Toponomastica romana. Perché via della Vite si chiama così?

Le strade di Roma spesso prendono il nome da caratteristiche storiche, attività economiche o professioni che erano comuni nella zona. Elementi che hanno lasciato un'impronta duratura sui nomi delle strade, riflettendo la storia e le tradizioni locali.
Toponomastica romana. Perché via della Vite si chiama così?
Le strade di Roma spesso prendono il nome da caratteristiche storiche, attività economiche o professioni che erano comuni nella zona. Elementi che hanno lasciato un’impronta duratura sui nomi delle strade, riflettendo la storia e le tradizioni locali.

Via della Vite
Immersa nel cuore di Roma, a pochi passi dalla celebre Via del Corso, “Via della Vite” racconta una storia che affonda le sue radici nel passato. Il suo nome trae origine da un’antica insegna raffigurante un tralcio di vite, simbolo distintivo di una bottega che un tempo vendeva vino. Questo dettaglio pittoresco evoca un’epoca in cui la viticoltura e la produzione vinicola erano attività fondamentali non solo per l’economia, ma anche per la vita sociale e culturale della città.
Durante il Rinascimento, Roma e le sue aree circostanti erano caratterizzate da vaste distese di campagna, dove vigneti e orti prosperavano rigogliosi. In quell’epoca, “Via della Vite” era circondata da terreni fertili che fornivano uva e altri prodotti agricoli, gestiti in gran parte dai monaci del monastero di San Silvestro. Questi religiosi non solo si occupavano della coltivazione, ma contribuivano anche alla tradizione vinicola, una pratica considerata sacra e al contempo essenziale per la comunità.
Oggi, camminando lungo questa via, è possibile respirare il fascino di quei tempi lontani, immaginando le viti che un tempo delineavano il paesaggio e il fervore delle attività vinicole che animavano la zona. “Via della Vite” non è soltanto una strada nel centro della capitale, ma un piccolo frammento della ricca storia enogastronomica romana, un omaggio a una tradizione che ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura della città eterna.
È probabile che vi sia stato appeso, fuori dall’osteria, un ramo di albero di vite per indicare che il vino era pronto per essere servito. Questa usanza che risale all’epoca romana, si è mantenuta viva nei secoli ed il termine “frasca”, ancora attuale, deriva proprio da questa abitudine.
La via evoca immagini di osterie rustiche, tavoli di legno e vino servito direttamente dalle botti. La frasca infatti è simbolo di convivialità, dove gli amici e le famiglie si riuniscono per condividere cibo semplice e genuino, accompagnato da buon vino locale.
Via della Vite era un punto di ritrovo per i contadini che, dopo una lunga giornata di lavoro nei campi, si fermavano per bere un bicchiere di vino e mangiare qualcosa.
Se verso la fine del 1500 questa via divenne parte dell’”Ortaccio”, ghetto dove furono rinchiuse le prostitute per disposizione di Papa Pio V, attualmente la strada si trova in uno dei luoghi più prestigiosi di Roma tra via di Propaganda e la già citata via del Corso.
È qui che troviamo un delizioso baldacchino del Settecento raffigurante l’Annunciazione, ed è sempre nella via che spicca il prestigioso palazzo ottocentesco della famiglia nobile di origine veneta Ottoboni, poi passata ai Boncompagni.
In quelle che un tempo erano botteghe artigiane (troviamo ancora negozi di riparazioni sartoriali e accessori per calzature), oggi puoi trovare più che altro negozi di abbigliamento, gallerie d’arte, coiffeur, ristoranti, bar, alberghi, pronti ad accogliere il flusso turistico che si incrementerà ulteriormente con l’arrivo del Giubileo del 2025. Le case al centro storico di Roma hanno ormai costi proibitivi (attualmente stanno a circa 8000 euro al metro quadrato) ed è difficile trovare residenti in zona, ma vivere qui rappresenta un sogno per molti romani, infatti si trova a due passi da piazza di Spagna.
Decidiamo quindi di ordinare un bicchiere di bianco in uno dei ristoranti locali, in memoria dei contadini che attraversavano questo luogo e brindiamo a chi, con sacrificio e impegno, coltiva la Terra. Un pensiero particolare a chi lo fa ancora in condizioni precarie, spesso si tratta di immigrati sfruttati, come Satnam Singh, un uomo che ha perso la vita lavorando i campi oggi, non secoli fa, a pochi chilometri da Roma.
Img: GoogleMaps

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