Piscia tinteris, cuccurus cottus, panetteris inforra christus e culus infustus: quando a Cagliari gli abitanti dei quartieri storici si prendevano in giro con soprannomi ironici
I Cagliaritani amano da sempre i soprannomi (is allumingius), si sa. Sono persone simpatiche, veraci, goderecce, sono i Romani della Sardegna. E amano prendere e prendersi in giro, anche tra loro, naturalmente.
Piscia tinteris (o arrenconis), cuccurus cottus, panetteris inforra christus e culus infustus, quando a Cagliari gli abitanti dei quartieri storici si prendevano in giro con soprannomi ironici.
I Cagliaritani amano da sempre i soprannomi (is allumingius), si sa. Sono persone simpatiche, veraci, goderecce, sono i Romani della Sardegna. E amano prendere e prendersi in giro, anche tra loro, naturalmente. Succede ora, succedeva anche prima, quando Cagliari era formata da pochi quartieri storici e la vita, almeno per i ceti più umili, era molto più difficile. Ma il lazzo, la presa in giro, lo scherzo non mancavano mai. Ecco perché legata alla Cagliari storica c’è anche una storia vera e propria, legata direttamente ai quattro quartieri storici. Una storia, questa, che piace tanto ai turisti e che ogni buona guida cagliaritana dovrebbe conoscere. I fatti risalgono al Medioevo, quando Cagliari era divisa in quattro quartieri storici dopo la distruzione di Santa Igia.
I quartieri erano Castello (Castrum Karalis o Castel de Castro, dopo Castedd’e Susu), Marina (anticamente Lapola), Stampace e Villanova. Gli abitanti di queste quattro zone erano soliti prendersi in giro, per divisione di casta, per campanilismo e per orgoglio, un po’ come accadeva in tutte le città medievali italiane (si pensi a Siena e alle varie contrade in occasione del Palio). Gli abitanti dei quattro quartieri avevano ognuno i propri soprannomi e poi ogni abitante era etichettato in un certo modo.
Cominciamo dal ceto nobile: in quel periodo chi apparteneva a una famiglia di rango viveva in Castello. Sugli stessi nobili (e questo era uno degli aspetti più belli di Cagliari, almeno tanti anni fa) veniva fatta una certa ironia dalle classi meno abbienti: ecco perché gli abitanti borghesi e nobili del quartiere di Castello venivano etichettati con il soprannome di “Piscia Tinteris“, cioè coloro che pisciano nel calamaio. Notai, personaggi di rango che avevano un ufficio e ruoli di importanza, ma sui quali scattava comunque l’ironia. Più avanti con la decadenza di Castello come quartiere importante, gli abitanti persero a loro volta quell’aura di importanza e la mannaia del sarcasmo casteddaio si fece anche più tagliente: in quell’epoca (parliamo della fine dell’Ottocento, quando i Savoia spostarono gli uffici che contano vicino al porto) gli abitanti di Castello (divenuto un quartiere più popolare) venivano denominati “Piscia Arrenconis“, letteralmente coloro che pisciano negli angoli, perché ormai non disponevano più del bagno.
Altri soprannomi: passiamo agli Stampacini. Nel Medioevo Stampace era abitata da tutti quei Sardi pastori e allevatori dell’interno che arrivavano a Cagliari per commerciare e aprire taverne, osterie, tzilleris. Le origini però non si dimenticano e molti di loro, grandi bevitori, avevano la rissa facile, così come il coltello. Nel tempo, vennero, quindi, chiamati dagli abitanti degli altri quartieri “Cuccurus Cottus“, cioè zucche cotte, teste calde.
Capitolo Villanova: in questo quartiere (per antonomasia uno dei più religiosi della città) ultimo nato tra gli storici, risiedevano molti panettieri. Da lì il soprannome di Panetteris Inforra Christus, letteralmente panettieri infornatori di Cristo. Una sorta di contrappasso nella vita per quelle persone che, pur essendo molto religiose, si videro costrette a bruciare dei crocifissi di legno per poter panificare.
E veniamo agli abitanti della Marina, zona portuale, da sempre un melting pot di etnie, già in epoca antica. Il porto, la porta di Cagliari, il punto di arrivo per chiunque scelga il mare per giungere nel capoluogo. Qui gli abitanti, di sicuro non ricchi né abbienti, venivano soprannominati “Culus Infustus“, cioè sederi a mollo (nell’acqua del porto).
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