Roma e mondo dell’occulto. Intervista a Riccardo Cecchini, antropologo esoterista

Abbiamo in passato già incontrato Gustavo Rendhell, dichiarato medium. Oggi invece parleremo con Riccardo Cecchini, laureato in storia delle religioni con indirizzo antropologico e considerato un esperto del mondo esoterico.
Incuriositi dalle diverse branche e sfumature del sapere, ci approcciamo a conoscere, in quanto osservatori del mondo e dei suoi fenomeni, uno spaccato di Roma suggestivo e affascinante: la città esoterica, che è spesso nascosta e avvolta da mistero.
Se l’esoterismo denoterebbe la presunta capacità di accedere al nucleo intimo e unitario di una certa verità e lo dovrebbe fare andando oltre le apparenze esteriori, in questo articolo ci avvicineremo senza giudizio alcuno, con approccio scientifico, ad una variante del comportamento umano.
Già Umberto Eco parlava di esoterismo come “ricerca di un sapere che non si trasmette se non per simboli, sigillati per i profani” e coerentemente con questa visione l’intenzione è quella di cercare di comprendere meglio significati da significanti spesso ignoti.
Abbiamo in passato già incontrato Gustavo Rendhell, dichiarato medium.
Oggi invece parleremo con Riccardo Cecchini, laureato in storia delle religioni con indirizzo antropologico e considerato un esperto del mondo esoterico.
Ha pubblicato libri e articoli per diverse case editrici e riviste specializzate, ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e radiofoniche.
Antropologia ed esoterismo come si incontrano?
“L’antropologia studia tutto ciò che riguarda la cultura dell’uomo. L’esoterismo in origine era un sapere iniziatico riservato a pochi, mentre attualmente è una ricerca spirituale, un immenso contenitore che va dalle tecniche di divinazione all’occultismo fino allo spiritismo.”
Come avviene che da studioso ed osservatore partecipante di ritualità, religioni si inizi invece a praticare?
“Questo in realtà è più diffuso di quanto si pensi. Alfred Metraux era un antropologo piuttosto affermato, ad un certo punto dopo aver effettuato ricerca sul campo ad Haiti, iniziò a praticare il Vudù. Anche Micheal Harner da antropologo divenne egli stesso sciamano.”
Di cosa ti occupi in campo esoterico?
“Sono un ricercatore indipendente, attualmente mi sto interessando di culti afro-americani, soprattutto nella declinazione delle pratiche rituali. Sto inoltre approfondendo le tecniche alchemiche che riguardano l’immortalità, come ad esempio la magia avatarica.”
Hai scritto diversi testi, ce ne parli?
“Nel 2004 ho scritto un libro con Cecilia Gattotrocchi, una nota antropologa. Poi ho continuato con ricerche su Scientology e ora ho scritto un saggio sugli Dei guaritori.”
Che obiettivi hai per il futuro?
“Ho intenzione di approfondire le mie ricerche in Africa, dove vorrei operare sul campo. Tra l’altro sto scrivendo un libro su magia e spiritualità in Madagascar e altri Paesi africani.”

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Lo sapevate? Lo stadio Pietrangeli a Roma è considerato il campo da tennis più bello al mondo dove giocare a tennis

Esiste un luogo, incastonato nel cuore di Roma, che nessun campo da tennis nel mondo, per quanto spettacolare o architettonicamente ambizioso, potrà mai eguagliare: lo stadio Nicola Pietrangeli. Lo chiamano il campo più bello al mondo dove giocare a tennis, e non a caso.
Lo sapevate? Lo stadio Pietrangeli a Roma è considerato il campo da tennis più bello al mondo dove giocare a tennis.
Esiste un luogo, incastonato nel cuore di Roma, che nessun campo da tennis nel mondo, per quanto spettacolare o architettonicamente ambizioso, potrà mai eguagliare: lo stadio Nicola Pietrangeli. Lo chiamano il campo più bello al mondo dove giocare a tennis, e non a caso.
Non c’è eliporto, grattacielo o isola artificiale che tenga. Non bastano progetti faraonici o architetti visionari per replicare quello che solo il Pietrangeli possiede: l’anima. Perché puoi replicare tutto, tranne l’atmosfera che qui si respira. Per questo, per scattare la più bella foto mai vista di un campo da tennis, bisogna venire a Roma. Bisogna venire qui. Tra le architetture moderne degli stadi internazionali, lo Stadio Pietrangeli continua a imporsi come un’icona: costruito tra il 1931 e il 1933 su progetto dell’architetto Enrico Del Debbio, nel complesso monumentale del Foro Italico, è rimasto immobile nel tempo, testimone silenzioso delle stagioni che cambiano e degli applausi che non smettono mai. Laddove il vecchio Centrale in legno lamellare è stato demolito, dove l’Arena Supertennis viene smontata e rimontata ogni anno e nuovi campi da allenamento spuntano come nuove foglie, il Pietrangeli è rimasto fedele a se stesso. Fermo, saldo, sempre nel cuore del Foro, e nel cuore dei romani. Prima di essere dedicato alla leggenda azzurra Nicola Pietrangeli, era conosciuto come Stadio della Pallacorda. Un piccolo anfiteatro da 3720 posti, secondo quanto dichiara il CONI, con gradinate in marmo bianco – scarti delle cave di Carrara – e sedute angolari. Le aiuole che delimitano il campo, le statue marmoree poste in cerchio sopra l’ellisse del campo, a sorvegliarlo dall’alto: ogni dettaglio è una carezza alla memoria. Le statue vengono ripulite con cura all’inizio di ogni torneo, splendono candide sullo sfondo verde smeraldo del prato. E quando scendi le scale del Pietrangeli per la prima volta, ti accorgi che non è solo tennis. È un’emozione, un battito che accelera. Da una parte Monte Mario, dall’altra lo sguardo si apre verso il Tevere. A destra lo Stadio Olimpico, a sinistra il nuovo Centrale. E tu, giù, quasi all’altezza dei giocatori, con la traiettoria della pallina davanti a te come fosse disegnata su un foglio. È qui che capisci perché i tennisti lo amano. Sul Pietrangeli, il cartellone degli sponsor dietro i giocatori è basso, poco più di un metro. Nessun fondale uniforme che aiuti a distinguere la palla. Solo una marea colorata di maglie e cappellini, viva, umana. Ma i tennisti lo accettano, anzi lo vogliono. Perché il Pietrangeli ti mette a contatto diretto con la passione del pubblico. Il calore dei tifosi è lì, a pochi metri.

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