Alla scoperta della Roma nascosta: il Palazzo dell’Anagrafe di via Petroselli

Andiamo alla scoperta della Roma segreta e proponiamo questo bell'articolo di Roma Capitale. Quello di via Petroselli è uno dei palazzi più iconici dell’Amministrazione capitolina, per la sua posizione centrale e per essere uno degli esempi del Razionalismo.
Alla scoperta della Roma nascosta: il Palazzo dell’Anagrafe di via Petroselli.
Andiamo alla scoperta della Roma segreta e proponiamo questo bell’articolo di Roma Capitale. Quello di via Petroselli è uno dei palazzi più iconici dell’Amministrazione capitolina, per la sua posizione centrale e per essere uno degli esempi del Razionalismo.
L’edificio è a pianta rettangolare e si sviluppa lungo via Luigi Petroselli, tra via di Ponte Rotto e via del Foro Olitorio, e ha due ingressi: quello principale in via Petroselli e quello riservato ai dipendenti capitolini su Lungotevere de’ Pierleoni. Ancora oggi è uno dei centri amministrativi più noti della città, perché sede dell’Ufficio Anagrafico centrale. La destinazione amministrativa è legata dall’inizio all’edificio, da quando cioè venne edificato negli anni Trenta del Novecento e precisamente tra il 1936 e il 1939, come testimonia una targa in marmo sulla facciata principale, sulla quale compare un bassorilievo della lupa capitolina e un’iscrizione che commemora l’inaugurazione del palazzo, nel 1939.
Quelli sul finire degli anni ’30 del Novecento erano per Roma anni di grandi trasformazioni urbanistiche che dovevano dare forza all’intento di ridisegnare l’identità stessa della capitale, alla cui grandezza il regime legava gran parte della propaganda sulla modernizzazione del Paese. Proprio il Palazzo dell’Anagrafe, all’inizio noto come palazzo del Governatorato di Roma, fu uno degli esperimenti di modernizzazione del tessuto urbano della città storica e uno degli esempi dell’architettura razionalista italiana.
L’edificio fu progettato dagli architetti Ignazio Guidi, Cesare Valle e Vincenzo Fasolo per l’area fino ad allora occupata dall’ospizio di Santa Galla e dalla chiesa adiacente alla casa dei Crescenzi, su commissione del governatorato di Roma. Immagini della posa della prima pietra, nel 21 aprile 1936, sono rintracciabili in rete e testimoniano la presenza del capo del governo Benito Mussolini. L’area del Foro Boario su cui fu costruito era stata già interessata da importanti demolizioni negli anni ’30 per fare spazio a nuovi edifici della pubblica amministrazione e per costruire la via del Mare, prevista dal Piano Regolatore del 1931. Da quelle demolizioni si salvarono solo alcuni edifici particolarmente importanti, come la chiesa di San Nicola in carcere, e vennero alla luce anche alcuni importanti reperti di numerosi horrea (magazzini) del vicino porto fluviale, che hanno consentito di arricchire gli studi sulla storia antica della zona.
Se all’esterno il palazzo sembra un anonimo ufficio amministrativo è all’interno che svela la preziosità di alcuni dettagli e di alcune scelte artistiche: dalle scale a chiocciola alle colonne ricoperte di tessere di mosaico delle ampie sale, dove oggi si accede per il rilascio di documenti e carte d’identità. Una convivenza tra arte e uffici a cui chi vive o lavora a Roma è in qualche modo abituato, ma è sempre in grado di emozionare.
Oltre a dettagli di arredo e scelte architettoniche, a colpire all’interno del Palazzo dell’Anagrafe sono due importanti testimonianze artistiche: l’affresco “Carnevale Romano” di Orfeo Tamburi e la decorazione parietale “Forma Urbis” disegnata dall’artista romano Duilio Cambellotti nel 1938, in marmo giallo venato e mosaico, di 440 cm di altezza e 330 cm di larghezza posta sulla parete frontale dell’ingresso principale del Palazzo.
Il dipinto di Orfeo Tamburi, invece, si trova al piano meno uno ed era stato pensato per affrescare una stanza che doveva essere di rappresentanza, ma che in verità non venne mai usata per questo scopo, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia di lì a poco e dell’estendersi del conflitto mondiale. È stato realizzato ad affresco su un supporto di foratini che corre con una insolita curva su tre pareti della sala, per un totale di 46,5 mq di superficie. Il racconto del Carnevale è senza soluzione di continuità, da sinistra verso destra, in un crescendo di colori e immagini che coinvolgono lo spettatore nella vivace atmosfera della festa. Nei volti di alcuni personaggi si possono riconoscere i ritratti di artisti e letterati del tempo, amici di Tamburi. L’artista stesso si ritrae in piedi, vestito di rosso, con il capo coronato di alloro. Una sottile cinta bianca gli cinge la vita: solo un acuto e attento osservatore può scorgere a una lettura ravvicinata la firma dell’autore e l’anno di realizzazione del dipinto.
L’affresco è conservato nel seminterrato dell’edificio dell’Anagrafe Civile, all’interno di un ambiente che per decenni, dopo la guerra, ha ospitato la sede della tipografia del Cral dei dipendenti comunali, ragione per cui negli anni più recenti è stato oggetto di un’accurata operazione di restauro che ha permesso, in parte, il recupero dell’affresco, ammirato dal pubblico durante alcune visite straordinarie in occasione dell’evento Tevere Day.
Dopo queste prime aperture estemporanee l’intenzione del Municipio I è quella di organizzare entro il 2025 un ciclo di visite guidate ai tesori nascosti dell’Anagrafe romana, quando si sarà concluso il lavoro di restauro dell’affresco e quando anche il progetto di mecenatismo, ancora in fase di studio, permetterà il recupero completo del mosaico della forma urbis. Si tratterà di visite contingentate a piccoli gruppi che sarà possibile prenotare allo 060608 non appena il recupero delle opere sarà giunto a conclusione. L’obiettivo è quello di valorizzare e dare il giusto rilievo a un patrimonio artistico così importante.

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