Lo sapevate? Nel 1943 Americani e Alleati sganciarono su Roma quattromila bombe

“Cadevano le bombe come neve” cantava De Gregori: nel 1943 gli americani bombardavano Roma. Nel 1943 durante il secondo conflitto mondiale furono sganciate dagli americani quattromila bombe su Roma provocando tremila morti e undicimila feriti.
Lo sapevate? Nel 1943 Americani e Alleati sganciarono su Roma quattromila bombe.
“Cadevano le bombe come neve” cantava Francesco De Gregori, evocando uno dei momenti più drammatici della storia italiana. Era il 1943, l’anno in cui il cielo sopra Roma si trasformò in un teatro di distruzione. Nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, la capitale d’Italia divenne bersaglio di un incessante assalto aereo da parte delle forze alleate. Migliaia di bombe piovvero dal cielo con una violenza inaudita, spezzando il silenzio e la vita di una città già segnata dalla fame e dalla paura.
Furono circa quattromila le bombe sganciate dagli americani, un numero impressionante che lasciò Roma devastata. Quartieri interi vennero ridotti in macerie, monumenti storici subiscono danni irreparabili, e il conto umano fu straziante: tremila morti, undicimila feriti, e una città intera piegata dal dolore.
Per i romani, quei giorni furono un incubo senza fine. Le sirene d’allarme risuonavano continuamente, costringendo la popolazione a correre nei rifugi antiaerei, spesso inadeguati a proteggere davvero chi vi si rifugiava. Eppure, nel cuore di questa tragedia, la città cercava disperatamente di resistere, aggrappandosi a un barlume di speranza.
I bombardamenti del 1943 non furono solo un evento bellico, ma un simbolo della crudeltà della guerra e del prezzo altissimo che i civili pagano nei conflitti. Ancora oggi, camminando per Roma, si possono trovare le tracce di quelle ferite: nei palazzi ricostruiti, nei memoriali, e soprattutto nella memoria collettiva di una città che, nonostante tutto, ha saputo rialzarsi.
Si tratta di uno degli eventi più drammatici della capitale ancora vivo nei ricordi dei sopravvissuti e nei luoghi vittima del bombardamento.

Bombe su Roma
“Cadevano le bombe come neve
Il 19 luglio a San Lorenzo
Sconquassato il Verano
Dopo il bombardamento
Tornano a galla i morti
E sono più di cento”
Cantava Francesco De Gregori in Sal Lorenzo. Era il 19 luglio del 1943 quando i cieli di Roma vennero oscurati da una pioggia di bombe amiche. Gli americani, gli alleati, sganciarono 4000 ordigni sulla capitale da 6000 metri di altezza colpendo le zone di San Lorenzo, Prenestino, Tiburtino e Tuscolano. Il bilancio dei morti fu impietoso: tremila persone persero la vita e più di undicimila rimasero ferite, vennero distrutte più di diecimila case causando quarantamila sfollati. La prima bomba venne sganciata alle 11:03 da Lucky Lady, quella “ragazza fortunata” puntò il mirino sullo scalo merci di San Lorenzo. Seguirono velocemente altri passaggi aerei, nubi di polvere e incendi avevano investito gran parte del quartiere e le bombe raggiunsero anche le tombe del Verano e la Basilica di San Lorenzo.
L’attacco fu sferrato da trecento bombardieri pesanti quadrimotori Boeing B-17 Flying Fortress e Consolidated B-24 Liberator e nel pomeriggio dello stesso giorno altri duecento bombardieri medi continuarono a colpire Roma. A quell’episodio seguirono altri 51 bombardamenti fino alla completa liberazione della capitale. Si perché l’obiettivo degli “alleati” era di quello di indebolire l’Italia, principale alleato dei nazisti, ma molte dei morti causati dalle atrocità americane potevano essere risparmiati.

Il Papa tra i romani dopo le bombe
Secondo una ricostruzione dello storico Lorenzo Grassi quello di San Lorenzo fu il primo di una lunga serie di e/orrori. Da quanto emerge da alcuni rapporti e documenti del 97th Bombardment Group degli Stati Uniti esisteva si un’aerea individuata come obiettivo ma i bombardamenti non si limitarono ad essa. Le bombe sarebbero dovute cadere sulla stazione Tiburtina così da bloccare il principale asse dei trasporti ferroviari italiani aprendo le porte di Roma alla Quinta Armata americana che sarebbe giunta nella capitale in pochi mesi. L’errore ammesso fu di 500 metri a ovest e di 300 a nord rispetto all’obiettivo fissato dagli americani e questo si tradusse nella distruzione di uno dei quartieri più popolosi di Roma.
Nei giorni seguenti al 19 luglio le bombe continuarono a cadere su Roma e una ventina di giorni più tardi fu il quartiere di San Giovanni il bersaglio degli americani. In quella occasione si recò sul posto anche Papa Pio XII per abbracciare e benedire i civili vittime delle barbarie alleate. Fece visita ai luoghi del disastro anche Vittorio Emanuele III ma la sua limousine fu presa a sassate e le grida ostili convinsero il re a un rapido dietro-front. I romani non avevano bisogno di visite istituzionali, chiedevano a gran voce la fine del conflitto e gridavano al re “non vogliamo le vostre elemosine, vogliamo la pace, fate la pace”.
“E un giorno, credi
Questa guerra finirà
Ritornerà la pace
E il burro abbonderà
E andremo a pranzo la domenica
Fuori porta, a Cinecittà
Oggi pietà l’è morta
Ma un bel giorno rinascerà
E poi qualcuno farà qualcosa
Magari si sposerà”.

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