DentroMeOsi. Al Teatro Tordinona di Roma è andata in scena l’endometriosi tra arte e consapevolezza femminile

Il 14 e 15 gennaio a Roma è andata in scena “DentroMeOsi”, uno spettacolo scritto e diretto dalla regista Mariaelena Masetti Zannini che nasce allo scopo di sensibilizzare la gente sul tema delle malattie invisibili croniche al femminile. L’endometriosi è una patologia fortemente invalidante che colpisce tre donne su dieci e di cui non esistono cure. Protagonista ReginaQueen, pseudonimo di Giulia Ranzanici, artista pop bresciana già stilista con Elio Fiorucci.
DentroMeOsi. Al Teatro Tordinona di Roma è andata in scena l’endometriosi tra arte e consapevolezza femminile.
Il 14 e 15 gennaio a Roma è andata in scena “DentroMeOsi”, uno spettacolo scritto e diretto dalla regista Mariaelena Masetti Zannini che nasce allo scopo di sensibilizzare la gente sul tema delle malattie invisibili croniche al femminile. L’endometriosi è una patologia fortemente invalidante che colpisce tre donne su dieci e di cui non esistono cure. Protagonista ReginaQueen, pseudonimo di Giulia Ranzanici, artista pop bresciana già stilista con Elio Fiorucci.
Sul palco anche Vania Mento, fondatrice del movimento “Lavocediunaelavoceditutte” attivista italiana sul tema, in un incontro allo specchio con la protagonista che prima di una diagnosi ha dovuto attraversare un difficilissimo calvario di consigli medici errati e fraintendimenti.
Lo spettacolo ha i ottenuto il sostegno del Terziario Donna di Confcommercio.
Abbiamo incontrato Mariaelena Masetti Zannini e Giulia per un’intervista.
(foto: Pasquale Pino e Antonisphotography)
Mariaelena, chi sono gli artisti coinvolti?
Il progetto è un vero e proprio lavoro di gruppo estremamente immersivo nella sua multidisciplinarietà.
Ho coinvolto Niko Marinelli, internazionale maestro dell’arte rituale performativa che danza con la luce creando una installazione sinestetica collegando fili visibili e invisibili, come quelli della coscienza.
Anthony Rosa, eclettico performer e attore, oltre che scenografo ed aiuto regia, ha dato vita alle psicadeliche visioni di ReginaQueen attraverso la sua ironica e prepotente presenza.
Enrico Ranzanici, regista della parte video ha inoltre dato il suo immenso contributo realizzando una vera e propria galleria filmica tratta dalle opere dell’artista.
Il lavoro non sarebbe stato possibile poi senza il nostro più grande sostenitore Marco Montalti e alla sua associazione Spectre che ha prodotto l’opera.
Giulia, parlaci della tua arte.
Dopo il liceo artistico frequento l’Istituto Europeo di Design (specializzazione fashion design), e con la laurea ho un magico e fortunatissimo incontro con il mio grande mito: Elio Fiorucci, che mi accoglie nel suo ufficio stile come stilista. Da lì proseguo le mie esperienze lavorative nel campo della moda come designer di scarpe, accessori ed abbigliamento dedicandomi anche alla produzione delle collezioni all’estero per diversi brands. Non ho mai smesso di disegnare donne e fotografare.
Quando nasce mia figlia Regina, 12 anni fa, scarico un’applicazione sul telefono e successivamente su tablet, che mi permette di disegnare principalmente ritratti di donne, che poi stampo su diversi materiali come quadri in alluminio per decorare gli interni, tessuti per creare abiti (velluto e seta sono i miei preferiti) accessori, capi personalizzati e molto altro.
La mia malattia invisibile per gli altri mi costringe a trascorrere molto tempo sul divano, da qui dipingo principalmente nel silenzio della notte e ad oggi ho realizzato 16.000 opere con il dito (medio) sull’IPad.
Mentre creo non percepisco il dolore ma una profonda spiritualità.
Con Mariaelena è nata non solo una collaborazione, ma una vera e propria sorellanza. Grazie a Lei nasce “DentroMEOsi” e così oggi insieme a lei e a meravigliosi professionisti ed artisti esploro curiosa e totalmente coinvolta questi nuovi mondi colmi di espressione artistica, una crescita personale inaspettata e travolgente.
Mariaelena, spesso tu descrivi le tue operazioni come “teatro verità”, in cosa consiste?
Mi è capitato di incontrare anime che hanno letteralmente travolto il mio modo di pensare.
In questo momento ho la necessità di andare oltre la finzione scenica e di portare onstage autenticità e storie vere, senza filtri.
Quando ho incontrato Gilia sono rimasta affascinata dalla sua estetica, dalle sue opere, dalla sua storia fatta di incomprensioni, abusi e dolori fisici insopportabili che la costringono a trascorrere la maggior parte della sua vita distesa sul divano, dove crea e dipinge un mondo di solitudine che paradossalmente lenisce le sue ferite.
Ho notato poi che nonostante la sua prolifica produzione non ha mai compiuto un suo autoritratto e da questa suggestione le ho proposi di realizzarlo, dal vivo, per la prima volta davanti ad un vasto pubblico, mettendoci la faccia e raccontare a tutti la sua verità.
Questi atti di liberazione, sempre protetti dal linguaggio artistico, non nego abbiano aiutata anche me, che spesso provata dall’ambiente dello spettacolo e delusa dalle classiche dinamiche presenti in questo contesto, mi han dato la possibilità di continuare a credere in qualcosa di autentico e soprattutto in qualcosa che possa essere d’aiuto in qualche modo anche agli altri.
Il teatro verita’ è questo per me, un linguaggio che non ha la pretesa di paragonarsi a nulla di gia’ inventato, di sovrapporsi ad altre forme d’arte, ma con l’unico obiettivo di colpire dritto al cuore una collettività nauseata dall’ipocrisia vigente.

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