Sacchi, Scudi e Piotte, il significato del conio romano

A Roma c’è un modo curioso di chiamare i soldi che nonostante il cambio di valuta ha resistito e si è adattato al nuovo conio.
Sacchi, Scudi e Piotte: quando i soldi parlano romanesco.
A Roma, il denaro non è mai stato soltanto moneta, ma parte integrante del linguaggio quotidiano, un codice popolare fatto di termini che affondano le radici nella storia e che ancora oggi si fanno largo tra le conversazioni con la loro forza espressiva. Sacchi, Scudi e Piotte non sono soltanto parole, ma frammenti di un’identità che ha saputo attraversare i secoli senza mai scolorire, rivelando tutto il fascino del conio romano e del suo riflesso nel dialetto capitolino. In una città dove la parlata si fa cultura e la cultura si intreccia alla strada, il modo di indicare il denaro racconta più di qualsiasi saggio economico: evoca l’ingegno popolare, l’ironia e la capacità di adattamento di un popolo che ha sempre saputo nominare le cose a modo suo.

Banconote
Nonostante il passaggio dalla lira all’euro, alcuni termini storici legati al vecchio conio sono rimasti nell’uso quotidiano, dimostrando quanto sia radicata la tradizione linguistica romana. Sacchi, Scudi e Piotte non sono semplici parole, ma rappresentano un’eredità culturale che ha resistito al tempo, evolvendosi e trovando nuove forme di utilizzo nel linguaggio comune. Questo particolare modo di indicare il denaro racconta non solo la storia della moneta, ma anche il legame profondo tra la lingua e la vita di tutti i giorni nella capitale, dove il passato e il presente si intrecciano in un continuo gioco di significati e rimandi storici.
Nonostante il cambio valuta Lira-Euro avvenuto all’inizio del nuovo millennio il dialetto romano ha conservato i suoi tradizionali appellativi per le somme di denaro. Sarà capitato a tutti gli abitanti della capitale almeno una volta di riferirsi (o magari di sentirlo) ai soldi parlando di “piotte” o “sacchi”. Ecco questi termini hanno resistito e si sono adattati anche al nuovo conio, cambiando nella sostanza (perché di fatto il valore di riferimento è cambiato) ma non nella forma (visto che l’espressione è rimasta la medesima). Ovviamente alcuni di questi termini non nascono per caso ma la loro etimologia deriva da tutta una serie di influenze appartenenti per lo più agli anni della Roma papalina e dell’impero.
È il caso della celebre Piotta (divenuta tra le altre cose anche il nome d’arte di un celebre cantautore romano) che con la Lira indicava il valore di centomila lire e oggi sta significare invece cento euro. Secondo una curiosa ricostruzione numismatica con il termine piotta ci si riferiva al numero cento e, tra l’altro, c’è anche l’ipotesi che durante lo Stato pontificio si utilizzasse per identificare una moneta con l’effigie di papa Pio IX che per primo coniò una moneta da 100 Lire. La piotta sarebbe quindi legata al nome del pontefice ma in forma vezzeggiativa.
La Piotta non esaurisce i suoi usi con i quattrini, è infatti un termine piuttosto versatile. Ad esempio il verbo piottare si relaziona al tempo e vuole indicare un’azione compiuta con velocità elevata. Più caratteristica invece è l’espressione “te piottano le ascelle” che non significa altro che un’elevata sudorazione.

Euro
Il dialetto romano si è poi fornito di altre parole utili ad indicare il valore di alcune somme. Gli Scudi, per esempio, hanno un valore attuale di cinque euro (e per indicare dieci euro basta aggiungere ‘no scudo e si arriva a du’ scudi) e richiamano probabilmente le monete utilizzate dagli antichi romani e quelle da cinque lire in uso fino ai primi decenni del Novecento. I Sacchi, invece, indicano le migliaia e il corrispettivo di un sacco è di mille euro (du’ sacchi duemila e così via). Questo perché il valore del Sacco con la vecchia valuta era di mille lire e si è scelto di conservare il valore verbale a discapito di quello economico.

Euro
Alcuni di questi termini sono rimasti chiusi tra le mura romane altri invece hanno valicato il raccordo e si sono inseriti anche nel vocabolario di altre regioni. Questo grazie anche a opere letterarie, film e serie tv che hanno suscitato curiosità intorno al conio romano diventato a tutti gli effetti un vero e proprio esempio di resistenza dialettale.

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