Possibile neve a Roma. Ordinanza antigelo del sindaco. Storia della magia della capitale vestita di bianco

La magia della capitale vestita di bianco non è un evento frequente, ma è uno spettacolo che incantò scrittori, artisti e poeti. Il sindaco ha firmato in questi giorni il piano per tutelare la cittadinanza in caso di precipitazioni nevose.
Possibile neve a Roma. Ordinanza antigelo del sindaco. Storia della magia della capitale vestita di bianco.
La magia della capitale vestita di bianco non è un evento frequente, ma è uno spettacolo che incantò scrittori, artisti e poeti. Il sindaco ha firmato in questi giorni il piano per tutelare la cittadinanza in caso di precipitazioni nevose.
Si parla di evento “epifanico” quando si parla di una manifestazione epocale. Non avviene frequentemente che la Capitale si tinga di bianco, ma la città non deve farsi cogliere impreparata. Il sindaco Gualtieri ha da pochi giorni firmato un’ordinanza che coinvolge il Piano speditivo della Protezione civile. In allegato il piano che ha come finalità la tutela della pubblica incolumità sul territorio di Roma Capitale che si propone di assicurare la continuità dei servizi alla cittadinanza, anche in caso di caduta neve e conseguente formazione di ghiaccio.
In caso di precipitazioni nevose i cittadini devono attenersi al regolamento di polizia urbana che prevede l’obbligo di “tenere sgomberi dalla neve dalle 8:00 alle 20:00 i marciapiedi antistanti gli stabili fino ad una larghezza di due metri”.
Inoltre, visto che il gelo potrebbe far scoppiare le tubature, si raccomanda di “tenere aperto il rubinetto di utilizzazione più vicino al contatore o alla bocca di erogazione o al tubo di ingresso idrico dello stabile”.
Ovviamente sarà permesso alle macchine di circolare solo se “provviste di pneumatici invernali o che abbiano a bordo mezzi antisdrucciolevoli idonei alla marcia su neve e su ghiaccio”.
Altra fonte di preoccupazione direttamente collegata al brusco abbassamento delle temperature è il rischio per le persone prive di fissa dimora, costrette a dormire al freddo e quindi in pericolo di vita. A fronte della situazione sono stati incrementati del 46% i posti notturni per gli homeless; percentuale che crescerà ulteriormente fino al 74% entro il 31 gennaio.
Negli ultimi 120 anni a Roma ha nevicato circa 100 volte. Storica la nevicata del 1956, dove la neve raggiunse l’altezza di circa 12 centimetri. L’ultima nevicata abbondante si è verificata nel 2012 e nel 2018 in alcuni quartieri. Anche lo scorso anno, nel 2022, abbiamo assistito ad una nevicata coreografica. Possono passare anche diversi anni da una nevicata all’altra: basti pensare che dopo il 2012 sono trascorsi 4 anni prima di vedere dei deboli fiocchi precipitare.
Nonostante i possibili disagi possa comportare la neve, è innegabile che la capitale ammantata di bianco offra uno spettacolo straordinario, a cui assistere almeno una volta nella vita. Anche Gabriele D’Annunzio, ne parla estasiato in alcuni passaggi tratti da “il Piacere”, che riportiamo:
“Splendeva su Roma, in quella memorabile notte di febbraio, un plenilunio favoloso, di non mai veduto lume. L’aria pareva impregnata come di un latte immateriale; tutte le cose parevano esistere d’una esistenza di sogno, parevano immagini impalpabili come per un irradiamento chimerico delle loro forme. La neve copriva tutte le verghe dei cancelli, nascondeva il ferro, componeva un’opera di ricamo più leggera e più gracile d’una filigrana che i colossi ammantati di bianco sostenevano come le querci sostengono le tele dei ragni. (…) Muta, solenne, profonda, la casa dei Barberini occupava l’aria: tutti i rilievi grandeggiavano candidissimi gittando un’ombra cerulea, diafana come una luce; e quei candori e quelle ombre sovrapponevano alla vera architettura dell’edifizio il fantasma d’una prodigiosa architettura ariostea. (…) La piazza del Quirinale appariva tutta candida, ampliata dal candore, solitaria, raggiante come un’acropoli olimpica su l’Urbe silenziosa. Gli edifizi, intorno, grandeggiavano nel cielo aperto; l’alta porta papale del Bernini, nel palazzo del Re, sormontata dalla loggia, illudeva la vista distaccandosi dalle mura, avanzandosi, isolandosi nella sua magnificenza difforme, dando imagine d’un mausoleo scolpito in una pietra siderea; i ricchi architravi del Fuga, nel palazzo della Consulta, sporgevano di su gli stipiti e di su le colonne transfigurati da le strane adunazioni della neve. Divini, a mezzo dell’egual campo bianco, i colossi parevano sovrastare a tutte le cose.
(…) Roma, dinanzi, si profondava in un silenzio quasi di morte, immobile, vacua, simile a una città addormentata da un potere fatale. Tutte le case, le chiese, le torri, tutte le selve confuse e miste dell’architettura pagana e cristiana biancheggiavano come una sola unica selva informe, tra i colli del Gianicolo e il Monte Mario perduti in un vapore argentino, lontanissimi, d’una immaterialità inesprimibile, simili forse ad orizzonti d’un paesaggio selenico, che suscitavano nello spirito la visione d’un qualche astro semispento abitato dai Mani.
La cupola di San Pietro, luminosa d’un singolare azzurro metallico nell’azzurro dell’aria, giganteggiava prossima alla vista così che quasi pareva tangibile. E i due giovani Eroi cignigeni, bellissimi in quell’immenso candore come in un’apoteosi della loro origine, parevano gl’immortali Geni di Roma vigilanti sul sonno della città sacra (…)

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