Lo sapevate? Perché il palazzo del Governo Italiano si chiama “Palazzo Chigi”?

Palazzo Chigi è la residenza del presidente del Consiglio della Repubblica Italiana e dal 1961 è la sede del Governo. Ma perché si chiama "Palazzo Chigi"? Scopriamolo in queste righe, insieme ad altre interessanti curiosità.
Lo sapevate? Perché il palazzo del Governo Italiano si chiama “Palazzo Chigi”?
Palazzo Chigi è la residenza del presidente del Consiglio della Repubblica Italiana e dal 1961 è la sede del Governo. Ma perché si chiama “Palazzo Chigi”? Scopriamolo in queste righe, insieme ad altre interessanti curiosità.
Questo imponente e antico palazzo si trova in un punto del centro storico di Roma tra i più conosciuti: lungo via del Corso, quasi a metà strada tra Piazza del Popolo e Piazza Venezia.
L’ingresso del Palazzo è su Piazza Colonna e la bimillenaria Colonna di Marco Aurelio, che dà il nome alla Piazza, è proprio di fronte al portone. Il Palazzo, inoltre, confina su lato destro con la sede della Camera dei deputati.
Come riporta il sito del Governo, la storia architettonica di Palazzo Chigi attraversa più di tre secoli nel corso dei quali si sono succeduti diversi progetti e continui adattamenti alle sempre nuove esigenze del Palazzo.
Quello che sarà il futuro Palazzo Chigi, all’atto dell’acquisto da parte degli Aldobrandini (1578) è un gruppo di casupole appartenenti a varie famiglie che vengono riedificate dopo essere state abbattute.
A partire dal 1578 si comincia a costruire il volto di Palazzo Chigi che segue e accompagna lo sviluppo dell’intera zona.
Il nome del palazzo è quello di una facoltosa famiglia di banchieri di origini senesi, i Chigi, che lo acquistarono ad opera di Agostino Chigi, principe di Farnese, nel 1659.
Nella sua storia il palazzo fu residenza di alcune tra le più importanti famiglie nobiliari di Roma. Il 20 aprile 1770 Wolfgang Amadeus Mozart vi tenne un concerto alla presenza di Carlo Edoardo Stuart.
Fu poi sede dell’ambasciata del Belgio, del Regno di Sardegna, della Spagna e dell’Impero austro-ungarico.
Le fasi più importanti della costruzione dell’edificio si svolgono in questi anni anche se continuano nel corso del’600; mentre gli adattamenti degli ambienti interni mutano con i proprietari che si avvicendano per tutto il secolo. Gli ultimi e definitivi ammodernamenti vengono realizzati dopo il passaggio del Palazzo allo Stato (1916), che diventa prima sede del ministero delle Colonie e successivamente del ministero degli Esteri.
Lo sviluppo architettonico di Palazzo Chigi, l’alternarsi delle personalità che abitano nel palazzo e degli usi a cui questo, di volta in volta, è destinato, riflettono le vicende politiche e storiche vissute nel nostro paese negli ultimi duecento anni.
Dopo un paio di secoli in cui l’edificio è servito prevalentemente ad abitazione di famiglie importanti della Roma papalina, a partire dalla fine del’700, il palazzo vede la presenza più o meno stabile dell’ambasciata spagnola a Roma.
Nel corso del 1800, diventa il luogo di accordi ed alleanze. A partire dal 1878, Palazzo Chigi diventa sede dell’ambasciatore d’Austria-Ungheria presso il Quirinale. E’ in questo periodo che il Palazzo viene soprannominato la “mole Austro-vaticana”.
Agli inizi del 1900, nonostante la presenza dei principi Chigi in veste di padroni di casa, il Palazzo è di fatto la sede dell’ambasciata austriaca e come tale sottoposto alle frequenti manifestazioni irredentiste per Trento e Trieste.
Nel 1916 lo Stato acquista Palazzo Chigi con l’intenzione di destinarlo a ministero delle Colonie. Nel 1922, Mussolini trasferisce questo ministero nel Palazzo della Consulta, davanti al Quirinale, e destina Palazzo Chigi a sede del Ministero degli Esteri. Mussolini, che ricopre la doppia carica di Presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, diventa così il nuovo inquilino di Palazzo Chigi.
Palazzo Chigi rimane sede del ministero degli Esteri fino al 1961, anno in cui avviene il trasferimento al Palazzo della Farnesina costruito appositamente per le esigenze di questo ministero.
Per la Presidenza del Consiglio – fino a questo momento ospitata nel Palazzo del Viminale – è giunta finalmente l’opportunità di sistemarsi in una sede più appropriata e prestigiosa.

