulla coltura del grano tipica della cultura mediterranea e della coltivazione del grano. Il nome “malloreddus” deriva dal termine campidanese “malloru” (toro), di cui è il diminutivo. Malloreddus richiama quindi ai vitellini, visto che la loro forma panciuta richiamava, nell’immaginario collettivo del mondo pastorale dell’entroterra, quella appunto di un vitello appena nato.
Da centinaia di anni, le massaie sarde preparavano questa prelibatezza utilizzando “su ciuliri” (il setaccio), una cesta in paglia contro la quale venivano schiacciati dei piccoli cubetti di pasta, ricavati da un impasto fatto di grano duro, acqua e, nella ricetta tradizionale, qualche filo di zafferano. Questa operazione permette alla pasta di assumere quella tipica forma arrotolata e rigata, tanto conosciuta e familiare.
La morte loro è sicuramente con il sugo di salsiccia, sbriciolata e fatta rosolare in un soffritto di cipolla, per poi essere aggiunta al sugo, dove viene terminata la cottura. Una spruzzata di buon pecorino alla fine e i malloreddus sono pronti. Fenomenale è la capacità dei malloreddus di mantenere la cottura, anche per questo vengono cucinati in grandi quantità durante le sagre. Oltre alla classica ricetta campidanese, andando in giro per la Sardegna è facile trovare altre idee per condirli: a Carloforte, ad esempio, vengono abbinati al tonno rosso e al pesto, con qualche pomodorino per dargli un tocco di colore in più, mentre la versione sassarese prevede un’amalgama di panna e semola. C’è poi chi ci aggiunge delle scaglie di ricotta di pecora, o qualche mazzetto di finocchietto. In qualunque modo li preferiate, i malloreddus in tavola sono e saranno sempre sinonimo di festa.
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