Lo sapevate? Gli insetti fritti li mangiavano anche i romani

Considerati gustosi per Aristotele e Plinio il Vecchio, negli ultimi anni, la possibilità di nutrirsi d’insetti ha guadagnato attenzione per diversi motivi, tra cui la sostenibilità ambientale, il valore nutrizionale ed il potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto all'allevamento tradizionale di bestiame.
Lo sapevate? Gli insetti fritti li mangiavano anche i romani.
Considerati gustosi per Aristotele e Plinio il Vecchio, negli ultimi anni, la possibilità di nutrirsi d’insetti ha guadagnato attenzione per diversi motivi, tra cui la sostenibilità ambientale, il valore nutrizionale ed il potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto all’allevamento tradizionale di bestiame.

Una cavalletta
Mangiare insetti, noto anche come entomofagia, è una pratica comune in molte culture di tutto il mondo. Non tutti sanno che era un’usanza nota anche nell’antica Roma.
Aristotele, filosofo della Grecia antica ne parla nel suo libro di storia naturale “Historia animalium”, indicando le cavallette fritte e le cicale come cibo saporito. Plinio il Vecchio, scrittore, naturalista, filosofo, comandante militare e governatore provinciale romano, descrive come deliziose le larve di scarabeo, chiamate “cossus” ed era una convinzione condivisa dagli stessi romani.
Negli ultimi anni, l’entomofagia ha guadagnato attenzione per diversi motivi, tra cui la sostenibilità ambientale, il valore nutrizionale ed il potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto all’allevamento tradizionale di bestiame. Gli insetti sono ricchi di proteine, grassi sani, vitamine (come la vitamina B12) e minerali come il ferro e lo zinco. Alcune specie, come i grilli, contengono un livello di proteine paragonabile o superiore a quello di carne bovina o di pollo.
Gli insetti richiedono meno risorse per essere allevati rispetto agli animali da allevamento tradizionali: sono necessari infatti quantità inferiori di cibo e acqua oltre a una esigenza di spazio più esigua. In molte parti del mondo, come in Asia, Africa e America Latina, mangiare insetti è culturalmente accettato: in Thailandia, ad esempio, grilli fritti e cavallette sono venduti nei mercati come snack. In Messico, i chapulines (cavallette) sono un ingrediente tradizionale usato anche in piatti raffinati gourmet.
Con questa nuova consapevolezza, si rileggerebbe (entro alcuni limiti) secondo una diversa prospettiva anche l’invasione di cavallette: nefasta per i raccolti, diventerebbe una pioggia di prelibatezze. Susy Toma di “Rivista natura” ipotizza che la soluzione potrebbe “essere già nel piatto”, ossia trasformare l’invasione delle cavallette in cibo.
Attualmente la considerazione è un’iperbole, in quanto gli immensi sciami di insetti che invadono i cieli d’Africa sono indicati dalla Fao come un pericolosissimo rischio di carestia: secondo AGI “in 24 ore uno sciame è in grado di percorrere fino a 150 km e mangiare la stessa quantità di cibo di circa 35 mila persone”. Anche nella Bibbia l’arrivo delle cavallette è descritta come l’ottava piaga d’Egitto.

Cavalletta
La Sardegna, ciclicamente invasa dalle cavallette africane, ha adottato da tempo diverse strategie efficaci per fermarne la diffusione. Potrebbe essere utile per combattere la fame, oltre all’eliminazione di questi insetti commestibili, affiancare delle strategie per catturarli?
foto: Pixabay

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