Monumenti romani: l’Arco di Tito, il più antico ancora in piedi a Roma
Alle pendici del Palatino si erge l’Arco di Tito. Fu fatto costruire, per volontà del Senato e del popolo romano – come si legge nell’iscrizione posta sul lato dell’arco verso il Colosseo –, da Domiziano, ultimo imperatore della dinastia Flavia, in memoria del fratello Tito, già divinizzato, per celebrarne il trionfo nella guerra giudaica del 70 d.C.
Monumenti romani: l’Arco di Tito, il più antico ancora in piedi a Roma.
Alle pendici del Palatino si erge l’Arco di Tito. Fu fatto costruire, per volontà del Senato e del popolo romano – come si legge nell’iscrizione posta sul lato dell’arco verso il Colosseo –, da Domiziano, ultimo imperatore della dinastia Flavia, in memoria del fratello Tito, già divinizzato, per celebrarne il trionfo nella guerra giudaica del 70 d.C.
Gli archi di Roma dell’Età Augustea e dell’Età Giulio Claudia non esistono più. Il più antico arco conservato a Roma è proprio l’Arco di Tito (Età Flavia), fatto costruire fra l’81 e il 96.
L’arco, ad un solo fornice e in marmo pentelico, è finemente decorato. All’esterno è visibile un piccolo fregio continuo su cui si snoda la processione trionfale, e due Vittorie alate sono poste negli archivolti; all’interno, al centro della volta a cassettoni un rilievo mostra l’apoteosi di Tito, che ascende al cielo su un’aquila, mentre sulle pareti due grandi pannelli illustrano i momenti principali del trionfo. In uno avanza la quadriga imperiale, guidata dalla dea Roma, con Tito incoronato dalla Vittoria; nell’altro i soldati romani trasportano le opere trafugate dal Tempio di Gerusalemme: le trombe d’argento, la mensa dell’arca dell’alleanza e il candelabro a sette bracci.
Si tratta di una struttura semplice ma imponente, formata da due piloni laterali che sostengono una trabeazione orizzontale (attico) e delimitano un passaggio (fornice) coperto con una volta (i fornici potevano essere uno o tre).
Privo di utilità pratica, l’arco di trionfo aveva invece una forte funzione simbolica: nella struttura monumentale, nelle iscrizioni e soprattutto nelle decorazioni scultoree esso celebrava non solo la grandezza dell’imperatore cui era dedicato, ma anche e soprattutto la potenza di Roma.
L’arco è stato eretto a memoria della guerra giudaica combattuta da Tito in Galilea. Nel 69, l’anno dei quattro imperatori, Vespasiano rientrò a Roma per reclamare il trono, lasciando Tito in Giudea a porre fine alla rivolta, cosa che Tito fece l’anno successivo: Gerusalemme fu saccheggiata, il Tempio fu distrutto. Nel ricco bottino era compreso il candelabro a sette braccia e le trombe d’argento. Gran parte della popolazione fu uccisa o costretta a fuggire dalla città. Al suo ritorno a Roma nel 71 fu accolto in trionfo.
Nel Medioevo l’arco venne incorporato nella fortezza dei Frangipane ed è rappresentato in numerose stampe coronato da una merlatura in mattoni. A partire dal XVI secolo, sotto il pontificato di Paolo II e di Sisto IV, vennero effettuati i primi restauri all’arco che consistettero nella demolizione di alcuni edifici sul lato sud e nella realizzazione di un contrafforte. Successivamente l’arco fu inglobato nelle strutture del convento di Santa Francesca Romana (un tempo Santa Maria Nova) e solo nel 1812-24 ebbe inizio l’intervento di liberazione vero e proprio.
Un altro arco di Tito, oggi scomparso si trovava nel Circo Massimo.
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