Flash Mob, le donne oncologiche: “ io non sono solo un numero”

Un flash mob intenso e commovente presso il Rome Center la Nuvola" per parlare di tossicità economica per le donne affette da tumore al seno: le donne delle Associazioni hanno alzato i cartelloni in alto con la scritta:“Io non sono solo un numero”. Un gesto forte e visibile per dire che dietro ogni diagnosi ci sono storie, volti, vite che meritano ascolto, rispetto e dignità.
Flash Mob, le donne oncologiche: “ io non sono solo un numero”.
Un flash mob intenso e commovente presso il Rome Center la Nuvola” per parlare di tossicità economica per le donne affette da tumore al seno: le donne delle Associazioni hanno alzato i cartelloni in alto con la scritta:“Io non sono solo un numero”. Un gesto forte e visibile per dire che dietro ogni diagnosi ci sono storie, volti, vite che meritano ascolto, rispetto e dignità.
“Per 12 lunghi anni ho vissuto una doppia violenza” “quella del cancro al seno che ha colpito me e la mia famiglia, e quella, forse ancor più feroce, della tossicità economica. Lo Stato, che avrebbe dovuto proteggermi, non mi ha dato respiro. Racconto la mia storia per rompere il silenzio su una realtà che riguarda troppe donne invisibili, lasciate sole nella devastazione”. Ha dichiarato Donatella Gimigliano durante la tavola rotonda “Come la tossicità economica influenza la qualità della vita nelle donne con tumore al seno.” che si è svolta presso il Rome Convention Center “La Nuvola”in occasione della mostra fotografica per i 10 anni di “Women for Women against Violence”.
E’ durante questo evento che un gruppo di donne si ferma, si guarda, si prende per mano. Insieme sollevano un grande cartellone: “Non siamo solo un numero”. E così, per qualche minuto, tutto si ferma. La città ascolta.
E’ il racconto di un flashmob che ha lasciato il segno, non solo per la sua forza simbolica, ma per il messaggio potente e necessario che ha voluto portare alla luce: dietro ogni diagnosi, dietro ogni statistica, dietro ogni referto c’è una vita. C’è una donna.
Un modo per dire: “Ci siamo, siamo vive, siamo donne prima che pazienti”.
La tavola rotonda si è incentrata sul concetto di tossicità economica: affrontare il cancro costa, e non solo in termini emotivi o fisici. Per le donne, in particolare, questo peso è spesso più alto, più silenzioso, più invisibile.
Dietro la diagnosi, infatti, non ci sono solo terapie, ospedali e follow-up: c’è anche un costo umano, sociale ed economico che spesso viene sottovalutato. Non riguarda solo il costo diretto delle cure (farmaci, visite, esami), ma anche perdita dell’impiego, riduzione dell’orario o esclusione temporanea/definitiva dal mercato del lavoro, oltre alle spese di trasporto per recarsi in ospedale, costi per l’assistenza domiciliare o babysitting. Costi che si sommano a quelli inevitabili per la sopravvivenza in combinazione con la diminuzione delle entrate.
E tutto questo ha conseguenze anche sulla salute: chi subisce un forte stress economico è più a rischio di abbandonare le cure, di soffrire di depressione o ansia, e di peggiorare le proprie condizioni cliniche.
I cartelloni in alto “io non sono solo un numero” restituiscono un messaggio chiaro: in un sistema sanitario che, pur con le sue eccellenze, spesso rischia di disumanizzare, queste donne hanno voluto ricordare a tutti che ogni paziente è anche una persona, con desideri, paure, sogni e dignità.
Esporre la malattia in prima persona, senza filtri, significa anche riappropriarsi del proprio corpo, della propria storia. Significa rifiutare la riduzione a “paziente 45”, “protocollo X”, “recidiva Y”.
Significa, in altre parole, tornare umane.“Io non sono solo un numero” non è solo uno slogan: è una richiesta di umanità, di presenza, di giustizia.

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