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Lo sapevate? Pasolini era anche un pittore. A Roma la mostra alla Galleria d’Arte Moderna

Nella capitale in occasione del centenario sulla nascita di Pier Paolo Pasolini, una rassegna pittorica che espone un altro volto della ricerca artistica del poeta, noto più come scrittore e cineasta.
Lo sapevate? Pasolini era anche un pittore. A Roma la mostra alla Galleria d’Arte Moderna.
Nella capitale in occasione del centenario sulla nascita di Pier Paolo Pasolini, una rassegna pittorica che espone un altro volto della ricerca artistica del poeta, noto più come scrittore e cineasta.
“Il mondo non mi vuole più e non lo sa” è il titolo di un’opera pittorica di Pierpaolo Pasolini, conosciuto soprattutto come scrittore, poeta e cineasta. Meno nota la sua produzione di dipinti, motivata anche dal percorso della sua tesi di laurea che doveva essere dapprima sostenuta con lo storico dell’arte Roberto Longhi. La conoscenza approfondita della storia dell’arte è evidente nelle immagini iconografiche che ritroviamo in tutta la sua produzione cinematografica. Basti pensare ai quadri viventi ne “La Ricotta”, alla scelta performativa di far interpretare la Madonna nel “Vangelo Secondo Matteo” a sua madre (reduce da un precedente lutto di un altro figlio), alle telefonate con lo stesso Longhi in seguito alle critiche banali che hanno succeduto la prima proiezione di “Mamma Roma” con Anna Magnani dove lamentava: “tutti a paragonare la scena con Ettore, il ragazzo legato al letto di contenzione in carcere al Mantegna.
Mentre il Mantegna non c’entra affatto, affatto! Ah, Longhi, intervenga lei, spieghi lei, come non basta mettere una figura di scorcio e guardarla con le piante dei piedi in primo piano per parlare di influenza mantegnesca! Ma non hanno occhi questi critici? Non vedono che bianco e nero così essenziali e fortemente chiaroscurati della cella grigia dove Ettore (canottiera bianca e faccia scura) è disteso sul letto di contenzione, richiama pittori vissuti e operanti molti decenni prima del Mantegna? O che se mai si potrebbe parlare di un’assurda e squisita mistione tra Masaccio e Caravaggio? Ma lasciamo perdere, figuriamoci se certe ‘mistioni’ toccano la sensibilità di gente che ogni giorno deve buttar giù il suo pezzo, preoccupata solo di non sbagliare troppo, e quindi di seguire, soprattutto, quello che dicono gli altri”.
Coerentemente con il suo amore per la storia dell’arte e i suoi molteplici linguaggi, ricordiamo che Pasolini non mancò di prendere parte ad un’azione di performance art di Fabio Mauri, suo amico fraterno ed artista che realizzò nel 1975 per il poeta “L’intellettuale” proposta in occasione dell’inaugurazione della nuova Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Secondo la descrizione di Dora Aceto “Durante l’azione Pasolini è seduto su un alto sedile. Il poeta è trasformato in uno ‘schermo umano’. Su di lui viene proiettato il suo film ‘Il Vangelo Secondo Matteo’. L’alto volume del sonoro, eccessivo rispetto alla dimensione ridotta dell’immagine, accresce lo smarrimento esercitato dall’azione sia sul pubblico che sullo stesso Pasolini. Un fotografo, Antonio Masotti, seduto per terra tra la gente, riesce a fotografare l’azione in 15 fotografie. Immagini che hanno fatto il giro del mondo. La scelta di proiettare il film sull’autore vuole essere, da parte di Mauri, una sorta di responsabilizzazione obiettiva dell’autore del film, costretto a sperimentare su se stesso gli effetti della sua opera. Il pubblico era formato da amici dell’infanzia e adolescenza di Mauri e Pasolini, divenuti, come i due autori, professori, editori, saggisti adulti. Pasolini non né riconobbe nessuno, preoccupato dalle loro manifestazioni di amicizia”.
La mostra alla Galleria d’Arte Moderna, curata da Silvana Cirillo, Claudio Crescentini e Federica Pirani sarà in esposizione fino al 6 di aprile 2023 ed offre un’occasione unica non solo di visitare le opere pittoriche di Pasolini, ma di approfondire il suo rapporto con l’arte. Una parte è dedicata ad autoritratti e ritratti (soprattutto di amici, famigliari, conoscenti) ai dipinti e disegni di corpi, paesaggi e nature morte e paesaggi.
L’amicizia fra Pasolini e Fabio Mauri ed il loro scambio culturale è evidente in un passaggio della mostra. Oltre alla sua produzione, troviamo anche opere d’arte contemporanea di proprietà del poeta come Campigli, Renato Guttuso, Giorgio de Chirico, Andy Warhol (per quest’ultimo poche settimane prima di morire scrisse anche la prefazione del catalogo). Ma anche opere di importanti artisti che hanno ritratto il volto poeta e ancora corti, fotografie, incontri culturali.
Imperdibile.

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