I Centri Sociali Autogestiti Occupati di Roma: luoghi di resistenza e creatività urbana

I centri sociali di Roma sono molto più che semplici spazi di protesta: sono fucine di idee, cultura e solidarietà, luoghi dove si costruiscono alternative concrete per una società più inclusiva. Vediamo in questo articolo tra i più noti della Capitale.
I Centri Sociali Autogestiti Occupati di Roma: luoghi di resistenza e creatività urbana.
I centri sociali di Roma sono molto più che semplici spazi di protesta: sono fucine di idee, cultura e solidarietà, luoghi dove si costruiscono alternative concrete per una società più inclusiva. Vediamo in questo articolo tra i più noti della Capitale.
I centri sociali autogestiti occupati rappresentano una parte vitale del tessuto sociale e culturale di Roma, emergendo come spazi di resistenza, inclusione e creatività. Questi luoghi, noti come CSOA, sono generalmente spazi abbandonati o inutilizzati, riappropriati da collettivi di cittadini per trasformarli in laboratori di attività politiche, culturali e sociali. Nati dalla necessità di opporsi a un sistema capitalista ritenuto escludente e disuguagliante, questi spazi offrono un’alternativa concreta di partecipazione dal basso, basata su autogestione, condivisione e solidarietà.
Molti centri sociali a Roma sorgono negli anni ’70, con il movimento delle occupazioni, parte costituente delle lotte studentesche e operaie. A fronte di una notevole crisi economica e sociale, molti edifici abbandonati vennero occupati per creare spazi dedicati all’aggregazione. Roma, in particolare, ha visto sviluppare il fenomeno in modo significativo, grazie alla sua vasta disponibilità di edifici abbandonati, ma anche per via delle sue peculiari dinamiche politiche e sociali.
Negli anni ’90, con il diffondersi dei movimenti no-global e la proliferazione di ideologie libertarie e anarchiche, questi luoghi non erano solo rifugi per giovani attivisti, ma veri e propri laboratori di politica alternativa, musica indipendente, arte e teatro, che andavano oltre le logiche del mercato e delle istituzioni tradizionali. In questo articolo citeremo i più celebri, per restituire uno spaccato romano degno di essere conosciuto.
Uno dei più noti è lo Spin Time Labs a via Fracastoro 8, occupato nel 2021 per ospitare diverse persone sgomberate tra lo stesso 2021 e 2023, aventi lavori a tempo determinato e basso reddito, impossibilitate per questo ad accedere al mercato immobiliare privato.
Il posto è diventato noto anche in seguito la visita del regista Ken Loach, noto per le sue idee anticapitaliste.
Il Forte Prenestino è uno dei centri sociali storici della Capitale, nato dall’occupazione di un vecchio forte militare nel quartiere Prenestino-Labicano nel 1986 in Via Federico Delpino, è un punto di riferimento per la scena culturale alternativa di Roma, ospitando festival, fiere editoriali, proiezioni cinematografiche e concerti di musica indipendente.
Tra San Paolo e Viale Marconi in Via della Vasca Navale 6, troviamo Acrobax Project – Laboratorio Occupato Autogestito del Precariato Metropolitano, sorto sui resti di un Ex-Cinodromo, dove avvenivano le corse dei cani.
Interessante a Spinaceto in via Caduti della Liberazione 268, la realtà Auro e Marco con ben 32 anni di vita, attivo in iniziative solidali e culturali come laboratori ed esibizioni dal vivo.
Il Casale Podere Rosa – a Via Diego Fabbri in zona Talenti/San Basilio è un cardine della periferia romana come anche l’Ex – Snia Viscosa a Via Prenestina, 173 nel quartiere Pigneto, il CSOA La Torre a Via Bertero, 13 a Casal de’ Pazzi, lo L38 Squat/Laurentino Okkupato in Via Giuliotti, 8,
Tra i più frequentati anche l’Intifada in Via di Casalbruciato 15, l’ ESC Atelier Occupato a San Lorenzo in Via dei Reti 15, lo Strike in Via Partini a Portonaccio e Spartaco in Via Selinunte 57 in zona Quadraro.
Nonostante il loro importante ruolo sociale, i centri sociali sono spesso al centro di polemiche. La loro natura occupativa li pone in contrasto con le istituzioni e i proprietari degli edifici, generando tensioni e scontri legali. Le amministrazioni locali, a volte ostili, hanno cercato più volte di sgomberare questi spazi, spesso con l’accusa di illegalità e pericolosità. Tuttavia, molti centri sociali sono riusciti a resistere grazie al sostegno popolare e alla capacità di rinnovarsi e adattarsi alle nuove esigenze. Una delle realtà in tal senso più significative è il MAAM, Museo dell’Altro e l’Altrove, del quale abbiamo avuto modo di approfondire in un articolo con un’intervista al direttore ed antropologo Giorgio De Finis, che vi invitiamo a leggere: un ex-salumificio occupato sulla Prenestina in una roccaforte d’arte viva, con centinaia di muri dipinti, sculture, installazioni e performance realizzate da artisti affermatissimi ed emergenti. Arte “a protezione” degli abitanti, circa 200 persone, nuclei famigliari con tanti bambini, provenienti da diverse parti del mondo, una “città meticcia” in continua evoluzione.
In un momento storico segnato da crescente precarietà economica e da profonde trasformazioni urbane, i CSOA romani continuano a essere luoghi di sperimentazione politica e culturale. Offrendo spazi di aggregazione per chi si sente emarginato dalle logiche dominanti, questi centri si configurano come baluardi di resistenza contro la gentrificazione e la speculazione immobiliare, proponendo modelli di convivenza e di economia solidale basati sull’autogestione.
Il futuro dei centri sociali occupati a Roma dipenderà molto dalla capacità di questi spazi di resistere alle pressioni esterne e di rinnovarsi, intercettando le nuove istanze sociali e culturali che emergono dalla città.

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