La rivalità tra Bernini e Borromini e la leggenda della fontana romana a piazza Navona
La rivalità tra i grandi artisti della Storia è spesso caratterizzata da leggende e racconti. Tra le curiosità che si raccontano nella capitale è la motivazione legata all’atteggiamento sprezzante di una delle sculture della fontana dei quattro Fiumi a piazza Navona.
La rivalità tra i grandi artisti della Storia è spesso caratterizzata da leggende e racconti che scattano la fotografia di un’epoca. Uno degli aneddoti più noti è quello tra Bernini e Borromini, esponenti di spicco dell’arte barocca. All’epoca Roma era il centro del mondo artistico e culturale europeo e due tra più grandi artisti barocchi, diedero vita ad una delle rivalità artistiche più leggendarie della storia dell’arte.
Tra le curiosità che si raccontano nella capitale è la motivazione legata all’atteggiamento sprezzante di una delle sculture della fontana dei quattro Fiumi a piazza Navona.
La fontana ritrae i fiumi principali della Terra di ogni continente all’epoca conosciuto: il Danubio, il Gange, il Nilo e il Rio de la Plata.
L’opera, che porta la firma di Gianlorenzo Bernini, si trova di rimpetto alla chiesa di Sant’Agnese in Agone, realizzata su progetto di Borromini nel cuore del XVII secolo.
Gian Lorenzo Bernini è famoso per la sua incredibile abilità nel catturare l’espressione ed il movimento, con sculture che sorprendono per il loro naturalismo. Tra opere più note ricordiamo il “David”, il “Ratto di Proserpina”, che colpiscono per la loro tensione plastica e drammatica.
Francesco Borromini invece, è noto per la sua architettura elaborata, innovativa e complessa, capace di sfidare i limiti dell’architettura tradizionale.
Se alla base della rivalità tra i due artisti ci fosse comunque un profondo rispetto reciproco, a prevalere però era il desiderio di superarsi a vicenda per catturare l’attenzione dei mecenati allo scopo di lavorare a progetti importanti.
Tra i due a dominare era quasi sempre Bernini, che fu preferito dalla Chiesa cattolica e dai Papi dell’epoca, e ciò gli permise di ottenere molte commissioni prestigiose. Borromini, invece, otteneva progetti con molta più fatica, venendo spesso oscurato dal successo del Bernini.
Secondo una leggenda, la statua del Rio della Plata ha un braccio in alto nell’atto di proteggersi dalla visione orribile della chiesa di Sant’Agnese in Agone e dalla sua imminente caduta.
In realtà il racconto non trova fondamento in quanto la fontana fu realizzata intorno al 1648, mentre i lavori di Borromini per la chiesa di Sant’Agnese in Agone non iniziarono prima del 1652.
Tuttavia i loro alterchi erano davvero frequenti e Borromini nel 1667 muore suicida e lo fa in modo plateale, gettandosi contro una spada. Tra le motivazioni una depressione fortissima causata anche da questa continua rivalità, diventata ad un certo punto insostenibile.
Morirà agonizzante dopo diverse ore dal suo atto inconsulto, pentito del gesto impulsivo.
Riportiamo parafrasando le sue ultime parole che furono appuntate dal medico che lo soccorse, ma che non potette salvarlo:
“Io mi ritrovo così ferito da questa mattina (…), ieri sera mi venne in mente di scrivere il mio testamento.
Francesco Massari, un giovane che mi serve in casa, vedendo che stavo sveglio fino a tardi, mi invitò a spegnere la luce e a riposare. Replicai che se avessi smorzo il lume, non avrei potuto riaccenderlo. Così Francesco promise di farlo appena mi fossi svegliato di nuovo. Circa sei ore dopo ho riaperto gli occhi ed ho chiamato il mio servo dicendogli: “È ora di riaccendere il lume”, ma lui mi ha risposto: “Signor no”. Questo m’indusse a pensare di farmi male. Ho preso la spada, l’ho sfoderata, ho conficcato il manico nel letto e poi mi sono buttato su di essa con tutta la forza che avevo. La spada mi ha trapassato da parte a parte”.
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Le Comunità a Roma. Iniziamo da quella cinese
Comincia il nostro viaggio tra le varie comunità di immigrati a Roma e inauguriamo con la più popolosa della capitale. La comunità cinese a Roma è una delle più antiche d'Italia, una presenza che si è affermata con il passare del tempo, trasformandosi da essere un gruppo all’inizio costituito più che altro da lavoratori stagionali a divenire una comunità solida e stratificata.
Le Comunità a Roma. Iniziamo da quella cinese.
Comincia il nostro viaggio tra le varie comunità di immigrati a Roma e inauguriamo con la più popolosa della capitale.
La comunità cinese a Roma è una delle più antiche d’Italia, una presenza che si è affermata con il passare del tempo, trasformandosi da essere un gruppo all’inizio costituito più che altro da lavoratori stagionali a divenire una comunità solida e stratificata.
