Lo sapevate? Perché ci sono così tante civette nella Casina dei Torlonia a Roma?
Una casa misteriosa (ma si può visitare), oltre la fiaba, che sembra uscita da un film di Tim Barton. Scopriamo perché compare ripetutamente questo simbolo al suo interno. Sembra uscita da un film di Tim Burton la “Casina delle Civette”, una delle residenze della famiglia Torlonia. Per arrivare bisogna entrare nel Parco della Villa di famiglia, in via Nomentana 70.
Lo sapevate? Perché ci sono così tante civette nella Casina dei Torlonia a Roma?
Una casa misteriosa (ma si può visitare), oltre la fiaba, che sembra uscita da un film di Tim Barton. Scopriamo perché compare ripetutamente questo simbolo al suo interno. Sembra uscita da un film di Tim Burton la “Casina delle Civette”, una delle residenze della famiglia Torlonia. Per arrivare bisogna entrare nel Parco della Villa di famiglia, in via Nomentana 70.
Originariamente “Capanna Svizzera”, fu abitata dai Torlonia fino al 1938 per poi essere trasformata in un museo. La casina fu ideata nel 1840 da Giuseppe Jappelli su incarico di Alessandro Torlonia ed i lavori furono proseguiti da Enrico Gennari.
Il nome deriva dal fatto che al suo interno ricorrono continuamente immagini, decorazioni, disegni a forma di civetta, in quanto animale notturno e solitario, come il principe Giovanni, dedito alla cultura e all’esoterismo. Non è un caso, infatti, la scritta “Sapienza e Solitudine” su un architrave della struttura. Le civette inoltre sono simbolo della filosofia e della saggezza e compaiono, da Omero in poi, nelle rappresentazioni di Atena glaucopide nei miti dell’antica Grecia e di in quelli dell’antica Roma.
L’immagine della civetta fu anche usata dagli Illuminati e nella Massoneria per i novizi: quando salivano ai gradi superiori venivano chiamati “Minervali” con riferimento alla dea della saggezza.
Questo rapace è inoltre associato alla chiaroveggenza e alla risoluzione da conflitti e problemi.
Il geroglifico egiziano indicava morte, notte, passività ed il sole al tramonto.
Nel medioevo erano segno di stregoneria, in quanto si pensava che le streghe vi si trasformavano per non farsi riconoscere.
Attualmente la Casina è visitabile a pagamento o gratuitamente tramite Mic card, il percorso dura circa un’ora e tra le cose più belle che si possono vedere ci sono le vetrate, opera di Duilio Cambellotti, che costituiscono un importante cavallo di battaglia.
Vi vediamo raffigurati guerrieri, la simbologia del chiodo, della lucciola, dei trifogli, dell’edera, della rosa e dell’uva. Altre rappresentazioni sulle vetrate o sui disegni sono le quattro stagioni, figure nude, la donna con mantello blu, la donna col mantello rosso, la fata. Questi elementi vanno anche a nominare le varie zone della casa, come il balcone delle rose, il salottino dei satiri.
È interessante questa contrapposizione di due donne con differenti colori di mantello, considerato che religiosamente l’azzurro è attribuito alla Madonna ed il rosso alla Maddalena.
Diversi gli animali raffigurati, oltre alle civette che ricorrono in modo ossessivo vi sono farfalle, serpenti, pavoni, pipistrelli, gabbiani, nel corridoio troviamo “il volo delle rondini”.
Se l’edera, il chiodo e l’uva rimanda al lavoro, quindi forse di derivazione massonica, il gabbiano riporta all’apprendimento di nuove discipline e alla libertà (per la quale la solitudine è un canale spesso necessario).
Una casa misteriosa, oltre la fiaba, con pavimenti in maiolica originali Richard Ginori.
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