Intervista a Isabella Corda: quando il bondage diventa arte

Legare corpi e corde, arte e fetish. Intervista ad una donna che ha fatto dell'intreccio la sua forma d'espressione creativa
Roma è una città poliedrica e dalle mille sfaccettature, fatta anche di personaggi alternativi, che sovvertono punti di vista e pregiudizi.
Ho incontrato Isabella Corda, un’artista il cui percorso è iniziato nel 2006 dal mondo fetish, praticando l’arte giapponese del bondage Shibari. Una donna che è stata in grado di evolversi negli anni sviluppando una propria forma espressiva tramite le corde.
I suoi lavori spaziano dalle performance alle installazioni, dalle scenografie ad abiti fino ad arrivare al design. Ha partecipato a diversi festival e happening artistici in Italia e all’estero, collaborando con artisti di diverse discipline. Ha creato e diretto i festival AccordaMenti (arte contemporanea multidisciplinare), Kokeshi Rebel Fest (arti giapponesi tradizionali/anticonvenzionali) e RI-Corda, creato per la residenza artistica al MACRO Museo d’arte contemporanea di Roma.
L’originalità della sua arte è stata citata in saggi di arte contemporanea e antropologia e tesi di laurea.
Isabella, qual è la tua formazione?
“Sono un’autodidatta e ricercatrice continua della forma e le forme del legare. La forma del macramè (merletto creato secondo un’antica tecnica marinara con filati intrecciati e annodati tra loro, senza l’ausilio di aghi o uncini, ndr) appartiene ai miei giochi sin da bambina, quando già tra le trame dei fili trovavo una libertà espressiva e la capacità di inventare veri e propri mondi. Sostituire la stoffa su cui intrecciavo con un corpo vivo in relazione con me è stata una vera e propria crescita verso l’affermazione della mia identità.
I vari corsi di bondage frequentati, sono serviti più ad avere strumenti con cui garantire la sicurezza del partner che ad indirizzarmi verso forme già presenti. La personale ricerca attiene più al corpo che alla corda in sé, in un linguaggio di ambito relazionale non verbale. Quindi i miei “attrezzi”, sono stati trovati nel teatro, nella danza, nella performance art, e nell’espressione corporea in genere (bioenergetica, butoh, luci ed ombre, vibrazione sonora, cromoterapia…)”.
Come ti sei avvicinata al mondo del bondage?
“Ho cominciato per gioco: ho conosciuto le corde frequentando l’ambiente Fetish/BDSM (Bondage Disciplina Sadismo e Masochismo) nel 2005, con la curiosità e quel pizzico di trasgressione che nella vita non guastano mai. Nelle dinamiche di dominazione e costrizione, il bondage con le corde ha attratto subito la mia creatività e sono stata tra le prime donne in Italia a farne uso e trovare, così, un nuovo codice non binario a questo tipo di relazione”.
Raccontaci la storia dello shibari.
“È un’arte così antica che compare nelle cerimonie religiose, in cui le corde simboleggiavano l’unione tra gli uomini e le divinità. Solo nel 1600 le legature entrano nell’immaginario erotico giapponese. La parola Kinbaku sta ad indicare la bellezza della sottomissione volontaria e partecipe, dell’affidarsi senza resistenza, della costrizione indotta dalle corde. Oggi viene svolta da alcuni anche come forma di rilassamento o come forma artistica di scultura vivente”.
– Insegnami alcuni nomi dei nodi
Ti dedico qualche nodo:
La gassa d’amante, la regina dei nodi marinari. La si può annodare in uno svariato numero di modi, anche al volo, intorno ad un oggetto, e una persona.
Nodo a otto, simbolo dell’amicizia eterna. E’ il nodo d’arresto più importante e ha il pregio di non stringersi eccessivamente. La sua forma può richiamare un cuore e il segno dell’infinito.
Nodo a bocca di Lupo, nel “bondage” viene utilizzato come nodo di giunzione rendendo le corde virtualmente infinite.

PH MACRO Asilo
Come è avvenuto il passaggio dalla pratica dello shibari all’arte contemporanea?
“Io posso parlare del mio percorso. Come detto prima, la corda rappresenta per me uno strumento di espressione e relazione. Espressione e relazione sono per me la base dell’esperienza artistica: il passare e il comunicare uno stato emotivo e interpretativo della mia interiorità verso l’esterno. Sono un’artista che utilizza la materia ed il corpo vivo prima dell’esperienza concettuale. E si produce in un qui ed ora presente e perenne, relazionale e non universale, ma riconoscibile proprio attraverso l’esperienza. Con la mia presenza e la mia corporeità lo Shibari perde così la sua connotazione impositiva, trasformandosi in un dialogo attivo con l’altra persona. Difatti io chiamo le mie partner artistiche “muse”, in quanto partecipi e non succubi dell’atto creativo. Credo che l’individualismo artistico appartenga al retaggio del secolo scorso. Mi sento più vicina alla dimensione rituale e comunitaria dell’arte; per gioco mi definisco “Matrona” proprio esaltando la dimensione materna, protettiva e accogliente del mio fare arte”.
Ti occupi di corde, perché queste azioni dovrebbero essere catalogate come arte e non artigianato
“Io ho imparato a gestire entrambi su campi diversi. Le mie performance ed installazioni non sono una cosa che faccio e vendo, è un’azione che sparisce lasciando solo l’emozione del momento. Il mio artigianato prevede collaborazioni, di cui spesso mi fanno richiesta. Da qui posso gestire entrambi, poiché in sé e per sé sono la stessa cosa. Non è il mezzo a far di qualcuno un’artista, come non è il bisturi a fare il chirurgo, ma la qualità e l’intenzione del gesto, la forma e il contenuto del comunicare. La mia arte è relazione intima ed immersiva, senza la relazione rimarrebbe solo forma e contenitore, solo un nodo e non un legame”.
Uno degli eventi più significativi per la tua carriera
“Nel 2019 nel programma del museo Macro Asilo di Roma mi è stata dedicata una settimana antologica retrospettiva dal titolo RI-CORDA. Questo progetto è stato realizzato come esito di più di un decennio di mia attività artistica. Ho voluto riconnettere tutto il mio lavoro con gli artisti e le persone che hanno collaborato con me fuori e dentro la scena. Come tra gli alberi di un bosco incantato, in cui le mie corde erano emanazione dei rami, il pubblico ha potuto incontrare figure animate, corpi danzanti, suoni, fotografie, dipinti, sculture. Una volta di più i miei nodi hanno connesso tra loro animi diversi e sono stati collante tra le varie forme d’arte.
La funzione collaborativa dell’arte è sempre stata al centro della mia attività come nelle varie edizioni di AccordaMenti e Kokeshi Rebel Fest. In questi eventi mi sono trasformata da artista a curatrice, direttrice, organizzatrice. Questi sono diventati così delle enormi tavolozze dove poter esprimere la mia forma viva tornando ad essere creatrice, bondager, performer e rope artist”.
Quale srà la tua prossima iniziativa?
“Ho in campo diversi progetti legati alle installazioni opere a cui sto lavorando per la mia prima mostra personale, documentari, oltre a set vari dove convergono altre forme e collaborazioni; non è con i nodi, in fondo, che si creano le reti”?
La domanda che avresti voluto ti avessi fatto
Chi è Isabella senza Corda?

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