Alla scoperta di Roma: il quartiere del Trullo, dove arte e poesia si incontrano

Andiamo alla scoperta della Roma segreta e proponiamo questo bellissimo articolo di Roma Capitale. A Roma le periferie sono tante, tutte diverse e con una propria storia da raccontare. Il quartiere del Trullo nasce come borgata della estrema periferia della città e oggi, a quasi 90 anni dalla sua costruzione, è un quartiere del quadrante sud in continua evoluzione e alla ricerca della propria identità, in una città che ha continuato a espandersi e a crescere.
Alla scoperta di Roma: il quartiere del Trullo, dove arte e poesia si incontrano.
Andiamo alla scoperta della Roma segreta e proponiamo questo bellissimo articolo di Roma Capitale. A Roma le periferie sono tante, tutte diverse e con una propria storia da raccontare. Il quartiere del Trullo nasce come borgata della estrema periferia della città e oggi, a quasi 90 anni dalla sua costruzione, è un quartiere del quadrante sud in continua evoluzione e alla ricerca della propria identità, in una città che ha continuato a espandersi e a crescere.
Le radici del quartiere affondano nel 1939, quando iniziò la costruzione della “Borgata Costanzo Ciano”, intitolata al conte ammiraglio della Marina che fu ministro del governo Mussolini e padre di Galeazzo, marito di Edda Mussolini, la figlia del duce.
Dal 1940 si insediarono le prime famiglie negli edifici progettati dagli architetti Giuseppe Nicolosi e Roberto Nicolini: si trattava di emigrati rimpatriati dall’estero che tornavano in Italia dopo anni vissuti in un Paese straniero.
Prima di allora la zona era paludosa e gli unici insediamenti erano industriali, nati durante la Prima guerra mondiale per la difesa bellica.
La borgata, tirata su in pochi mesi su un terreno strappato alla palude, nasce subito prima della seconda guerra mondiale e a causa della guerra stessa. Nel giugno del 1939 i ministri Ciano e von Ribbentrop firmano il trattato di alleanza politica e militare tra Italia e Germania, il noto “Patto d’Acciaio”. Da quel momento l’Italia lega le sue sorti a quelle della Germania hitleriana e si troverà ben presto coinvolta nella guerra.
Fin dalla primavera del 1939 migliaia di italiani all’estero, emigrati non naturalizzati, sentendo possibile un intervento in guerra dell’Italia, per non rischiare di rimanere bloccati all’estero o, peggio ancora, di essere trattati come nemici decidono di rientrare in Italia. A Roma, così come nelle altre grandi città, cominciano ad arrivare i primi treni straordinari pieni di rimpatriati. Il Ministero degli Esteri favorisce il rientro dei connazionali promettendo casa e lavoro al rientro da Francia, Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia.
Nasce così l’esigenza di costruire rapidamente case popolari e nuovi quartieri nelle periferie delle città. A Roma le prime case di questo tipo nascono al Tufello, a Monte Sacro e in zona Magliana con la nuova borgata Ciano. Queste nuove costruzioni avrebbero dovuto essere provvisorie, un’intenzione confermata dall’estrema povertà estetica delle case, più simili a caserme che ad abitazioni, e anche dal materiale “autarchico” utilizzato. La borgata si riempì così di persone che di fronte a condizioni di vita difficili, in un territorio tagliato fuori dalla città e mal collegato, si ritrovarono ben presto deluse e sconfortate.
Ma questa è solo una parte della storia, perché poi ai primi inquilini seguirono famiglie provenienti da altri quartieri di Roma che si trasferirono nelle case popolari da quartieri centrali soggetti a sventramenti o ristrutturazioni, come Testaccio e la zona del Foro Romano.
Di lì a pochi anni la guerra arriva anche nella borgata, molti uomini partono per il fronte, altri lavorano nell’edilizia per la costruzione del nuovo quartiere dell’E42 (l’EUR). Oltre alle donne anche gli anziani si dedicano all’agricoltura nei piccoli appezzamenti di terra tra un edificio e l’altro. In questo periodo l’intero viale Ventimiglia diviene una lungo e grande “orto di guerra”.
Con la caduta del fascismo la borgata cambia nome e si chiama per qualche anno Borgata Duca d’Aosta, dal nome del principe Amedeo di Savoia morto in battaglia in Africa. Con il referendum del 2 giugno 1946, che vide la nascita della Repubblica, la borgata cambiò nome un’altra volta e iniziò a chiamarsi Borgata del Trullo, dai vicini Monti del Truglio che a loro volta prendono il nome da un antico sepolcro Romano sulla riva destra del Tevere, il “Turlone”. Il sepolcro deve essere stato proprietà di una ricca famiglia romana, date le sue dimensioni.
Nel dopoguerra molte famiglie povere, sfollate dalle zone distrutte dai bombardamenti o provenienti da altre regioni d’Italia, si stabilirono al Trullo. La popolazione aumentò molto rapidamente negli anni ’50 e ’60, nel periodo di boom economico e demografico che portò a Roma migliaia di persone dalle campagne e dalle altre regioni italiane a cercare lavoro.
Furono anni di crescita urbanistica disordinata e abusiva, che insieme ai cattivi collegamenti con il centro aumentarono il senso di disagio e isolamento degli abitanti. In quel periodo, tra i cortili del Trullo Gianni Rodari ambienta la favola “La torta in cielo” del 1964, nata nella scuola elementare Collodi, tra gli scolari della signorina Maria Luisa Bigiaretti e pubblicata a puntate sul Corriere dei Piccoli.
Negli anni ’70 e ’80 il quartiere riuscì a mantenere un forte tessuto sociale, con iniziative legate all’associazionismo e alle parrocchie che coinvolgevano e animavano il quartiere.
Dagli anni 2000 inizia una rinascita del quartiere legata ai movimenti artistici e culturali dei Poeti Anonimi der Trullo, sette ragazzini delle case popolari, tutti identificati da uno pseudonimo, e i Pittori Anonimi der Trullo. L’unione di poesia e arte si celebra nella terza edizione del festival internazionale di poesia di strada nel 2015. Al Trullo arrivano decine di artisti da tutta Italia e lasciano in dote opere pittoriche murali di grandi dimensioni che trasformano le strade del quartiere in una specie di galleria a cielo aperto. Un museo diffuso opera di street artist oggi meta di passeggiate e visite guidate, che continua ad arricchirsi negli anni di opere.
Ci sono tanti volti di donna tra i ritratti dipinti, da Frida Kahlo a Greta Thunberg, alla cantante Gabriella Ferri, all’astronauta Samantha Cristoforetti. E altri volti, anche di abitanti del quartiere, colorano viale Ventimiglia, via del Trullo, via Massa Marittima, via Brugnato e le altre strade del quartiere.
Sui muri accompagnati dai colori dei murales ci sono, oltre alle parole dei poeti der Trullo, anche alcuni versi di Gabriele Galloni, un giovane poeta scomparso nel 2020 a soli 25 anni, nato e cresciuto al Trullo che giovanissimo aveva pubblicato versi e componimenti, tradotti anche in russo. Gabriele non era uno dei poeti der Trullo, ma al quartiere era legato e dal quartiere si lasciava ispirare nei suoi versi.
Le opere che colorano il quartiere, oltre al loro valore artistico, non sono solo street art. Qui l’arte si fonde con i volti e le voci degli abitanti e diventa simbolo di un intero quartiere, l’espressione artistica condivisa con gli abitanti e la voglia di riscatto di una comunità in continua ricerca della propria identità culturale, capace di reagire alle difficoltà, ieri come oggi.
Non solo arte. Nel quartiere è in corso una operazione di riqualificazione e rigenerazione che ha portato all’abbattimento e interramento di 15 chilometri di linee elettriche con 65 tralicci, che per anni hanno attraversato il quartiere, demoliti e interrati. A breve si prevede una rigenerazione con l’ampliamento dell’area pedonale.

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