Storicamente i cinesi hanno iniziato ad arrivare in Italia negli anni ’20 e ’30 del XX secolo, con un importante picco dopo la prima guerra mondiale che iniziò principalmente a Milano (anche se il primo migrante cinese risulta essere stato registrato a Torino nel 1893). In questo periodo giunse un gruppo di cinesi del sud dello Zhejiang dalla Francia che erano stati impiegati nelle fabbriche durante il conflitto. All’epoca la Cina non poté contribuire finanziariamente alla guerra, ma inoltrò ai suoi alleati (Francia e Gran Bretagna) migliaia di operai cinesi.
Secondo la tesi di Ilaria Santini dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, determinante fu la guerra civile cinese tra comunisti e nazionalisti nel periodo tra il 1945 e il 1949 che vide molti cinesi migrare verso l’Italia per motivi politici.
La storia è complessa e variegata e non possiamo in un solo articolo racchiudere in modo esaustivo le varie tappe storiche che portarono alla costituzione della comunità attuale, non possiamo però non segnalare che diversi cinesi che si trovarono in Italia durante il secondo conflitto mondiale furono portati nei campi di concentramento quando l’Italia fascista si alleò al Giappone.
Per il resto ci limitiamo a indicare che tra i più importanti flussi migratori vi sono quelli degli anni ’80 e del 2000 e attualmente la comunità cinese è tra le più numerose della città di Roma, contribuendo in maniera significativa alla sua diversità culturale. Un’alta concentrazione di cinesi la troviamo ai quartieri Esquilino, Prenestino e Casilino dove sono molto attivi nel settore commerciale, gestendo un gran numero di competitivi negozi, supermercati e ristoranti di cucina tipica e variegata. Una delle principali attività economiche della comunità cinese a Roma è il commercio all’ingrosso e al dettaglio.
L’Esquilino è famoso per i suoi negozi di abbigliamento, accessori, e prodotti per la casa gestiti da imprenditori cinesi. Come descritto dal dossier di Roma multietnica “la lupa ed il dragone” di Ilaria de Bonis, se Piazza Vittorio è il quartiere multietnico più conosciuto, a via dell’Omo esiste la “chinatown” delle periferie, a ridosso del raccordo anulare.
Sono attivissimi nel settore tessile e manifatturiero, offrono prezzi estremamente convenienti in ambito estetico e nel mercato degli acconciatori.
“Battono la concorrenza offrendo un servizio rapido e meno costoso. Una messa in piega che pagheresti da un parrucchiere italiano 20 euro sono capaci di offrirla anche a 9-10 euro. Come riescono a farlo? Forse pagano meno i dipendenti ma sono anche molto veloci. In un negozio italiano per farmi fare un colore ai capelli mi è capitato che ci impiegassero almeno due-tre ore, qui dai cinesi in circa un’ora sei fuori” afferma la signora Rosa, appena uscita da un parrucchiere cinese della zona San Paolo.
Ma anche i ristoranti cinesi sono numerosi e molto popolari sia tra i membri della comunità e non e la cucina, gustosissima, è ormai un must tra giovani e meno giovani e trova spesso commistioni ed incontri con quella giapponese, coreana e malese.
“Tra gli anni ’90 e inizio del 2000 per mangiare sushi dovevi recarti ad un ristorante giapponese e ricordo che costava moltissimo. Ora puoi trovare il sashimi e preparazioni giapponesi anche nei ristoranti cinesi che si sono rivelati vincenti con la formula ‘all you can eat’, mangia quello che vuoi ad un prezzo fisso” ci dice Paolo.
La comunità cinese ha istituito scuole e associazioni culturali per preservare la propria lingua e le tradizioni e le iniziative come festival culturali costruiscono importanti possibilità, divenendo un esempio di come l’immigrazione possa arricchire il tessuto sociale di una città.
Un altro settore nel quale i cinesi sono un punto di riferimento a Roma oltre a quello industriale, commerciale ed imprenditoriale è quello della medicina. Anche l’ospedale Agostino Gemelli la offre tra le varie opzioni terapeutiche ed in Italia può essere applicata solo da medici specializzati.
Abbiamo chiesto a Shaoran, che vive e lavora nei pressi della stazione Termini, se ci sono feste a cui si può partecipare con la comunità. Parla perfetto italiano, è uno dei figli di seconda e terza generazione, laureati ed intraprendenti.
“Una delle iniziative più importanti e significative è la Festa del Capodanno Cinese, noto Festa di Primavera o Chun Jie. Segue l’anno lunare, quindi ha una diversa data che ogni anni cade tra la fine di gennaio e la metà febbraio. Quest’anno il giorno di Capodanno Cinese è stato il 10 Febbraio. Ogni inizio calendario è associato a un animale dello zodiaco cinese ed il 2024 è indicato come l’anno del drago, che terminerà il 28 gennaio 2025”.
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