Folklore, Magia e Tradizione: La storia de “Su perdigoni”, la pietra che curava ogni malattia

Un tempo lontano, nelle campagne sarde, si racconta esistesse una pietra miracolosa. Infatti, il grande poteva guarire ogni malattia. Indovinate chi non era felice di questo enorme potere? Proprio i medici del paese che fecero di tutto per liberarsi di "Su Perdigoni".
Tanto tempo fa, in una zona della Sardegna identificata da alcuni come Mercuria, nei pressi delle campagne di Benetutti, si racconta ci fosse un pesante odore di zolfo che proveniva dagli acquitrini.
Da lontano era possibile annusare nell’aria questo forte fetore e, benché quelle acque rappresentassero un vero e proprio toccasana per il corpo, non era facile per i passanti sopportare un simile odore. Molti paragonavano quel posto all’entrata infernale stessa.
Ad ogni modo, tutti nell’Isola, erano a conoscenza delle proprietà benefiche delle acque: da ogni parte della Sardegna i malati si recavano presso Mercuria per guarire dai loro malanni e tornavano a casa più forti di prima. Addirittura, era difficile per questi ultimi riammalarsi in breve tempo.
All’interno di Mercuria era custodita un’enorme pietra in granito chiamata “Su Perdigoni” dove erano incisi, uno per uno, i nomi delle malattie. Dal semplice raffreddore alla malaria, comparivano nella pietra ben centouno malattie, tutte curabili dalle acque del paese. Gli abitanti per facilitare i malati nella cura, costruirono diverse vasche e vi raccolsero le acque, segnalando quali patologie si potessero curare: vi era il bagno per il mal di testa, il mal di pancia, il mal di denti e così via, per centouno problemi di salute.
Le indicazioni per guarire erano scritte in “Su Perdignoni”: ad esempio, per il mal di denti occorreva fare cento gargarismi e inghiottire l’ultimo sorso d’acqua, il centounesimo, e il gioco era fatto. Nel paese gli abitanti scoppiavano di salute, tant’è che quella zona dell’Isola prese il nome di “Benetutti”.
Tuttavia, c’era anche chi non era per niente felice di questo benestare generale, anzi. I medici del posto si trovarono presto senza lavoro e, giorno e notte, presero a studiare un modo per sbarazzarsi de “Su Perdigoni”. Una sera, mentre i dottori del paese stavano seduti in un tavolo, uno tra loro, un giovanotto che molti non conoscevano neanche di vista e che da poco si apprestava a praticare la professione, propose di buttare giù la pietra nel fiume Tirso che, con la corrente, l’avrebbe portata lontano. Il giovane medico aveva uno sguardo malvagio e, secondo la leggenda, si trattava del diavolo in persona.
I medici, euforici per quell’idea, la notte stessa si diedero da fare e, trasportata la pietra fino alle sponde del fiume, la spinsero nel Tirso. Presto, le acque inghiottirono “Su Perdigoni” e, in un battibaleno, se ne persero le tracce. Le persone di Benetutti caddero in una forte disperazione, infatti, anche se le acque potevano curare le malattie, la pietra con tutte le indicazioni per farlo era sparita. Dopo un primo momento di sconforto generale ecco che tutti gli abitanti iniziarono nuovamente a rivolgersi ai medici e questi ultimi erano molto felici di avere lavoro.
La storia, però, racconta che tutti i dottori coinvolti in quella triste impresa, nel corso della loro vita, furono presi da enormi sensi di colpa di cui non riuscirono mai più a liberarsi. Forse, neanche dopo la morte stessa…

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