Lo sapevate? Perché si dice “Il figlio della gallina bianca”?

Dietro ogni modo di dire esiste un mondo fatto di riferimenti storici ed evoluzioni culturali. Oggi andremo alla scoperta del detto che si usa per indicare le persone privilegiate
Figlio della gallina bianca: un detto romano tra storia e tradizione.
Nel vasto repertorio dei modi di dire romani, ce ne sono alcuni che, pur essendo utilizzati ancora oggi, affondano le loro radici in tempi lontani, raccontando storie di usi, credenze e tradizioni popolari. Uno di questi è il celebre “figlio della gallina bianca”, con la sua variante “oca”, un’espressione che viene usata per indicare qualcuno che gode di privilegi speciali o di un trattamento di favore rispetto agli altri.
Ma da dove nasce questa curiosa locuzione? La spiegazione si trova nella cultura contadina e nelle credenze di un tempo, quando avere una gallina bianca era considerato un segno di buon auspicio. Gli animali di colore chiaro, infatti, venivano spesso associati alla purezza e alla fortuna, e chi possedeva una gallina bianca poteva ritenersi particolarmente fortunato, perché si credeva che le sue uova fossero più pregiate e che la carne fosse più saporita rispetto a quella delle galline di altri colori.
In questo contesto, l’idea di essere “figlio della gallina bianca” si legava alla convinzione che una persona nata sotto una buona stella fosse destinata a ricevere trattamenti di riguardo e ad avere un destino migliore rispetto agli altri. Nel tempo, l’espressione ha assunto un significato più ironico e critico, venendo usata per sottolineare, a volte con un pizzico di invidia o sarcasmo, la disparità di trattamento tra individui, che può derivare da privilegi economici, sociali o di altro tipo.
Oggi questo detto continua a essere ampiamente utilizzato nel linguaggio comune, soprattutto per commentare situazioni di favoritismo o per evidenziare differenze ingiustificate tra le persone. E proprio come tanti altri modi di dire tramandati nei secoli, conserva il fascino e la saggezza della tradizione popolare, ricordandoci con una semplice frase quanto sia radicata nella cultura italiana la capacità di osservare la realtà con arguzia e ironia.
Nella satira XIII di Giovinale troviamo il seguente testo latino: “Quia tu gallinae filius albae, nos viles pulli, nati infelicibus ovis” che si traduce in italiano “perché tu sei il figlio della gallina bianca, mentre noi, vili pulcini, siamo nati da uova infelici”.
Nell’antica Roma la gallina bianca era simbolo di autorevolezza e fortuna.
Secondo un racconto, Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Cesare Augusto, avrebbe visto un’aquila volare in cielo che fece cadere proprio sulle sue braccia una gallina bianca.
Essendo un evento fuori dall’ordinario, l’imperatrice decise che la gallina e i suoi pulcini da quel momento in poi sarebbero stati considerati esseri sacri e allevati per riti e sacrifici agli dei.
Con il trascorrere dei secoli, si è aggiunta anche la versione “oca bianca” citata anche da Giuseppe Gioacchino Belli nel suo “Lotte a casa”, un sonetto satirico che qui riportiamo in riferimento all’episodio biblico di Sodoma e Gomorra:
“Cor zu’ bravo sbordone a manimanca, Du’ pellegrini a or de vemmari, Cercaveno indov’era l’osteria,
Perc’uno aveva male in d’una cianca. Ce s’incontra er zor Lotte, e je spalanca er portone dicenno: “A casa mia”.
E loro je risposeno: “Per dia Dimani sarai fio de l’oca bianca”.
Quelli ereno du’ angeli, fratello, Che ar vedelli passà li Ghimorrini Se sentinno addrizzà tutti l’ucello. E arrivonno a strillà, fiji de mulo: “Lotte, mannece giù li pellegrini, Che ce serveno a noi pe daje in culo”.
Il testo ha la seguente traduzione: “Col loro bravo bordone nella sinistra, due pellegrini all’ora del tramonto
cercavano dov’era l’osteria, perché uno aveva male ad una gamba.
Incontrano il signor Lot, che spalanca loro il portone dicendo: “A casa mia”.
E loro gli rispondono: “Per Dio, domani sarai figlio dell’oca bianca” (ossia: sarai un privilegiato, ndr)
Quelli erano due angeli, fratello, a veder passare i quali gli abitanti di Gomorra sentirono tutti di avere un’erezione.
E quei figli di mulo arrivarono persino a gridare: “Lot, mandaci giù i pellegrini, ci occorrono per sodomizzarli”.
Per quanto lo scritto possa apparire piuttosto forte, nella Genesi 19 esiste effettivamente un passaggio dove due angeli travestiti da pellegrini vennero inviati a Sodoma da Dio per distruggere la città. Nel racconto sono ospitati da Lot e i cittadini Sodomiti, circondarono la casa con l’intenzione di abusare degli angeli.
Ma ciò che fa orrore sono i versi successivi: “Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé, disse: ‘No, fratelli miei, non fate del male! Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA